La recente visita del presidente cinese Xi Jnping in Arabia Saudita, per presenziare alla prima edizione di due summit multilaterali - uno tra Cina e paesi arabi e un altro tra Cina e Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc) – ha aperto un nuovo corso  nelle relazioni tra Pechino e Ryad con l’ufficializzazione di una partnership sulle Nuove Vie della Seta e su Vision 2030, i rispettivi programmi di sviluppo di lungo termine ideati dai due leader.

I recenti attacchi aerei in territorio russo costituiscono una nuova pericolosa escalation del conflitto ucraino, quasi certamente avvenuti con l’approvazione e il sostegno dell’amministrazione Biden nonostante le smentite ufficiali. Finora sono state almeno tre le incursioni condotte verosimilmente con droni ucraini contro altrettante basi aeree russe. In un’occasione, sarebbero rimasti uccisi tre militari di Mosca, mentre nelle altre due non sembrano invece esserci state vittime. Le operazioni più rilevanti hanno interessato la base di Engels, nella regione di Saratov, a oltre 500 km dal confine con l’Ucraina, e un’altra in quella di Ryazan, a meno di 200 km a sud-est di Mosca.

Da diversi anni gli europei guardano con perplessità in alcuni casi - e con indifferenza in maggior misura - l’agire scomposto di Joseph Borrell. Il politicante catalano è “Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la politica Estera e di Sicurezza”: una pomposità terminologica fuori luogo e fuori tempo con cui viene definito il ruolo del rappresentante di una politica estera unitaria che non c’è e di una sicurezza che non è mai esistita.

Recentemente, in occasione della riunione di Eurolat, un organismo multilaterale composto da 150 parlamentari di Europa e America Latina, Borrell ha apertamente rivendicato la colonizzazione e la conquista. Secondo Mr. PESC, il mondo sta vivendo una “tempesta perfetta” che, a suo avviso, richiede una ricalibrazione della “bussola strategica con piena consapevolezza storica”. In questa tempesta, secondo Borrell, “non servono le mappe e le rotte del passato; come i conquistatori dobbiamo inventare un nuovo mondo”.

Il tetto artificiale al prezzo del petrolio russo, deciso formalmente dall’Unione Europea nel fine settimana, rischia di diventare la più inutile e, forse, dannosa delle misure sanzionatorie dirette contro Mosca e adottate a proprio svantaggio negli ultimi mesi da Bruxelles. Dopo un’accesa disputa interna tra i paesi che intendevano fissare una soglia al livello risibile di 20 o 30 dollari al barile (Polonia, paesi baltici) e altri preoccupati per le conseguenze dell’iniziativa, la quota è stata alla fine fissata a 60 dollari. Qualunque sia il tetto – o “cap” – gli effetti non saranno comunque quelli desiderati dall’UE o da Washington per una serie di ragioni, prima fra tutte l’ovvia indisponibilità della Russia a partecipare a uno schema di manipolazione del mercato del greggio criticato dalla grandissima parte dei produttori globali.

La risoluzione approvata questa settimana dal parlamento federale tedesco (“Bundestag”) sulla carestia in Ucraina del 1932-1933 rappresenta a tutti gli effetti una falsificazione deliberata della storia per promuovere la propaganda di guerra in funzione anti-russa. Il voto di mercoledì riconosce gli eventi in questione come un vero e proprio “genocidio” commesso dall’Unione Sovietica ed è il culmine di un processo storico iniziato nel pieno del secondo conflitto mondiale, servito fin dall’inizio a riabilitare il collaborazionismo nazista ucraino e i suoi crimini. Ovvero, quegli stessi ambienti su cui, quasi otto decenni dopo, i governi occidentali stanno contando per avanzare i loro interessi strategici nei confronti di Mosca.


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