Nella realtà parallela in cui continuano a muoversi i suoi leader, l’Unione Europea ha fatto sapere di essere vicina all’adozione di un settimo pacchetto di sanzioni, di fatto dirette contro gli interessi dei paesi membri anche se ufficialmente destinate a punire la Russia. Alcuni giornali hanno riportato la notizia dell’intenzione di Bruxelles, in concerto con Washington, di discutere anche quella che è forse la più insensata e improbabile delle misure allo studio, ovvero l’imposizione di un tetto artificiale al prezzo del petrolio russo destinato alle esportazioni.

La clamorosa rivolta popolare che nel fine settimana ha costretto alle dimissioni le più alte cariche dello Sri Lanka minaccia di creare un vuoto di potere che la classe dirigente indigena e i governi della regione, nonché gli Stati Uniti, temono possa destabilizzare definitivamente un paese situato in una posizione strategica nell’Oceano Indiano. Quello a cui si è assistito nei giorni scorsi è il culmine di una gravissima crisi che era iniziata almeno dall’esplosione della pandemia nel 2020, per poi far segnare una nuova drammatica accelerazione dopo l’introduzione delle sanzioni contro la Russia decise dall’Occidente subito dopo l’inizio delle operazioni militari di Mosca in Ucraina.

L’assassinio dell’ex primo ministro giapponese, Shinzo Abe, è avvenuto ad appena due giorni dalle elezioni per il rinnovo della camera alta del parlamento di Tokyo. A sparare al più longevo capo del governo della storia nipponica è stato un 41enne residente della città di Nara, dove era in corso un comizio in vista del voto. Erede di una dinastia politica di primissimo piano, Abe ha esercitato per quasi un decennio un’influenza profonda sulla realtà del suo paese. Il bilancio della sua esperienza di governo resta tuttavia in forte chiaroscuro, anche se segnata, sul piano internazionale, dall’impegno per la normalizzazione delle relazioni con la Russia e dalla ricerca di una relativa autonomia strategica dall’alleato americano.

Anche il nuovo tentativo diplomatico promosso dall’Europa per mandare in porto l’accordo bis sul nucleare iraniano (JCPOA) si è per il momento risolto in un nulla di fatto. I negoziati erano ripresi settimana scorsa a Doha, in Qatar, nella speranza di avvicinare le posizioni di Stati Uniti e Iran, ma il summit si era chiuso con uno scambio reciproco di accuse. La serietà dell’amministrazione Biden nel raggiungere un’intesa con Teheran è apparsa nuovamente chiara mercoledì, quando il dipartimento di Stato ha colpito con le proprie sanzioni unilaterali altre 15 “entità” della Repubblica Islamica e di altri paesi, accusate di favorire l’esportazione e la vendita di greggio iraniano.


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