In questi ultimi anni, l’India e la Cina si sono trovate più volte vicine a un conflitto aperto, specialmente lungo la frontiera himalayana che condividono. Tuttavia, il recente vertice dei BRICS a Kazan ha registrato un cambio di rotta inaspettato: i due giganti asiatici hanno raggiunto un accordo storico per la gestione delle controversie di confine. Questo sviluppo non rappresenta soltanto una boccata d’ossigeno per le relazioni bilaterali, ma segna anche un possibile riassetto delle alleanze geopolitiche mondiali in un contesto di crescente multipolarismo.

L’accordo di Kazan arriva a seguito di una serie di scontri e incidenti lungo la cosiddetta “Line of Actual Control” (LAC), cioè la linea di demarcazione contestata tra India e Cina nella regione del Ladakh. Dopo il violento scontro del 2020, che causò vittime tra le truppe di entrambi i paesi, la situazione si è mantenuta incandescente. Questa nuova intesa prevede la creazione di nuovi pattugliamenti congiunti e un impegno reciproco a evitare un’ulteriore escalation. Secondo Vikram Misri, segretario agli Affari Esteri indiano, l’accordo rappresenta un “punto di svolta” per la stabilità regionale, dimostrando come sia possibile risolvere dispute storiche attraverso la diplomazia.

Julio César Urien è un ex ufficiale di spicco della Marina argentina. Noto per aver guidato la rivolta alla Escuela de Mecánica de la Armada (ESMA) il 17 novembre 1972, a sostegno del ritorno del generale Juan D. Perón dopo 18 anni di proscrizione e per essersi rifiutato di reprimere il popolo, fu detenuto fino al 25 maggio 1973, quando venne rilasciato con la legge di amnistia del presidente Héctor J. Cámpora. Nel 1975 fu nuovamente arrestato per i suoi legami con il Gruppo Montoneros e infine rilasciato sotto il governo democratico di Raúl Ricardo Alfonsín nell'ottobre 1983.

Ha ricoperto vari incarichi, tra cui quello di Segretario generale dell'Unione latinoamericana argentina (UALA) e di Presidente dell'Organizzazione dei militari democratici dell'America Latina e dei Caraibi (OMIDELAC) fino al 1990. Nel 2005 è stato reintegrato nella Marina Militare con il grado di Tenente di Fregata (RE) grazie al riconoscimento dell'ex Presidente Néstor Kirchner.

Il vertice dei BRICS tenutosi nella città russa di Kazan ha segnato un sostanziale avanzamento nel consolidamento dei meccanismi operativi che consentiranno di abbandonare sempre più il Dollaro nelle transazioni internazionali, riducendo il dominio dell'economia internazionale, limitando lo strapotere statunitense e gli effetti perversi della politica delle sanzioni utilizzata dall'Occidente come strumento illegittimo nella competizione di mercato e nell'influenza politica globale.

Per due giorni, il 24 e il 26 ottobre, la città russa di Kazan ospiterà il vertice dei BRICS. I partecipanti chiedono una riforma democratica e inclusiva delle organizzazioni monetarie, finanziarie e commerciali per affrontare i gravi squilibri globali. Al centro del processo di aggregazione dei BRICS c'è, infatti, la riscrittura delle regole sistemiche che implica una profonda riforma del sistema di governance globale.

Più in generale, chiedono un nuovo sistema di regole condivise piuttosto che imposte, basato su un concetto semplice: che è impensabile in linea di principio legare l'economia internazionale a una moneta unica e che il suo utilizzo deve essere autorizzato da chi la emette. Infine, si riconosce che la complessità del sistema delle transazioni finanziarie rende obsoleta un'unica procedura e un unico codice decisi da un unico Paese, che assume così il ruolo di autorità assoluta. Con un mercato senza precondizioni politiche e senza sanzioni unilaterali decise al di fuori - e spesso contro la volontà - della comunità internazionale.

Ormai la missione Unifil è diventata il tiro a segno di Tsahal. Un carro armato ha colpito una postazione nel sud del Libano, vicino a Kafer Kala, dove è di stanza il contingente spagnolo. “Un carro armato Merkava dell’Idf ha sparato contro la torre di guardia. Due telecamere sono state distrutte e la torre è stata danneggiata”, riferisce Unifil denunciando anche in questo caso, come negli attacchi precedenti, “fuoco diretto e apparentemente deliberato su una nostra posizione”.

Quindi il mitico esercito di Tel Aviv prosegue nella sua performance più famosa: quella di sparare a chi non può rispondere. Il contingente italiano è dunque alla mercè dell’esercito israeliano, ma soprattutto di un governo di Roma che freme di vigliaccheria. Un governo che si fa leone con la guerra ai rave e al dissenso, ma si fa coniglio di fronte a Israele. Pare che la Meloni abbia sostenuto un colloquio telefonico con Netanyahu al quale avrebbe ribadito come sparare sui soldati italiani sia “inaccettabile”. Sembra che Netanyahu abbia detto "va bene" ma abbia poi ordinato di continuare a farlo, probabilmente non intimorito dalla mimica dell’inquilina di Palazzo Chigi.


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