Il successo nelle presidenziali in Francia produce quasi sempre un effetto positivo per il partito del candidato vincente che, infatti, quando le elezioni  parlamentari si tengono di lì a poche settimane, si assicura solitamente la maggioranza assoluta per governare in autonomia. Ciò non è invece accaduto domenica per la coalizione “Insieme” (“Ensemble”) del presidente Macron, la cui popolarità è crollata sotto il peso di una situazione economica e sociale in rapido deterioramento, spingendo per contro verso risultati inaspettati o comunque ampiamente soddisfacenti sia l’alleanza di centro-sinistra NUPES, guidata da Jean-Luc Mélenchon, sia l’estrema destra di Marine Le Pen.

L’ultima volta che un presidente appena eletto ha mancato la maggioranza assoluta nel voto per l’Assemblea Nazionale immediatamente successivo è stata nel 1988. Per Macron, già le presidenziali di aprile erano state tutto fuorché trionfali. Nonostante la rielezione, più che l’entusiasmo suscitato dal presidente in carica era prevalsa la scelta del male minore e il rifiuto di votare per una candidata legata al neo-fascismo.

Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla profonda nocività della NATO per la pace e la democrazia, potrebbe osservare il comportamento del suo segretario Stoltenberg, il quale, con zelo davvero degno di cause migliori, si sta dando da fare per agevolare l’ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO, agendo da mediatore tra i due Stati scandinavi appena menzionati e la Turchia.

E’ noto come il presidente turco Erdogan abbia, con l’astuzia della quale costituisce oramai un esempio proverbiale, voluto approfittare della candidatura di Svezia e Finlandia per porre una questione che da tempo ritiene di fondamentale importanza per lui, il suo governo e il suo sistema di potere: ovvero quella delle garanzie democratiche che tali Stati, come probabilmente nessun altro, hanno offerto ai fuoriusciti kurdi. Insieme a questa anche un altro affare è sul tavolo: l’ottenimento di nuovi micidiali sistemi d’arma che ritiene necessari per stroncare la resistenza del popolo kurdo ai suoi progetti neo-ottomani, oltre che per realizzare altre operazioni funzionali alla stessa logica in giro per il mondo.

L’Unione Europa e il Regno Unito sono nuovamente in rotta di collisione attorno alla Brexit dopo che il governo di Boris Johnson ha presentato una controversa proposta di legge per risolvere unilateralmente la sempre più complicata questione del cosiddetto “protocollo nordirlandese”. Questo meccanismo era stato il frutto di un’intesa post-Brexit raggiunta tra Londra e Bruxelles con l’intento di salvaguardare gli accordi di pace del “Venerdì Santo”, stabilendo una frontiera per le merci in transito tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord in modo da garantirne la libera circolazione lungo il confine che separa l’isola d’Irlanda.

Un anno fa, nel Giugno 2021, la NATO ci informava che la guerra era cambiata e che questa non si combatteva più solo con le armi convenzionali, ma anche attraverso strumenti cosiddetti ibridi,  ideati cioè per scopi altri rispetto alla guerra ma comunque funzionali ad obiettivi strategici. Ad esempio, l’informazione viene identificata come uno di questi strumenti ibridi, ed è pertanto - ci dicono - da considerare come una vera e propria  minaccia alla sicurezza qualsiasi campagna di disinformazione attraverso le cd fakenews, se e quando questa sia in grado di incidere sulle dinamiche democratiche di un Paese alleato mettendone a rischio la stabilità.

Pertanto, le analisi sulle minacce alla sicurezza avrebbero dovuto – da allora in poi - comprendere non solo scenari militari convenzionali, ma anche questi scenari ibridi. Poiché le analisi sulle minacce comprendono anche la predisposizione delle risposte a queste minacce, è diventato altresì necessario allargare le competenze strategiche della NATO per permetterle di adattarsi a tali mutamenti di prospettiva.

Dopo quasi quattro mesi dall’inizio della “operazione militare speciale” russa in Ucraina, il vento della propaganda in Occidente sembra essere forse sul punto di cambiare. Il disastro militare a cui stanno andando incontro le forze del regime di Kiev, assieme alle conseguenze economiche provocate dalle sanzioni e al crollo dell’interesse dell’opinione pubblica per un conflitto venduto assurdamente come una battaglia per la democrazia, rendono sempre meno sostenibile la situazione attuale. Non è perciò da escludere che a breve ci possano essere cambiamenti nell’atteggiamento di Stati Uniti ed Europa, fino a una possibile cessazione delle ostilità.


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