Nel cuore del Caucaso, una regione caratterizzata da secoli di rivalità etniche, contese territoriali e scontri geopolitici, sta emergendo una nuova questione capace di ridefinire i fragili equilibri dell'area: il Corridoio Zangezur. Situato nella parte meridionale dell'Armenia, questo stretto tratto di terra è diventato il fulcro di tensioni tra Armenia, Azerbaigian e Turchia, con implicazioni che superano ampiamente i confini locali, giungendo a coinvolgere grandi potenze come la Russia e l'Iran, oltre che l'Unione Europea e gli Stati Uniti.

Le elezioni amministrative di domenica nello stato orientale tedesco del Brandeburgo hanno apparentemente dato una boccata di ossigeno al cancelliere, Olaf Scholz, a un anno dal voto per il rinnovo del parlamento federale. Dopo i risultati pesantissimi per il suo partito a inizio settembre in Sassonia e Turingia, c’erano parecchi timori per una possibile nuova batosta nel “Land” che circonda Berlino, a tutto favore dell’estrema destra di Alternativa per la Germania (AfD). I Socialdemocratici (SPD) si sono invece confermati la prima forza, ma le circostanze del successo non offrono spiragli di ottimismo per Scholz e il partito. Vari fattori hanno infatti influito sull’esito della consultazione, nessuno dei quali da collegare alla popolarità del governo guidato dal cancelliere.

È stato innanzitutto il clima politico e mediatico venutosi a creare dopo lo “shock” di Sassonia e Turingia ad avere influito sulle scelte degli elettori nel fine settimana. Il sito Politico ha citato un’indagine statistica che rivela come tre su quattro votanti per la SPD nel Brandeburgo abbiano preso questa decisione non per affinità con il partito di Scholz ma piuttosto per impedire che la AfD arrivasse al potere nello stato. Quella registrata domenica è quindi una relativa mobilitazione contro i neo-nazisti che è confermata anche dall’affluenza record in questo “Land”, passata dal 61,3% del 2019 al 74% di domenica.

In questa fase storica così convulsa, dove il vecchio mondo unipolare, dando vita a frammenti di terza guerra mondiale cerca di impedire con la forza l’affermarsi del nuovo mondo multipolare, ci sono attori che danno spettacolo, quasi mai rimarchevole per contenuto ma sempre all’altezza per le tecniche attoriali. Un caso esemplare lo si può rintracciare nel Parlamento Europeo, apparente espressione politica dell’Unione Europea che però, storicamente, è il primo dei governi mondiali ad ignorarne ruolo e decisioni.

La crescente influenza di Russia e Cina sta ridefinendo l'equilibrio del potere globale, sfidando l'egemonia statunitense e aprendo un dibattito sul futuro dell'economia internazionale.

A giugno, l'Arabia Saudita ha rotto lo storico “accordo sul petrodollaro” con gli Stati Uniti, in vigore dal 1974, e ha annunciato che inizierà a vendere il suo petrolio in valute come lo yuan cinese, l'euro e lo yen. Questa decisione, che mira all'indipendenza economica e riflette l'insoddisfazione per la politica statunitense in Medio Oriente, potrebbe trasformare la geopolitica internazionale e aprire nuove alleanze strategiche, soprattutto con la Cina. Secondo il FMI, la quota del dollaro nelle riserve valutarie globali è diminuita gradualmente, scendendo al di sotto del 59% entro la fine del 2023, il che indica una diversificazione delle riserve da parte delle banche centrali e dei governi.

Il clamoroso attacco coordinato in Libano e in Siria con la manomissione di migliaia di cercapersone da parte dell’intelligence israeliana è l’ennesima dimostrazione di come lo stato ebraico abbia ormai intrapreso apertamente e con la complicità dell’Occidente la strada del terrorismo. Oltre a questo dato di fatto, la vicenda accaduta martedì e ripetutasi in maniera inquietante anche nella giornata di oggi, solleva alcune questioni cruciali in relazione alla crisi in Medio Oriente. La prima è la possibilità concreta di una guerra totale con Hezbollah, visto che l’escalation di questi mesi lungo il confine tra Israele e Libano sembra essere vicinissima al punto di rottura. Proprio l’operazione dei “pager” potrebbe essere il preludio a un attacco su larga scala da parte di un regime, come quello di Netanyahu, letteralmente sopraffatto dalle proprie contraddizioni.


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