di Luca Mazzucato

C’è una storia che, se confermata, supererebbe le fantasie dei più macabri sceneggiatori di Hollywood. Secondo il popolare quotidiano svedese Aftonbladet, soldati dell'esercito israeliano avrebbero sequestrato, ucciso e smembrato giovani palestinesi per rivenderne gli organi, a partire dal 1992. La storia è basata su testimonianze di parenti delle vittime e corredata da un reportage fotografico che sembra tratto dalla Terra dei Morti Viventi. Una guerra diplomatica sta infuriando tra Israele e il governo svedese, che è presidente di turno della UE: Netanyahu chiede al premier svedese una ferma condanna, quest'ultimo si rifiuta, citando la libertà di stampa sancita dalla Costituzione svedese, mentre in Israele è scattato il boicottaggio dell'IKEA. Si potrebbe archiviare la storia tra le “accuse del sangue” della propaganda antisemita, non fosse che, un mese fa, quattro potenti rabbini ultra-ortodossi di Brooklyn sono stati arrestati proprio per contrabbando di organi...

di Michele Paris

Le brevi vacanze del presidente Obama a Martha’s Vineyard sono state animate negli ultimi giorni da alcune questioni che hanno riportato al centro del dibattito politico americano il tema delle torture eseguite in nome della lotta al terrorismo durante la precedente amministrazione. Nonostante la settimana fosse iniziata con l’annuncio di un portavoce della Casa Bianca che le “istruzioni” del presidente per i giornalisti erano di “rilassarsi e divertirsi”, la pubblicazione di un atteso rapporto del Dipartimento di Giustizia sugli abusi della CIA nelle carceri d’oltreoceano per presunti affiliati ad Al-Qaeda ha immediatamente innescato una valanga di polemiche. Ad animare la discussione e ad aggravare le divisioni a Washington, sono arrivate poi anche la notizia di un’imminente indagine sulle malefatte della principale agenzia di intelligence, la creazione di un nuovo team di esperti per condurre gli interrogatori dei detenuti sospettati di terrorismo e la conferma dell’utilizzo della discussa pratica delle deportazioni clandestine.

di Eugenio Roscini Vitali

“La nostra unità ne è uscita rafforzata, la nostra determinazione più forte, la nostra fiducia nel futuro più ampia. E’ un nuovo inizio verso la libertà e l’indipendenza”. E’ con queste parole che Mahmoud Abbas ha accolto i risultati del Sesto Congresso di Fatah, lo storico movimento politico palestinese che lo scorso 4 agosto è stato chiamato a rinnovare il Comitato Centrale ed il Consiglio Rivoluzionario. Un nuovo inizio, auspicato da molti; un cambiamento che coinvolge il più grande tra i movimenti politici mediorientali, quello fatto da moderati e rivoluzionari, quello che per oltre cinquanta anni è stato la principale forza di liberazione nazionale. Quello che ha saputo interpretare le aspirazioni e i sogni del popolo palestinese, che ha lottato per ridare speranza alla diaspora ed ha restituito dignità a chi era rimasto prigioniero nei Territori. E’ quello che si identificato con l’Autorità nazionale e che alla fine si lasciato risucchiare dalla spirale di una politica malata, fatta di clientelismo e nepotismo, di mezze figure, di personaggi che l’hanno portato alla sconfitta elettorale del 2006, che l’hanno invischiato negli scandali e nelle dispute di potere e che alla fine l’hanno trascinato in guerra civile sanguinosa e crudele.

di Eugenio Roscini Vitali

La violenta repressione con la quale Pechino sta cercando di soffocare la dissidenza uiguri e le azioni di polizia che accompagnano gli scontri che dal 5 luglio scorso infiammato la capitale della provincia orientale dello Xinjiang, sono la dimostrazione pratica della fallimentare “politica dell’armonia” del presidente Hu Jintao: 197 morti, più di 1600 feriti, 1500 dimostranti fermati e detenuti senza formali incriminazioni, 319 persone ancora rinchiuse in carcere. Un clima di odio e di diffidenza che, giorno dopo giorno, alimenta il rischio di nuovi incidenti e che si radica e si diffonde attraverso i vari strati della popolazione: dalla rete, dove il leader del Partito islamico del Turkistan (Tip), Abdul-Haq al-Turkistani, grida vendetta e lancia appelli ai musulmani affinché attacchino tutto ciò che rappresenta la Repubblica popolare; dalla strada, dove le forze di polizia, nelle speranza di ottenere informazioni, distribuiscono la lista e le foto dei ricercati e dei latitanti che hanno partecipato agli scontri.

di Michele Paris

Qualche giorno fa si è concluso il lungo viaggio di 11 giorni del Segretario di Stato USA, Hillary Rodham Clinton, nel continente africano. Nel suo tour l’ex first lady ha toccato sette paesi, con l’intenzione, dopo la beve visita del presidente Obama in Ghana lo scorso mese di luglio, di rafforzare la posizione americana in Africa a fronte della sempre maggiore influenza esercitata da altri paesi, primo fra tutti la Cina. In una trasferta durante la quale si sono sprecati i richiami alla responsabilità dei singoli governi nella battaglia contro la corruzione e per la creazione di sistemi democratici efficienti, Hillary ha mancato tuttavia di ricordare le responsabilità occidentali nell’impoverimento e nel degrado del continente, così some il contributo del proprio stesso paese nell’instaurare regimi dittatoriali corrotti che ancora oggi governano molti paesi africani.


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