Non pare abbiano sortito effetti i colloqui telefonici tra Joe Biden e Vladimir Putin. Quella che si sviluppata al confine tra Russia e Ucraina è una crisi costruita politicamente e mediaticamente. Alla complessiva quanto conclamata ostilità tra Kiev e Mosca non si era aggiunta nessuna particolare tensione e la stessa intelligence militare del regime filo-nazista di Kiev non segnalava nessun pericolo da parte russa.

Il tentativo di rovesciare il governo centrale nelle isole Salomone e il durissimo scontro politico che continua ad attraversare il paese del Pacifico meridionale sono un riflesso della competizione sempre più accesa che sta mettendo di fronte la Cina agli Stati Uniti e ai loro alleati in questa remota area del globo. Per quanto periferica, la posizione dell’arcipelago a nord-est dell’Australia ricopre un’importanza strategica rilevante, come confermano anche gli eventi accaduti durante la Seconda Guerra mondiale, e le potenze coinvolte nelle vicende interne di questo e di altri paesi dell’Oceano Pacifico investono risorse tutt’altro che trascurabili per fare in modo che i propri interessi vengano garantiti dalle classi dirigenti indigene.

Il nodo dei negoziati sulla questione del nucleare iraniano, ripresi questa settimana a Vienna dopo cinque mesi di stallo, sembra a prima vista piuttosto semplice: il governo americano guidato dal presidente Biden dovrebbe semplicemente invertire la decisione presa da Trump nel 2018 e rientrare nell’accordo stipulato tre anni prima con Teheran e altri cinque paesi (Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, Germania). In realtà, i colloqui in corso sono complicati da svariati fattori, principalmente di ordine strategico, che rischiano di far saltare le trattative e accelerare l’escalation dello scontro nella regione mediorientale.

Come ogni sondaggio aveva previsto, Xiomara Castro, candidata della sinistra, è la nuova Presidente dell’Honduras. Dodici anni dopo il colpo di stato voluto da Hillary Clinton che estromise dal governo il legittimo Presidente Mel Zelaya, oggi alla guida del Partito Progressista Libero, Xiomara - che di Mel è moglie - ha riposto le cose nel loro ordine naturale, che vede il consenso popolare al governo e il golpismo all’opposizione. I tentativi disperati di impedire la vittoria di Xiomara ad opera del governo statunitense e dell’Unione Europea, per mano della OEA, sono risultati inefficaci.

Il margine straordinariamente ampio della vittoria di Xiomara ha impedito ogni frode possibile per quanto riguarda la presidenza e, sebbbene sulle elezioni dei sindaci la destra stia tentando operazioni sporche, l’impressione è che queste possano ridursi ad azioni di disturbo, che poco condizioneranno la proclamazione dei risultati effettivi.

Managua. Il 28 novembre oltre 5 milioni di honduregni saranno chiamati a eleggere il Presidente della Repubblica, 128 deputati al Congresso nazionale, 20 al Parlamento centroamericano, 298 sindaci e oltre 2000 consiglieri comunali. Man mano che si avvicina la data elettorale, si polarizza l'ambiente politico, si acutizza il conflitto e cresce la tensione sociale. Nessuno dimentica la violenta repressione del 2017 contro coloro che protestavano per i grossolani brogli elettorali che prolungarono l'agonia dell'attuale regime. In quell'occasione, oltre trenta persone persero la vita in modo violento e questi crimini restarono nella totale impunità. Gli accadimenti degli ultimi giorni risvegliano nuovamente i fantasmi della violenza e della repressione.


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