Il tour del Pacifico iniziato qualche giorno fa dal ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha assunto una valenza simbolica tutta particolare alla luce sia della questione caldissima delle isole Salomone sia del recentissimo vertice del “Quad” (USA, Giappone, Australia, India) a Tokyo alla presenza del presidente americano Biden. Il capo della diplomazia di Pechino intende consolidare la crescente espansione dell’influenza cinese – in ambito economico e non solo – in un’area considerata come una sorta di “cortile di casa” degli Stati Uniti e dei loro alleati in Oceania. Per quante preoccupazioni le iniziative cinesi stiano provocando a Washington e a Canberra, proprio la disponibilità dei paesi del Pacifico nei confronti della seconda potenza economica del pianeta testimonia ancora una volta del cambiamento inesorabile in atto degli equilibri globali usciti dal secondo conflitto mondiale.

Sulla guerra in Ucraina, l’Unione europea è in una fase di stallo che dimostra tutta la sua mancanza di autonomia e di unità. In tema di sanzioni contro la Russia, la querelle sul sesto pacchetto va avanti ormai da settimane senza che si veda all’orizzonte la possibilità di una svolta.

Il via libera alle nuove misure punitive - a cominciare dalla graduale eliminazione del petrolio russo entro la fine del 2023 - è stato bloccato mercoledì 18 maggio dal disaccordo fra i ministri degli Esteri. Il problema principale è che alcuni Paesi, come l’Ungheria, non hanno alternative nemmeno nel medio termine alle forniture di petrolio russo, e perciò prima di impegnarsi a rispettare l’embargo chiedono ai partner garanzie energetiche e finanziarie.

Il governo degli Stati Uniti ha il compito di presiedere il nono Vertice delle Americhe, un evento che riunisce i capi di Stato del continente. Come il bambino ricco del quartiere, che possiede il pallone e con la delicatezza che contraddistingue la diplomazia statunitense, sta convocando i Paesi dell'emisfero, ma senza Cuba, Nicaragua e Venezuela. La palla è mia e voi tre non giocate, dice. Ma il pallone, anche se fatto di stracci e giocato in un terrone, è nostro, e le risposte sono arrivate.

Le elezioni presidenziali colombiane, il cui primo turno si svolgerà domenica 29 giugno, rappresentano solo una tappa, per quanto importante, di un percorso lungo e complesso, intrapreso da tempo. Una periodizzazione utile potrebbe essere quella che assume come data di partenza il 9 aprile 1948, data dell’assassinio del leader liberale progressista Jorge Eliecer Gaitan. In quanto italiani siamo stupiti dalla vicinanza cronologica alla data del 18 aprile 1948, giorno della vittoria della Democrazia Cristiana e dello schieramento filostatunitense alle elezioni politiche italiane e inizio della lunga estromissione delle forze della sinistra, in particolare il Partito comunista, dal governo del Paese.

La trasferta di inizio settimana in Giappone del presidente americano Biden potrebbe avere segnato un cambiamento di strategia nella gestione del nodo di Taiwan da parte di Washington, con la possibile accelerazione di iniziative ultra-provocatorie nei confronti di Pechino sull’esempio di quanto sta accadendo con la crisi in Ucraina. La decisione di alimentare le tensioni con la Cina comporta gli stessi rischi imposti all’Europa di una guerra nucleare, ma rientra d’altra parte nei piani disperati della classe dirigente degli Stati Uniti per cercare di impedire il consolidarsi della posizione dei propri rivali a livello globale.


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