I risultati del primo turno delle elezioni presidenziali nella giornata di domenica in Romania hanno mandato letteralmente in corto circuito politici, stampa e commentatori indigeni e occidentali, tutti colti di sorpresa dal primo posto ottenuto dal candidato indipendente di estrema destra, Calin Georgescu. Già frequentatore ai margini della politica romena, quest’ultimo ha smentito completamente le previsioni della vigilia e i primi exit poll, accedendo comodamente al secondo turno di ballottaggio grazie a una serie di fattori, tra cui la decisione di impostare la sua campagna elettorale sulla denuncia delle politiche guerrafondaie e ultra-liberiste dettate da Bruxelles e sull’apertura alla possibile normalizzazione dei rapporti con la Russia.

L’autorizzazione di Biden all’utilizzo dei missili statunitensi a medio raggio, capaci di colpire il territorio della federazione russa, è apparsa come un tentativo di ipotecare pesantemente l’iniziativa politica della nuova amministrazione Trump attraverso l’innalzamento a livello globale della guerra tra Russia e Ucraina. L’escalation pone l’Ucraina di fronte ad uno scenario militare inevitabilmente più duro di quanto già non lo fosse, perché è ovvio che i russi, di fronte ad altri attacchi con ATACMS statunitensi o Storm Shadow inglesi, reagiranno. Nel caso poi i missili USA dovessero colpire la popolazione civile, c’è da attendersi che stessa sorte toccherà all’Ucraina e potrebbe coinvolgere persino gli stessi paesi NATO. Dunque, i riflessi possibili di un ordine impartito da un ormai ex presidente, vista l’indisponibilità russa a rinunciare alla propria sicurezza, rischiano di estendersi a livello globale.

La decisione di giovedì della Corte Penale Internazionale (CPI) di emettere un mandato di arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant rappresenta in larga misura un atto simbolico che mette però ancora una volta in luce, in maniera clamorosa, responsabilità e complicità dei sostenitori dello stato ebraico nel genocidio in corso. Il premier e l’ex ministro della Difesa israeliani, responsabili diretti delle atrocità contro la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza, sono accusati di crimini di guerra e contro l’umanità, per i quali le prove sono colossali e sotto gli occhi di tutto il mondo. Al di là della gravità delle accuse e dei crimini, la reale portata di questa decisione appare quasi nulla: Israele e il suo primo ministro, così come tutti gli altri responsabili dell’orrore, continueranno infatti a godere della protezione diplomatica degli stati Uniti e degli altri governi occidentali, a conferma del fatto che la giustizia internazionale resta altamente selettiva, debole e, in molti casi, funzionale ai calcoli geopolitici delle grandi potenze.

L’inviato speciale di Washington per il Libano, Amos Hochstein, è arrivato mercoledì in Israele per tirare le somme con il primo ministro Netanyahu delle trattative in corso su una possibile tregua sul fronte settentrionale. Gli Stati Uniti e i principali esponenti dello stato libanese hanno espresso un aperto ottimismo nei giorni scorsi, anche se la proposta sul tavolo per far cessare i combattimenti nel paese dei cedri continua a incontrare i dubbi di Hezbollah, essendo fortemente sbilanciata a favore dello stato ebraico.

L’annunciata nomina di Marco Rubio a prossimo Segretario di Stato dell’Amministrazione Trump, per molti aspetti inquieta tutti coloro che ritengono la carica decisamente superiore allo standing del politicante di origine cubana. Come evidenziato da molti e confermato dal suo curriculum, Rubio non brilla per qualità politiche né per percorsi istituzionali ragguardevoli che ne abbiano messo in risalto le doti diplomatiche. Più che una nomina adeguata al ruolo, quindi, appare piuttosto il rimborso politico dovuto agli stati del Sud e, in particolare, alle organizzazioni di fuoriusciti cubani, venezuelani e nicaraguensi, che rappresentano la parte più putrida dello stato circondato dalle Everglades piene di ogni insidia.

Benché infatti la rete messa in piedi negli anni ’80 da Jorge Mas Canosa con l’approvazione di Ronald Reagan e sostenuta con ardore in questi decenni da Aznar e dal partido Popular in Spagna e da tutta la destra latinoamericana non controlli più interamente il voto dell’immigrazione latina in Florida (stato chiave dal punto di vista elettorale per la presidenza USA), è indiscutibile il suo alto livello d’influenza sul territorio. Inoltre, vi sono due aspetti da considerare, entrambi di notevole peso. Il primo riguarda il gigantesco volume di affari che si preannuncia nella parziale riconversione della Florida in uno Stato destinato alla popolazione bianca e ricca in età adulta: sono in ballo miliardi di Dollari per l’edilizia, la cantieristica e l’industria dell’intrattenimento sui quali la lobby cubano-americana ha già posato occhi e grinfie.


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