La prima visita in 24 anni in Corea del Nord del presidente russo Putin ha scatenato una valanga di commenti altamente critici sulla stampa e tra i governi “democratici” occidentali. Dai pericoli legati al consolidamento dell’alleanza tra due potenze nucleari al rischio di un definitivo aggiramento delle sanzioni imposte a Pyongyang, le ragioni alla base di questa isteria collettiva sono state esposte con tutti i dettagli del caso. Inutilmente si cercherebbe invece un’analisi oggettiva delle implicazioni del vertice, da inserire nel quadro del rafforzamento di un sistema di governance globale alternativo, anche perché ciò comporterebbe la presa d’atto dell’ennesimo colossale fallimento della politica estera di Washington.

Gli eventi seguiti alle elezioni generali di fine maggio in Sudafrica sono stati inevitabilmente influenzati dal peggiore risultato fatto segnare dall’African National Congress (ANC) dalla prima consultazione democratica del 1994 dopo la fine del regime di apartheid. Il partito che fu di Nelson Mandela era sceso per la prima volta sotto il 50% dei consensi ed è stato così costretto a entrare in un’inedita alleanza politica con altre formazioni, tra cui la principale è la propria nemesi dell’Alleanza Democratica (DA), tradizionale espressione delle élites bianche ed erede di fatto del Partito Nazionale al potere tra il 1948 e il 1994.

Il primo ministro cinese, Li Qiang, è protagonista in questi giorni di una trasferta in Oceania con al centro delle discussioni il tentativo di contrasto alle manovre americane per contenere e accerchiare militarmente la Repubblica Popolare. Australia e Nuova Zelanda sono due elementi fondamentali nella strategia americana di confronto con Pechino ed entrambi i paesi stanno progressivamente e pericolosamente piegandosi alle pressioni degli Stati Uniti nonostante abbiano proprio nella Cina il loro principale partner commerciale.

Mentre il G7 ha deciso di continuare ad oltranza il loro sostegno militare al moribondo regime di Zhelensky, sta per cominciare l’inutile e farsesca “Conferenza di pace” in Svizzera e il governo italiano precipita definitivamente in confusione, con Crosetto che smentisce la mattina dopo quello che Tajani ha dichiarato la sera prima e viceversa. Una speranza arriva dalla Cina popolare, che ha rilanciato le sue proposte di pace auspicando che le parti belligeranti si incontrino “a metà strada”.

Nel silenzio dei media occidentali, la settimana passata ha prodotto due eventi di significativa importanza planetaria. Il primo è la decisione - storica e dai risvolti enormi - dell’Arabia Saudita e del complesso dei paesi Opec+ di abbandonare l’accordo economico preso con gli USA negli anni ’70 (presidenza Nixon) che prevedeva l’acquisto in Dollari delle forniture petrolifere. D’ora in avanti, i paesi produttori di greggio venderanno in qualunque divisa e ciò di riflesso colpirà il Dollaro, che avendo minor richiesta sui mercati, subirà un deprezzamento. I contraccolpi non sono difficili da intuire: contribuiscono fortemente alla de-dollarizzazione dell’economia mondiale e parallelamente riducono l’influenza degli USA sui mercati valutari, comprimendone così le capacità d’influenza sulle altre economie.


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