Il lager di Guantánamo è tornato al centro dell’interesse della stampa americana nei giorni scorsi con l’annuncio, subito rientrato, di un accordo tra tre sospettati di avere organizzato gli attentati dell’11 settembre e il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. I legali di Khalid Shaikh Muhammad, Walid bin Attash e Mustafa al-Hawsawi avevano accettato di dichiararsi colpevoli in cambio della rinuncia da parte dell’accusa a chiedere una condanna alla pena di morte. Poco dopo la diffusione della notizia e l’esplodere di una feroce polemica a Washington, il numero uno del Pentagono in persona, l’ex generale Lloyd Austin, ha però rescisso il patteggiamento, facendo ripiombare l’intera vicenda nel pantano di un procedimento pseudo-legale senza via d’uscita.

Come nelle più scontate spy-stories, accettare il negoziato da un lato comporta impedirlo dall’altro. Com’è noto, Ismail Haniyeh, capo di Hamas, esponente riconosciuto dell’ala politica più incline a sostenere un processo unitario di riorganizzazione della resistenza palestinese e negoziatore con Israele, è stato barbaramente assassinato da un attentato ad opera dei servizi segreti di Tel Aviv. Haniyeh si trovava a Teheran per la cerimonia d’insediamento del Presidente iraniano Pezshkian ed era reduce dal Vertice di Pechino dove, grazie agli  sforzi diplomatici cinesi, l’intera gamma delle formazioni palestinesi avevano trovato un accordo. Haniyeh, peraltro, era tra i candidati più accreditati a guidare il percorso di riconciliazione unitaria.

In Venezuela stiamo assistendo al ritorno delle “guarimbas”, con la violenza, gli omicidi e la distruzione che le accompagnano. Non manca il classico accompagnamento mediatico, con il mainstream occidentale che ne canta le lodi nel tentativo di trasformare il terrorismo in pacifismo e il fascismo in una corrente di democrazia un po' vivace. Quello che sta accadendo in Venezuela però, nonostante i morti e i vandalismi golpisti, non porta con sé il consenso dei settori popolari, né tanto meno dei militari e delle agenzie di sicurezza. È un tentativo di golpe suave, attuato come da istruzioni di Washington, non ha nulla a che vedere con una protesta contro la lentezza delle elezioni.

Il ritardo nella trasmissione dei dati restanti (una parte minore) si deve all’attacco informatico (un DOS- Denial Of Service) lanciato dalla Macedonia del Nord con il preciso intento di bloccare il funzionamento delle trasmissioni di dati al CNE. Questo ha portato a un ritardo nel conteggio totale dei voti, consentendo ai complottisti di accusare il governo di frode. Blinken lancia la crociata, ma dimentica che negli Stati Uniti è successo molto di più e molto di peggio nella vittoria di Biden contro Trump.

Il grado di criminalità raggiunto dal regime genocida di Netanyahu nella notte di martedì con l’uccisione del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, riflette il livello di disperazione raggiunto dallo stato ebraico dopo quasi dieci mesi di guerra a Gaza senza avere raggiunto un solo obiettivo strategico. Oltre a ribadire che Israele agisce di fatto come un’entità terroristica, l’assassinio mirato del capo dell’ufficio politico del movimento di liberazione palestinese conferma senza alcun dubbio almeno due delle intenzioni del primo ministro/criminale di guerra: far saltare definitivamente le trattative diplomatiche per una tregua e scatenare una guerra di vasta portata in Medio Oriente, da far combattere però soprattutto agli Stati Uniti.

Anche se il progetto Ucraina ha imboccato da tempo l’inevitabile viale del tramonto, l’Unione Europea continua a insistere su politiche economiche ed energetiche distruttive che rispondono in teoria all’impegno per la difesa del regime di Zelensky. Questo atteggiamento produce anche crescenti tensioni tra i paesi membri. Un numero consistente di essi nutre con ogni probabilità serie riserve circa la fallimentare strategia perseguita finora sotto dettatura di Washington, anche se preferisce uniformarsi alla linea comune. Altri invece, come Ungheria e Slovacchia, si oppongono apertamente ai piani suicidi di Bruxelles e per questo sono presi di mira con iniziative deliberate che puntano a destabilizzare i rispettivi sistemi politici ed economici.


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