La Nato ha deciso le nuove quantità e tipologie di sistemi d’arma da fornire all’Ucraina. La lista è corposa. I più importanti? Sistema di difesa aerea Samp-T e batterie Patriot, Hummer statunitensi, Challenger britannici, Leopard tedeschi, sistemi mobili Avenger, elicotteri Mi-17 e Sea King, droni, missili Stinger, missili Starstreak, Araam e Brimstone. Un dispositivo che basterebbe per un esercito di dimensioni doppie rispetto a quello ucraino, già decimato in un anno di guerra da perdite presumibili intorno ai 300.000 uomini.

Si va verso l’escalation del conflitto che ha l’Ucraina come teatro e Washington come regia. Simbolico che Berlino abbia deciso una escalation militare contro la Russia proprio nel 78esimo anniversario dell’apertura dei cancelli di Aushwitz da parte dell’Armata Rossa.

 

La mole complessiva di armamenti e investimenti segna infatti un salto di piano che impedisce anche all’ultimo dei distratti o dei faziosi di continuare a considerare quello occidentale un “sostegno”. Il tentativo di mitigare l’escalation parlando di tempi lunghi per la consegna e dei mesi necessari per l’addestramento è solo fumo negli occhi: i sistemi d’arma vengono utilizzati da specialisti della NATO già in Ucraina e Polonia da diverso tempo.

 

Qual è la strategia della NATO?

La domanda che ci si pone è se la NATO ha una strategia o va avanti per forza d’inerzia, convinta di mantenere a lungo il conflitto circoscritto allo scenario russo-ucraino. Lo scontro tra Mosca e Kiev sta entrando nella fase finale e l’implosione politica del governo Zelensky contribuirà ad accorciarne i tempi.

O davvero la NATO ritiene colmabile la distanza tra i due apparati bellici? Sul terreno non c’è confronto possibile. La famosa controffensiva ucraina si è rivelata propaganda: la Russia ha continuato ad avanzare infliggendo pesantissime perdite di uomini e infrastrutture all’Ucraina e sta per inviare altri 300.000 uomini nell’imminente offensiva.

I Leopard e gli Abrams? I tank europei e USA non invertiranno le sorti del conflitto: i Leopard sono stati ampiamente distrutti dai russi in Siria, cosa gli fa credere che in Ucraina diventino indistruttibili? Il loro valore è geopolitico e non militare.

Mosca dispone di circa 8.000 tank e sta per immettere negli scontri i T14 di ultima generazione, invisibili ai radar. Sono prossimi all’esordio i nuovi BMPT, soprannominati “Terminator”, particolarmente adatti nella guerra contro la fanteria. Anch’essi già sperimentati in Siria, sono dotati di quattro lanciamissili anticarro, due cannoni da 30 mm, due lanciagranate e una mitragliatrice e che raggiungono una velocità massima di 60 chilometri all'ora.

Non solo: ha appena testato positivamente gli Zirkon, missili di nuova generazione che viaggiano a una velocità nove volte superiore a quella del suono, con una portata di oltre 1.000 km.

Davvero la NATO crede che con 40-50 tank, per quanto tecnologicamente efficaci, si possano invertire le sorti sul terreno? Come ricordano le fonti militari, un anno fa Germania, Francia e Italia, insieme disponevano di circa 4.000 carri armati (di cui 800 operativi), a fronte degli oltre 10.000 (di cui 3.330 operativi) in dotazione alla Russia.

Lo stesso ragionamento può essere fatto per le munizioni: stando ad un alto rappresentante della Nato citato dal New York Times, nell’estate 2022, gli ucraini sparavano 6-7.000 colpi di artiglieria al giorno; i russi, 40-50.000. La capacità di produzione russa è molto superiore a quella NATO, senza contare la maggiore facilità di rifornimento.

La NATO sembra avere il fiato corto, perché gli USA si sono esposti oltre ogni possibilità e, pur trattandosi della difesa di un loro protettorato, un vero territorio USA in Europa, c’è un limite invalicabile che è rappresentato dalle scorte di armamenti e dalla crisi economica. Certo, la propaganda dice che si andrà avanti fino alla fine, ma in realtà questo significa che si sta ponendo fretta sempre più alla chiusura. Non perché lo chieda l’opinione pubblica, della quale se ne fregano a Bruxelles come a Washington, ma perché lo chiedono con decisione diversi mega operatori di Wall Street, che ricordano come la fine del conflitto produrrebbe una crescita del 20% in Borsa. In sintonia con i think tank più importanti (Rand Corporation in testa) i grandi fondi e le multinazionali USA, che hanno fretta di ricostruire l’Ucraina e spingono affinché Zelensky si sieda al tavolo dei negoziati senza troppe pretese. Del resto gli USA non sono onnipotenti, tutt'altro. Può sopperire la UE? Difficile, visto che per soddisfare l’insaziabile Kiev hanno già attinto alle loro riserve strategiche e, in caso di guerra con la Russia, avrebbero una ridotta operatività militare.

 

Verso il precipizio degli F16 ?

Il presidente Biden si è affrettato a dire che ci vorranno mesi perché i nuovi tank arrivino e che l’invio di questo quantitativo di armi non implica un voler entrare in guerra contro la Russia. Ha aggiunto di non voler fornire aerei da combattimento a Kiev, ma Biden segue lo spartito classico, che vede prima il No, poi il Forse e quindi il Si ad ogni richiesta di Zelensky. Quindi gli verranno concessi, è questione di giorni. Se gli aerei arrivassero, però, dovrebbero essere guidati da piloti NATO e non dagli ucraini che non li hanno nemmeno mai visti, così come i missili a lunga gittata e il resto dei sistemi d’arma e dei dispositivi satellitari vengono da sempre gestiti da personale dell’Alleanza Atlantica. Gli ucraini sono solo quelli a terra che muoiono come mosche.

L’Ucraina, poi, non dispone di piste di atterraggio adatte agli F16. Si utilizzeranno allora le piste polacche, paese NATO che non vede l’ora di entrare in guerra?

L’arrivo degli F16 quasi certamente comporterebbe l’entrata in scena dei Mig e dei Sukhoi russi, fino adesso rimasti sulle piste. Tra questi il caccia Stealth T-50 e il Sukhoi Su-57. La loro entrata in guerra cambierebbe la natura stessa del conflitto, l’entrata in guerra dell’aviazione trasforma un conflitto in una guerra di distruzione. Per Mosca d'altra parte è evidente come l’arrivo di aerei caccia F-16 e di missili a lunga gittata, cambi lo scenario; non più la denazificazione dell’Ucraina ma la difesa della Russia. Questo ulteriore salto in alto dei dispositivi militari NATO chiude infatti con la narrazione della difesa dell’Ucraina e pone chiaro l’attacco militare alla Russia.

Ma la NATO, sconfitta nel 2022 in Afghanistan dai talebani e in Siria da russi e siriani, davvero pensa di vincere alle porte della Russia? E se una sola città russa venisse colpita davvero pensa di tenere le sue città al riparo dello scontro militare, immaginando l’Ucraina e la Russia come unici terreni dello scontro?

Per ora il Pentagono frena, ha già risolto uno dei suoi problemi principali, avendo trasferito nell’Est Europa i suoi laboratori per la guerra batteriologica precedentemente allocati in Ucraina. Sa perfettamente quali siano i rischi che corrono gli USA se la guerra va avanti: la Russia non si fermerà al Donbass, il controllo USA sull’Ucraina verrà meno e alla fine i costi saranno stati inutilmente enormi.

Non si vedono accenni di dialogo. Il piano di pace che Zelensky vorrebbe portare all’ONU è talmente ridicolo nei suoi contenuti (già noti) da far comprendere a tutti che la sua unica utilità è strumentale e propagandistica, destinata ad ottenere un ovvio No russo per avere poi più possibilità di invocare l’intervento diretto della NATO. Il tentativo è quello di replicare quanto fatto in occasione della prima guerra in Irak. Deve però fare i conti con un mondo tutt’altro che in sintonia con Kiev, come indica il crescente distacco verificatosi nelle due ultime votazioni sul tema. Come testimoniano le posizioni di Africa e America latina (Sudafrica e Brasile in testa), la tendenza è all’aumento di quel distacco, non a ridurlo, quindi Zelensky rischia di trovarsi come sempre in compagnia dei soliti noti e poco più.

Con le nuove forniture di armi si apre un nuovo capitolo per la NATO, che sceglie un coinvolgimento ancor più profondo nel conflitto, fatto con il cinismo di chi spera di sconfiggere la Russia con la pelle degli ucraini. La pace sarebbe alla portata di un Occidente che rispetti le esigenze di sicurezza di tutti e che non pensi di prevalere militarmente su tutti, ma la guerra sembra essere l’unico modo per evitare di fare i conti con la fine del disegno unipolare del mondo.

Per l’Ucraina è un incubo, per USA e UE un’occasione per esibire i gioielli in vendita e rinnovare i loro arsenali con nuove commesse militari. L’Occidente non combatte per l’Ucraina ma contro la Russia. Ovvero per i suoi obiettivi militari, politici e di business.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy