Quando quella di Henry Kissinger è tra le voci più ragionevoli dell’Occidente, è molto probabile che le prospettive per l’Europa e gli Stati Uniti siano ancora più cupe di quanto già di tema. In un intervento al tradizionale summit del World Economic Forum di Davos, l’ex segretario di Stato e consigliere per la Sicurezza Nazionale di Richard Nixon ha infatti invitato il regime ucraino e i suoi sponsor a mostrare maggiore “saggezza” e, in sostanza, a fare pesanti concessioni alla Russia per mettere fine al conflitto in corso ed evitare ulteriori “conseguenze disastrose”.

 

Kissinger ha in larga misura rispolverato uno dei principi geo-politici cardine della politica estera americana, quello cioè che impone di evitare il consolidarsi di una solida alleanza tra Russia e Cina in grado di esercitare il controllo sull’area euro-asiatica a discapito degli interessi e dell’egemonia globale di Washington. Questa prospettiva è vista con orrore dalla classe dirigente USA, ma si sta rapidamente materializzando proprio a causa delle politiche implementate a partire almeno dall’amministrazione Obama e dall’accelerazione impressa da Biden dopo l’inizio delle operazioni militare russe in Ucraina.

In maniera estremamente lucida nonostante i suoi quasi 99 anni, Kissinger ha ricordato il ruolo fondamentale della Russia negli equilibri strategici europei, spiegando che l’unica via d’uscita che eviti un conflitto rovinoso per l’Occidente è in pratica l’accordo per una Ucraina neutrale. Prosegue ancora Kissinger: “i negoziati devono iniziare nei prossimi due mesi, prima che si creino tensioni e sconvolgimenti difficili da superare. L’ideale sarebbe tornare allo status quo ante”. Per Kissinger, “proseguire la guerra oltre questa soglia non avrebbe più nulla a che fare con la libertà dell’Ucraina, ma diventerebbe una guerra contro la Russia”.

Il pacifismo non è evidentemente al centro del pensiero di Kissinger. L’avvertimento a fermare la follia anti-russa che ha contagiato le élites occidentali serve piuttosto a prospettare una via d’uscita che eviti il precipitare nel baratro, sia sul fronte economico sia su quello militare. Il riferimento allo status quo ante implica inoltre l’accettazione da parte dell’Ucraina della cessione di parte del proprio territorio alla Russia, a cominciare dalla Crimea. La realtà sul campo ha peraltro già superato gli auspici di Kissinger, tanto che Kiev dovrà con ogni probabilità dire addio definitivamente anche alle repubbliche di Donetsk e Lugansk.

L’intervento di Kissinger ha causato sbigottimento e rabbia tra molti di coloro che in passato lo avevano celebrato come un insuperabile “statista” o una sorta di oracolo della geo-politica americana. Il fatto che uno degli uomini maggiormente coinvolti nei peggiori crimini commessi dagli Stati Uniti su scala globale nel secondo dopoguerra sia oggi una delle pochissime voci moderate in Occidente la dice lunga sul clima che si respira in Europa e negli Stati Uniti.

Anche se in molti si sono scagliati contro l’ex segretario di Stato, alcuni addirittura auspicandone apertamente la morte, lo stesso invito a parlare pubblicamente a Davos è forse un altro segnale del crescente diffondersi di inquietudini e malumori tra i potenti in Occidente per la china che ha imboccato la guerra in Ucraina. Dietro l’apparente compattezza, ostentata sempre nella cittadina svizzera con l’immancabile intervento in videoconferenza di Zelensky, sembrano esserci parecchi timori per le conseguenze di un conflitto interamente evitabile e provocato dai governi occidentali.

Se appare difficile una marcia indietro a questo punto, c’è almeno da sperare che prese di posizione come quelle di Kissinger contribuiscano a rompere il fronte dei guerrafondai e a offrire una via d’uscita diplomatica in tempi brevi. Per quanto riguarda il tentativo di impedire il consolidarsi della partnership strategica russo-cinese, il consiglio di Kissinger sembra essere invece fuori tempo massimo. A questo proposito è interessante citare un’intervista all’ex alto ufficiale dell’intelligence militare russa, Dmitry Trenin, pubblicata proprio nei giorni scorsi dal network russo RT.

Esponendo gli obiettivi strategici di Mosca nel perseguire le operazioni militari in Ucraina, Trenin spiega tra l’altro come lo sguardo del suo paese sia sempre più a est e agli sviluppi di una realtà globale impostata al multipolarismo. Nella creazione di un nuovo modello per l’ordine mondiale, racconta Trenin, gli orientamenti russi vanno verso la “cooperazione con potenze come Cina e India, così come Brasile, e con attori regionali come Turchia, i paesi ASEAN [Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico], i paesi del Golfo [Persico], Iran, Egitto, Algeria, Israele, Sudafrica, Pakistan, Argentina, Messico” e altri ancora.

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