Lo scenario della prima visita in Europa da presidente degli Stati Uniti di Joe Biden è cambiato nella giornata di lunedì dalla spiagge della Cornovaglia alla sede della NATO di Bruxelles, ma in cima alla lista delle priorità di Washington resta il nodo della competizione con la Cina. Se il metro di paragone deve essere la precedente amministrazione Trump, apparentemente l’inquilino democratico della Casa Bianca ha ottenuto un qualche successo nel tentativo di ricompattare gli alleati occidentali attorno alla linea americana. Dietro le apparenze, persistono tuttavia profonde divisioni tra le due sponde dell’Atlantico, così come all’interno della stessa Europa, sull’approccio alla “minaccia” cinese, tanto da mettere subito in forte dubbio gli impegni presi nel fine settimana dal G7, sempre meno in grado di modellare priorità e obiettivi di un pianeta indirizzato inesorabilmente verso il multipolarismo.

I provvedimenti giudiziari a carico di alcuni esponenti del golpismo hanno messo in allarme tutto il bouquet dei mandanti statunitensi ed europei e la campagna mediatica e politica internazionale ha preso il via. I media fanno il loro sporco lavoro di sostegno all’impero e quelli italiani sono in prima fila. E’ una campagna strumentale, perché i provvedimenti arrivano in applicazioni di leggi dello Stato e non vi sono motivi per ritenerli un abuso.

Due commissioni del Senato americano hanno pubblicato questa settimana il primo rapporto ufficiale sui fatti del 6 gennaio scorso, quando una folla di sostenitori del presidente uscente Trump assediò per ore l’edificio che ospita il Congresso degli Stati Uniti a Washington. L’indagine ha avuto un carattere bipartisan e, anche per questa ragione, le conclusioni a cui i senatori sono arrivati non fanno luce in nessun modo sulle vere cause e responsabilità di quello che è stato a tutti gli effetti un tentativo di colpo di stato. Dal rapporto sono comunque emersi nuovi particolari sugli eventi di quel giorno, che confermano come l’assalto sia stato reso materialmente possibile da una serie di falle clamorose all’interno delle varie agenzie incaricate di garantire la sicurezza.

L’ultima elezione locale in Germania prima del voto federale previsto per l’autunno ha regalato nel fine settimana una relativa soddisfazione ai cristiano-democratici (CDU) della cancelliera Angela Merkel. Le dimensioni del successo nello stato orientale della Sassonia-Anhalt sono state sorprendenti, visto che i sondaggi della vigilia indicavano un testa a testa con l’estrema destra dell’Alternativa per la Germania (AfD). L’appuntamento con le urne ha anche segnato una nuova pesante batosta sia per i socialdemocratici (SPD) sia per il Partito della Sinistra (Die Linke), le cui prospettive in vista del voto di settembre appaiono sempre meno rosee.

Come prevedibile, l’iniziativa della giustizia nicaraguense nei confronti di Cristiana Chamorro ha destato la reazione scomposta di Stati Uniti e alleati, che denunciano l’inchiesta della magistratura come “operazione politica destinata ad eliminare la candidatura della signora dalle elezioni del prossimo novembre”. La tesi è strana dal momento che la Chamorro non è ancora candidata a nulla, ma che Daniel Ortega possa temere la su candidatura appare davvero una iperbole. Al contrario, pensare che la magistratura debba fermarsi solo perché la signora si autonomina candidata, significherebbe un uso politico della giustizia e, va da se, una dichiarazione di sovranità limitata da parte dello Stato nicaraguense nei confronti di alcuni suoi cittadini.


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