Nell’incontro tra Trump e Netanyahu di martedì a Washington, i temi al centro della discussione sono non soltanto la seconda fase della tregua a Gaza, la situazione in Siria, l’Iran o la normalizzazione dei rapporti tra lo stato ebraico e i regimi sunniti del Golfo, ma molto probabilmente anche la violenta operazione militare delle forze di occupazione in corso in Cisgiordania. I militari israeliani hanno da un paio di settimane sostituito l’Autorità Palestinese (AP) in una campagna di repressione contro i gruppi armati della resistenza, causando già decine di morti, inclusi molti civili. L’offensiva israeliana sta facendo registrare sempre più anche la demolizione di interi isolati in alcune città e campi profughi palestinesi, tanto da far pensare a una replica dei metodi impiegati a Gaza, probabilmente in base a un accordo proprio con la nuova amministrazione americana con l’obiettivo finale di annettere l’intera Cisgiordania.

Il 9 febbraio si terranno in Ecuador le elezioni presidenziali e legislative e, se necessario, il 13 aprile si andrà al ballottaggio. Avremo 46 anni di “democrazia”, poiché dopo un decennio di dittature, l'agosto 1979 ha segnato l'inizio del più lungo periodo di governi costituzionali della storia, con una successione di 15 presidenti. Ma gli ultimi due decenni del XX secolo e fino all'inizio del XXI sono stati condizionati dalla crisi economica, dal debito estero, dall'ascesa dell'ideologia neoliberista attraverso il FMI e il Washington Consensus, dallo sviluppo della globalizzazione transnazionale dopo il crollo del socialismo di stampo sovietico, dall'imposizione del modello imprenditoriale nel Paese e dal predominio delle forze identificate con la destra politica.

Fanfaronata o linea politica da perseguire ad ogni costo, quella del presidente Donald Trump di prendere il controllo della Groenlandia, territorio autonomo del regno di Danimarca? Il Financial Times ha riferito di una telefonata fra Trump e il Primo Ministro danese, Mette Frederiksen intercorsa alcuni giorni orsono, con toni suri,  addirittura minacciosi. Stando al resoconto del giornale britannico il premier danese ha chiarito che l’isola non è in vendita, pur offrendo maggiore cooperazione sulle attività minerarie e sulle basi militari. C’è già una base spaziale Usa, ma ciò non è sufficiente per Trump, che ha minacciato di “prendere misure specifiche contro la Danimarca” per proteggere gli interessi americani nell'Artico. In pieno delirio di onnipotenza avrebbe detto: “Non si sa se la Danimarca abbia il diritto legale di accedervi, ma se ce l'ha dovrebbe rinunciarvi perché ne abbiamo bisogno per la sicurezza nazionale. Sto parlando della protezione il mondo libero e la proprietà americana della Groenlandia è “una necessità assoluta” per la sicurezza nazionale americana. Ed ha aggiunto: “Ci sono navi cinesi ovunque. Ci sono navi russe ovunque. Non permetteremo che ciò accada”.

La situazione nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC) è ormai sull’orlo del precipizio in seguito all’ingresso nella città strategica di Goma, capitale della provincia del Kivu settentrionale, della milizia di etnia Tutsi M23 grazie al sostegno delle forze armate del vicino Ruanda. Gli eventi degli ultimi giorni hanno spinto il governo di Kinshasa a rompere le già complicate relazioni diplomatiche con Kigali, facendo temere la possibile esplosione di una nuova guerra su vasta scala in una regione ricchissima di risorse minerarie. Sullo sfondo del conflitto ci sono appunto gli interessi legati all’estrazione e alla commercializzazione, spesso illegale, delle ricchezze del sottosuolo congolese e che si intrecciano alla crescente competizione tra la Cina e l’Occidente.

La direttiva emessa a inizio settimana dalla nuova amministrazione Trump sul congelamento di virtualmente tutte le spese federali ha gettato letteralmente nel caos le amministrazioni pubbliche degli Stati Uniti e le società private che operano con il sostegno di finanziamenti governativi. Il “memorandum”, che fa riferimento alla raffica di decreti presidenziali firmati dal neo-presidente nelle ore immediatamente successive al suo insediamento, è stato per ora sospeso da un giudice federale in conseguenza di una denuncia presentata da alcune organizzazioni non-profit. L’iniziativa minaccia comunque di alterare, con effetti politici ed economici potenzialmente devastanti, la prassi legata agli stanziamenti di fondi federali, regolata dalla stessa Costituzione americana e da una consolidata legge del Congresso risalente all’era Nixon.


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