La risoluzione approvata questa settimana dal parlamento federale tedesco (“Bundestag”) sulla carestia in Ucraina del 1932-1933 rappresenta a tutti gli effetti una falsificazione deliberata della storia per promuovere la propaganda di guerra in funzione anti-russa. Il voto di mercoledì riconosce gli eventi in questione come un vero e proprio “genocidio” commesso dall’Unione Sovietica ed è il culmine di un processo storico iniziato nel pieno del secondo conflitto mondiale, servito fin dall’inizio a riabilitare il collaborazionismo nazista ucraino e i suoi crimini. Ovvero, quegli stessi ambienti su cui, quasi otto decenni dopo, i governi occidentali stanno contando per avanzare i loro interessi strategici nei confronti di Mosca.

L’intera classe politica degli Stati Uniti sta cercando disperatamente di scongiurare uno sciopero dei ferrovieri americani che, se attuato a partire dalla prossima settimana, potrebbe causare danni devastanti a un’economia già in serio affanno. Il presidente Biden ha infatti chiesto un intervento legislativo eccezionale del Congresso per superare l’opposizione di alcune sigle sindacali alla ratifica di un nuovo contratto con le compagnie private di trasporto su rotaia mediato dalla stessa Casa Bianca. La Camera dei Rappresentanti ha già approvato mercoledì l’imposizione unilaterale dell’accordo e nei prossimi giorni toccherà al Senato esprimersi sulla vicenda.

Dopo anni di contrattazioni senza risultati, a settembre le due parti erano riuscite a convergere su una bozza di contratto che accoglieva solo una parte delle richieste dei lavoratori. L’intesa era stata favorita appunto dall’intervento di rappresentanti del governo sotto la supervisione del ministro del Lavoro, Marty Walsh. L’accordo era stato poi sottoposto al voto degli iscritti e tre delle dodici principali organizzazioni avevano finito per bocciarlo. Senza un’approvazione completa, il contratto non può essere ratificato e, in base a quanto stabilito dai sindacati stessi, in assenza di nuovi sviluppi il 9 dicembre prossimo scatterà uno sciopero a cui prenderanno parte anche le sigle che avevano espresso parere positivo.

Sono stati necessari dieci anni ad alcuni dei principali giornali “ufficiali” europei e americani per prendere una posizione pubblica netta a favore di Julian Assange nel procedimento di estradizione verso gli Stati Uniti a carico del fondatore di WikiLeaks. Con un ritardo ingiustificabile, il New York Times, il britannico Guardian, il francese Le Monde, il tedesco Der Spiegel e lo spagnolo El País hanno indirizzato lunedì una lettera aperta all’amministrazione Biden per invitare il presidente democratico a lasciar cadere tutte le accuse contro il giornalista australiano, riconoscendo finalmente le implicazioni democratiche e per la libertà di informazione del caso all’attenzione della giustizia del Regno Unito.

I malumori europei per l’andamento del conflitto in Ucraina e le sue conseguenze economiche stanno venendo a galla in modo sempre più esplicito, mettendo in mostra tensioni e divisioni che attraversano un fronte NATO in rapido sfaldamento. Il tentativo americano di accorciare il guinzaglio degli alleati europei per mezzo della guerra e della demonizzazione della Russia sembrava poter dare all’inizio i frutti sperati da Washington, ma il protrarsi delle operazioni militari, la resistenza di Mosca e il tracollo imminente del regime di Zelensky hanno fatto esplodere le contraddizioni di un piano destabilizzante da cui l’Europa non ha semplicemente nulla da guadagnare.

Anche sulla stampa ufficiale circolano commenti e citazioni di fonti governative europee che ruotano attorno alla questione dei vantaggi derivanti dalla crisi russo-ucraina. Per l’Europa sembrano cioè essercene pochi o nessuno al netto della propaganda sull’impegno per la difesa della democrazia in Ucraina contro l’aggressione russa. Al contrario, se vantaggi ci sono in relazione alla guerra in corso, è chiaro a chiunque che a raccoglierli è soltanto Washington, quanto meno sul piano strategico o dei profitti dell’industria militare.

Con 494 voti favorevoli, 58 contrari e 44 astensioni, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione con la quale indica la Russia come “Stato sponsor del terrorismo per le atrocità commesse dal regime di Vladimir Putin contro il popolo ucraino". Lo ha fatto nelle stesse ore in cui Ankara bombardava i curdi, Tel Aviv i palestinesi e Ryad gli yemeniti, ovvero quelli colpiti dalle “bombe democratiche”. La risoluzione, che celebra Zelensky, veniva votata mentre a Mosca, in compagnia del presidente cubano Diaz Canel, Putin omaggiava la nuova statua di Fidel Castro, gigantesco statista del XX secolo. Ognuno ha i suoi riferimenti.

La risoluzione è solo un segnale politico, non comporta nessuna conseguenza, non é vincolante per la UE in quanto istituzione come per nessuno dei singoli paesi membri. Formalmente, infatti, "l'Ue non può attualmente dichiarare gli Stati come sponsor del terrorismo in modo ufficiale", spiega in una nota lo stesso Parlamento europeo.


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