Dalla sua indipendenza nel 1776 e durante il XIX secolo, gli Stati Uniti concentrarono i loro sforzi nella costruzione dello Stato nazionale federale. James Monroe (1817-1825) fu il primo presidente a prendere posizione nei confronti della nascente America Latina, regione ancora coinvolta nei processi finali di indipendenza. La proclamazione "L'America per gli americani" mirava a proteggere il continente da eventuali tentativi europei di restaurare regimi coloniali e, al contempo, a garantire la presenza e l'influenza nordamericana nella vasta regione.

Tuttavia, nonostante il "monroismo", nel XIX secolo si verificarono diverse incursioni europee e, durante la presidenza di James K. Polk (1845-1849), la guerra contro il Messico permise agli Stati Uniti di appropriarsi della metà del territorio messicano. In contrasto, molti paesi dell'America Latina abolirono la schiavitù negli anni 1850 (ad esempio l'Ecuador nel 1851), mentre negli Stati Uniti ciò avvenne solo nel 1863 con il presidente Abraham Lincoln (1861-1865).

In un verdetto che giunge con un ritardo di vent'anni, una giuria federale della Virginia ha finalmente ritenuto la CACI Premier Technology, una società di servizi di difesa statunitense, responsabile delle torture inflitte a tre civili iracheni nel famigerato carcere di Abu Ghraib durante l'occupazione statunitense dell'Iraq. La sentenza, salutata come una vittoria dai difensori dei diritti umani, ha assegnato 42 milioni di dollari complessivi ai tre sopravvissuti per i danni fisici e psicologici subiti. La cifra, tuttavia, non può compensare le atrocità vissute né risarcire le centinaia di altre vittime che rimasero intrappolate nell'incubo di Abu Ghraib.

Nell’appoggiare il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza, l’amministrazione Biden continua a ignorare non solo il diritto internazionale, ma anche le stesse leggi americane e, addirittura, le direttive emesse dalla Casa Bianca in relazione alle operazioni militare del regime di Netanyahu. L’ultima acrobazia retorica del governo di Washington si è registrata martedì con il rifiuto ufficiale del dipartimento di Stato di stabilire che lo stato ebraico sta violando il diritto internazionale umanitario. Una posizione presa nonostante Tel Aviv abbia completamente ignorato proprio i vincoli fissati recentemente dagli Stati Uniti per non interrompere le forniture di armi che consentono i massacri in atto da oltre un anno.

Le prime nomine ufficiali e le voci sui candidati a occupare alcune delle posizioni più importanti nel prossimo gabinetto di Donald Trump sembrano smentire categoricamente le ipotesi di un imminente stravolgimento delle priorità internazionali degli Stati Uniti. La realtà potrebbe alla fine risultare più complessa di quanto appaia, ma i nomi già confermati e quelli circolati finora sui media americani difficilmente fanno pensare a quel futuro di pace prospettato in campagna elettorale dall’appena rieletto presidente repubblicano. L’unica eccezione potrebbe essere – forse – la guerra in Ucraina e la stabilizzazione dei rapporti con la Russia, ma anche in questo caso sarà fondamentale capire a chi saranno affidate le chiavi della diplomazia USA e se esisterà la volontà e il coraggio di prendere atto degli equilibri venutisi a creare sul campo.

Da settimane, la striscia di Gaza è sotto un intensificato assedio delle forze armate israeliane, che non si limita al controllo delle vie d’accesso e delle risorse, ma che continua a prendere di mira in maniera diretta e deliberata la popolazione civile. L'operazione, spacciata come una risposta alla minaccia di Hamas, rappresenta in realtà il pretesto di cui ha bisogno il governo israeliano, sostenuto dalla coalizione di estrema destra guidata da Benjamin Netanyahu, per portare avanti un piano di conquista che va ben oltre quello ufficiale, ovvero il “contenimento” della minaccia terroristica. A conferma di ciò, recenti rivelazioni della stampa israeliana hanno mostrato come alcuni ministri del governo di Tel Aviv puntino non solo alla sconfitta di Hamas, ma all’annientamento stesso della presenza palestinese nella striscia.


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