Davanti agli occhi di tutto il mondo e con i propri obiettivi spiegati nel dettaglio e senza possibilità di equivoci, Israele ha iniziato nelle scorse ore quella che si annuncia come la fase finale della soluzione al “problema palestinese”. Lo stesso insignificante allentamento del blocco che da quasi tre mesi affama la popolazione di Gaza è una strategia deliberata e, ancora una volta, dichiarata apertamente per favorire la liquidazione degli oltre due milioni di abitanti della striscia. Nonostante l’acceso dibattito sulla crescente freddezza nei rapporti tra Trump e Netanyahu, non ci sono indizi significativi che prefigurino una qualche iniziativa americana per fermare il genocidio in atto. Anzi, la Casa Bianca ha fatto marcia indietro anche sul recente accordo con Hamas, che prevedeva l’impegno per un cessate il fuoco dopo la liberazione del soldato israeliano con passaporto americano, Edan Alexander.

Il lancio dell’operazione denominata “Carri di Gedeone” punta alla conquista e all’occupazione totale di Gaza, attraverso l’intensificazione delle attività militari e la rimozione forzata della popolazione palestinese, da costringere in campi di concentramento nella parte meridionale dell’enclave, in previsione del trasferimento in altri paesi. Questo processo, che ricorda anche nella scelta lessicale lo sterminio nazista durante la Seconda Guerra Mondiale, è preceduto appunto dalla decisione totalmente inadeguata di concedere l’ingresso a Gaza di qualche aiuto umanitario da destinare a una popolazione letteralmente allo stremo.

Delle tre elezioni che si sono tenute in altrettanti paesi europei nel fine settimana, il secondo turno delle presidenziali in Romania è stato l’appuntamento maggiormente seguito dalla stampa e dagli osservatori internazionali. Relativamente a sorpresa, il candidato europeista, Nicuşor Dan, ha prevalso in maniera netta sul sovranista George Simion, facendo tirare un sospiro di sollievo a quanti già avvertivano di un allontanamento definitivo di Bucarest dai “valori” dell’Unione. In Polonia, invece, il candidato della maggioranza di centro-destra e quello della destra all’opposizione andranno come previsto al ballottaggio, anche se nessuno dei due propone una qualche alternativa alla politica estera suicida seguita finora da Varsavia. Le legislative anticipate in Portogallo si sono infine sostanzialmente concluse con lo stesso risultato dello scorso anno, senza cioè una maggioranza di governo chiara, ma i socialisti hanno fatto registrare una sorta di tracollo, mentre avanza ulteriormente il partito di estrema destra Chega.

L’inizio dei negoziati diretti tra Ucraina e Russia ad Istambul non pare discostarsi da quello che era un copione previsto. Tra annunci e rifiuti, delegazioni più o meno gradite, assistiamo ancora alle performance del guitto di Kiev. Da sconfittosi atteggia a vincitore e sogna d’imporre agenda, luogo e presenze. Soprattutto convoca senza essere stato convocato e pretende di decidere senza poter decidere nulla. Poi si spengono le telecamere e la realtà procede a passi forti sui piedi delle fantasie politiche.

Nel secondo giorno della sua trasferta mediorientale, il presidente americano Trump ha incontrato a sorpresa in Arabia Saudita il presidente di fatto della Siria, Ahmad al-Sharaa, dopo che martedì aveva annunciato la sospensione delle pesantissime sanzioni economiche che gravano da anni su Damasco. Il vertice con il leader “riabilitato” della filiale siriana di al-Qaeda (HTS) è stato uno spettacolo degradante ma adeguato agli eventi che stanno infiammando la regione, con gli Stati Uniti totalmente a fianco delle forze terroristiche, a cominciare dallo stato ebraico, per schiantare l’Asse della Resistenza, dalla Palestina all’Iran. La visita di Trump sta confermando d’altra parte le priorità assolute di Washington, vale a dire gli affari e il riassetto degli equilibri strategici in Medio Oriente a proprio favore, lasciando solo poco più di frasi di circostanza per il genocidio in corso a Gaza.

Ormai siamo abituati ad ogni apparizione pubblica di Donald Trump, abbastanza almeno da sapere che ogni suo discorso comincerà con una promessa e terminerà con una minaccia. Va detto che i bersagli li trova tanto tra i suoi nemici (e sono molti, anche insospettabili) come tra i suoi alleati (ammesso che ne abbia) e, ad essere precisi, va detto anche che dimostra una capacità camaleontica e che non ha nessun imbarazzo nello smentirsi, affermando ogni volta il contrario di quella precedente.


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