di Michele Paris

Qualche giorno fa i giganti delle biotecnologie Monsanto e Dow AgroSciences hanno annunciato l’immissione sul mercato a partire dal 2010 di un nuovo seme di mais geneticamente modificato. Il prodotto si chiamerà “SmartStax” e per la prima volta nella breve storia dell’ingegneria genetica il suo DNA conterrà ben otto geni modificati, così da opporre una maggiore resistenza a insetti e piante infestanti. L’approvazione, per così dire, del nuovo seme è arrivata frettolosamente dagli enti preposti dei governi canadesi e americano, entrambi sprovvisti dei mezzi necessari per valutare più a fondo i possibili rischi degli OGM per l’ambiente e la salute umana. Il tutto a poche settimane dall’appello lanciato da un’autorevole associazione di medici americani per una moratoria planetaria degli OGM.

di mazzetta

Fin dall'esplosione della prima bomba atomica, le vicende che riguardano la proliferazione nucleare hanno sempre avuto una rilevanza diversa a seconda del momento storico e delle identità dei paesi impegnati nella ricerca della capacità bellica non convenzionale. La storia ci consegna l'esempio della corsa agli armamenti tra USA ed URSS, durante la quale furono compiuti nel silenzio centinaia di test atomici, mettendo a rischio l'integrità del pianeta, ma anche l'esempio delle corse al nucleare di altri paesi, per lo più svoltesi nel silenzio e nell'indifferenza dei media e delle diplomazie. Segreti e incontestati sono così arrivati alla meta i programmi atomici di paesi quali Francia, Gran Bretagna, Israele e Sudafrica (che vi rinunciò con la fine del regime segregazionista), così come ben poco rumore ha destato l'accesso alla bomba di Cina, India e Pakistan.

di Eugenio Roscini Vitali

In Afghanistan e in Iraq ci sono i nostri, il nemico e gli altri, quelli che dal nuovo modello di guerra occidentale hanno subito un danno incalcolabile, un effetto “collaterale” di cui non si ha più l’esatta portata, né in termini di vite umane né in numero di profughi. Persone costrette ad abbandonare le loro case, i loro cari, la loro vita, cifre approssimative che diventano terreno di discussione tra i detrattori e gli estimatori delle scelte americane d’inizio secolo, calcolati su notizie frammentarie diffuse attraverso i comunicati degli ospedali e delle organizzazioni umanitarie o da fonti di agenzie di stampa che rimbalzano da un giornale all’altro. Cifre impressionanti che vengono offuscate dalle statistiche della coalizione, che con attenzione certosina aggiornano in tempo reale i database relativi alla perdite subite dagli alleati.

di Fabrizio Casari

E’ passato un mese dal colpo di stato in Honduras e il mantenimento del potere in mano all’oligarchia, che ha delegato ai militari la sua sopravvivenza, non pare subire scossoni travolgenti. I tentativi via cielo e via terra di Mel Zelaya di rientrare in patria sono falliti e la presenza in terra nicaraguense, nella città di Ocotal, a pochi chilometri dalla frontiera honduregna, sembrano per ora adatti solo al mantenimento della pressione politica, più che alla soluzione di forza. La stessa “mediazione” del Presidente del Costa Rica, Oacar Arias, per cercare d’imporre il rientro di Zelaya al tavolo delle trattative con i golpisti, non ha dato risultati. La situazione, nonostante i quotidiani piccoli fatti e le dichiarazioni più o meno convinte da parte della comunità internazionale, resta in stallo e le manifestazioni dei sostenitori di Zelaya al confine con il Nicaragua possono solo testimoniare un appoggio convinto quanto insufficiente sul piano dei rapporti di forza interni all’Honduras.

di mazzetta

In attesa che la fine dei monsoni consenta la ripresa della pirateria, la Somalia sembra sparita dai nostri schermi. La situazione tuttavia non è per niente tranquilla e meriterebbe maggiore attenzione. Le ultime settimane hanno portato sviluppi interessanti, dopo che l'ennesimo governo provvisorio sostenuto dall'Onu e dalla comunità internazionale sembrava sul punto di soccombere alla pressione degli islamisti più radicali. Il governo del presidente Sharif Sheikh Ahmed, già al potere prima che l'invasione etiope costringesse alla fuga il suo governo, nonostante il suo carattere “islamico” non piace agli al Shabaab, decisamente più estremisti, e fino a qualche giorno fa sembrava sul punto di essere rovesciato.


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