Nel pieno della catastrofe provocata dalla seconda devastante ondata di COVID-19, nel fine settimana sono stati resi noti in India i risultati delle elezioni tenute tra marzo e aprile in cinque stati per il rinnovo dei rispettivi parlamenti locali. Proprio la gestione criminale della pandemia è stata al centro di gran parte delle campagne elettorali e ha influito in maniera determinante sul risultato nel complesso decisamente deludente del partito di governo di estrema destra BJP (“Bharatiya Janata Party” o “Partito del Popolo Indiano”).

Secondo alcune recenti rivelazioni giornalistiche, i governi di Iran e Arabia Saudita starebbero discutendo una possibile de-escalation delle tensioni e, nella migliore delle ipotesi, la creazione di un meccanismo regionale per gestire i conflitti tra i soggetti che fanno capo alle sfere di influenza dei due paesi. Il percorso verso il disgelo resta lungo e con molti ostacoli, ma che ci si trovi di fronte almeno a un abbassamento dei toni e sia in atto il tentativo di intavolare un dialogo serio appare ormai evidente. Le cambiate priorità strategiche dell’amministrazione Biden, con la revisione delle politiche mediorientali americane, potrebbero essere il motore di una clamorosa, anche se relativa, riconciliazione tra Teheran e Riyadh.

Il discorso del presidente Biden al Congresso nella serata di mercoledì ha segnato il traguardo dei primi 100 giorni alla Casa Bianca con una serie di promesse che in molti hanno salutato come il lancio di una nuova era progressista negli Stati Uniti. Le evocazioni del “New Deal” rooseveltiano o della “Great Society” di Lyndon Johnson si sono sprecate soprattutto sui media liberal, ma le somiglianze con questi storici programmi sociali, già di per sé tutt’altro che rivoluzionari, appaiono decisamente fuori luogo, anche nell’improbabile eventualità che tutte le promesse di Biden venissero mantenute.

Human Rights Watch (HRW) è stata questa settimana l’ultima organizzazione a difesa dei diritti umani a definire quello imposto da Israele alla popolazione palestinese un regime di apartheid. Il durissimo giudizio della ONG con sede a New York ha sollevato come previsto un polverone, ma la definizione appare ineccepibile ai termini del diritto internazionale e descrive oggettivamente la realtà creata dall’unica presunta democrazia in Medio Oriente. Soprattutto, il rapporto di HRW demolisce ancora una volta la menzogna della natura “temporanea” delle restrizioni, delle discriminazioni e dei crimini in generale commessi quotidianamente contro i palestinesi da Israele nel nome della “sicurezza” e della lotta al “terrorismo”.

Nei giorni scorsi, l’Australia è diventata il primo paese a cancellare ufficialmente degli accordi stipulati con la Cina nell’ambito del piano di investimenti lanciato da Pechino e noto col nome di “Belt and Road Initiative” (BRI) o “Nuova Via della Seta”. Ci sono pochi dubbi che dietro alla decisione del governo di Canberra ci sia l’amministrazione Biden. Con la regia di Washington, la classe dirigente australiana si sta infatti allineando sempre più alla campagna anti-cinese promossa da Washington, col rischio, da un lato, di mettere a repentaglio i rapporti con quello che resta il proprio principale partner commerciale e dall’altro di ritrovarsi implicata in un conflitto rovinoso combattuto in Asia sud-orientale.


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