di redazione

Sorpasso Milan, controsorpasso Napoli. La battaglia più entusiasmante del Campionato italiano è quella fra le seconde. Lo scudetto sembra infatti già cucito sul petto degli juventini, che continuano a mantenere il massimo vantaggio (9 punti) sull'inseguitrice più vicina. In un singolare big match pomeridiano, i bianconeri hanno avuto ragione dell'Inter per 2-1. Il derby d'Italia non si giocava alla luce del sole dalla velenosa stagione '97-'98, quella del rigore non concesso ai nerazzurri dopo il placcaggio di Iuliano su Ronaldo. E ieri l'arbitro Rizzoli ha voluto commemorare l'evento a modo suo, decidendo di non fischiare un fallo in area piuttosto netto di Chiellini su Cassano.

Alla fine agli 11 di Stramaccioni non basta il capolavoro di Palacio, che con un inserimento al fulmicotone spacca la difesa della Juve e sigla il momentaneo 1-1. Decidono le due reti di Quagliarella e Matri: la prima con un grandissimo tiro da fuori in apertura, la seconda su una grandissima dormita di Chivu e Ranocchia in chiusura. Velo pietoso sulla follia di Cambiasso, che al fischio finale rischia di staccare un piede al malcapitato Giovinco.

Subito dietro, il Milan tiene il passo archiviando la pratica Chievo con il minimo sforzo. Il tema della partita sono le punizioni di Balotelli, in grado di centrare la porta da qualsiasi posizione. L'eroe dei veronesi è il portiere Puggioni, che a modo suo respinge quasi tutto. Il suo unico errore (complice anche la lentezza della difesa) costa la partita ai gialloblu. Tap-in vincente di Montolivo, 1-0.

Rialza la testa anche la Lazio, che dopo aver raccolto la miseria di 8 punti in 10 partite riesce a superare il Catania in casa. Padroni del campo nel primo tempo, i biancazzurri vanno in svantaggio nella ripresa con un gollonzo di Izco, autore di un comico pallonetto su rimpallo. I siciliani restituiscono il favore con un autogol di Legrottaglie, che precede di poco il rigore di Candreva per il definitivo 2-1. Oltre al risultato, la buona notizia per la Lazio è il ritorno in campo di Klose. La cattiva è invece la prestazione di Saha, nemmeno un cugino di secondo grado dell'attaccante in forza qualche stagione fa al Manchester United.

Sull'altra sponda del Tevere, la Roma fa un tuffo nel passato zemaniano cedendo per 2-0 sul campo del moribondo Palermo. Come al solito in casa rosanero ci pensa Miccoli, autore di un assist e un gol. Poca cosa la reazione dei giallorossi, evidentemente ancora sbronzi dopo i festeggiamenti per i record infranti dall'imperatore Totti, che questa settimana ha festeggiato i 20 anni in serie A.

L'incontro della giornata è però quella dell'altro posticipo. All'olimpico di Torino il Napoli supera i granata con un rocambolesco 5-3, fatto di rimonte e controrimonte. L'ex di turno, Dzemaili, mette a segno addirittura una tripletta. Al primo gol, una fucilata da fuori, risponde il redivivo Barreto. Prima dell'intervallo c'è il tempo di vedere il rigore di Hamsik, parato alla grande dal sempre sottovalutato portiere belga Gillet. La seconda frazione è un thriller. Ancora Dzemaili, poi rimonta granata in quattro minuti con il rigore di Jonathas e lo slalom di Meggiorini. Poi ancora Dzemaili. Infine la doppietta del ritrovato Cavani, che da buon matador spegne la resistenza del Toro.

Per la zona champions si deve registrare poi lo stop inatteso della Fiorentina, che torna da Cagliari sconfitta per 2-1. Le strategie calibrate di Montella stavolta non funzionano: i viola sbagliano un fuorigioco semplice e consentono il primo gol di Pinilla, che poco dopo raddoppia su rigore. Bella ma inutile la giravolta vincente di Cuadrado.

In fatto di estetica, però, il gol di giornata è sicuramente quello di Amauri, che mette il sigillo sul 3-0 del Parma con il Pescara. Sul finale l'ex attaccante juventino si produce in un gesto tecnico alla Vialli: stop di petto ad alzare il pallone e rovesciata. Anche troppo per gli inermi abruzzesi, che continuano la loro sconsolata processione verso la B.

La noia ha regnato sovrana in altri due scontri di centro classifica. Udinese-Bologna e Atalanta-Sampdoria si chiudono entrambe sullo 0-0. L'unica vera notizia è il rigore sbagliato da Sua Maestà del Friuli Totò Di Natale. Spettacolo e polemiche invece fra Genoa e Siena, che pareggiano 2-2. Sorvolando sul solito rissone che a un certo punto della partita va in scena a Marassi, è da segnalare la prestazione di Emeghara - lo "Svizzero d'Ebano", per dirla con i senesi - anche ieri in gol.




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La notizia più interessante di questa 29esima giornata di Campionato la forniscono gli dèi del meteo. A pochi giorni dalla primavera, nel Nordovest si respirava aria natalizia: il "manto nevoso" d'invernale memoria ha condizionato i posticipi di Inter e Lazio, reduci dalle sfide Uefa di giovedì. Ai nerazzurri sarà concesso qualche giorno in più per recuperare dai 180 minuti gloriosi ma inutili contro il Tottenham, visto che la partita con la Samp è stata rinviata ai primi di aprile, causa bufera. I biancocelesti, invece, hanno messo un altro tassello al loro crollo verticale in serie A, sconfitti per 1-0 dal Torino su un campo buono per il biathlon.

Nell'altra partita della serata, la Roma si è sbarazzata del Parma con un secco 2-0, e soprattutto con un Totti in versione highlander che ha continuato a dispensare perle di talento assoluto. Il capitano giallorosso è diventato il secondo marcatore di sempre in Campionato, dopo aver segnato su punizione al 25' del secondo tempo il 226esimo gol della carriera. Il Pupone ha staccato così Gunnar Nordahl, lanciandosi all'inseguimento del re dei goleador italiani di tutti i tempi, Silvio Piola, che di gol ne ha realizzati 274.

Quanto alle posizioni di testa, nulla è cambiato. Hanno vinto tutte le grandi, e questo significa soprattutto che la Juventus ha sempre più lo scudetto in pugno, quando ormai mancano nove giornate al sipario finale. Per qualche ora i bianconeri hanno perfino assaporato la distanza siderale di 12 punti dall'inseguitrice più vicina, il Napoli. Sabato sera gli uomini di Conte hanno regolato il Bologna con un 2-0 di ordinaria amministrazione, propiziato dai momenti d'ispirazione di Vucinic e Marchisio, entrambi autori di un assist e una rete.

Ieri pomeriggio gli azzurri hanno ristabilito la distanza di nove punti dalla capolista tornando a vincere al San Paolo. La resurrezione partenopea è legata a doppio filo a quella del suo bomber, Edinson Cavani, che si è destato dopo sei turni di torpore mettendo a segno addirittura una doppietta. L'Atalanta è uscita comunque a testa altissima dallo stadio napoletano, dopo aver costretto gli avversari a un rocambolesco 3-2 (decisivo Pandev al 36esimo della ripresa, dopo il gol dell'ex firmato Denis e l'auto-segnatura da Paperissima di Cannavaro jr.).

Altro spettacolare 3-2 di giornata è quello andato in scena al Franchi, dove la Fiorentina ha faticato non poco a far arrendere il coriaceo Genoa, capace di rimontare lo svantaggio per ben due volte. L'espulsione di Bertolacci ha però spento le velleità degli ospiti e i viola hanno strappato tre punti fondamentali in ottica Champions.

Il Milan, pur favorito da un paio di scelte arbitrali quantomeno dubbie nel primo tempo (fenomeno che si ripete con una certa regolarità di settimana in settimana), si è dimostrato superiore al Palermo e ha messo in cascina un'altra vittoria importantissima nella corsa all'Europa. A decidere la sfida, ancora una volta, è stato Mario Balotelli, autore di un gol per tempo. La pochezza della squadra siciliana ha pienamente giustificato l'ultimo posto in classifica, con buona pace dell'esoneratore compulsivo Zamparini.

Chi invece continua a dimostrare qualcosa in più di quanto fosse lecito aspettarsi è il Catania, che sogna (giustamente) l'Europa League. Certo, l'Udinese non è nemmeno lontana parente della squadra brillante ammirata nelle passate stagioni, ma annientarla non è cosa da tutti i giorni all'ombra dell'Etna. I rossoblu si sono scatenati nella ripresa, portandosi sul 3-0. Punteggio reso meno amaro per i friulani dal gol della bandiera firmato Muriel, centravanti dal talento intermittente.

Chiudiamo in mestizia con le due sfide di coda, avare di emozioni e francamente anche prive dell'agonismo necessario a chi lotta per la salvezza. A Siena, forse con la tesa al Montepaschi, vince la noia dello 0-0: il Cagliari, già virtualmente salvo, si accontenta, mentre i toscani sembrano più che altro rassegnati alla retrocessione.

Stesso discorso per il Pescara, che nemmeno ieri è riuscito a non perdere, battuto in casa da un Chievo tutt'altro che frizzante. I pochi momenti palpitanti sono arrivati negli ultimi dieci minuti, quando la coppia Stoian-Thereau ha regalato ai veronesi tre punti d'oro per rimanere a galla.

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Per non vincere questo Campionato la Juventus dovrebbe sottoporsi a una qualche forma di suicidio assistito. A 10 giornate dalla chiusura dei giochi, i bianconeri mettono a segno uno scatto probabilmente decisivo, portandosi a 9 punti di distanza dal Napoli. Lo “spread” tra la capolista e le inseguitrici non è mai stato così ampio dall'inizio della stagione e a questo punto sembra davvero incolmabile, anche perché lo scontro diretto fra la Vecchia Signora e gli azzurri è ormai alle spalle.

Nell’occasione la squadra di Conte non ha certo brillato, eppure è riuscita ad avere ragione di un Catania a tratti eroico. Lo ha fatto con una discreta dose di fortuna, riuscendo a segnare il gol decisivo soltanto in pieno recupero, in mischia, nientemeno che con Giaccherini. Non esattamente il top player tanto sospirato nei mesi scorsi.

Da parte sua il Napoli, dopo aver gettato al vento diverse occasioni di riaccendere la corsa allo scudetto, ieri sembra aver definitivamente alzato bandiera bianca. La resa è arrivata sul campo del Chievo, spesso mortifero per le grandi in cerca di riscatto. Un 2-0 che non lascia spazio a recriminazioni, tanto più che ormai gli undici di Mazzarri non possono più usare nemmeno la carta dell'Europa League per giustificare i passi falsi in Campionato.

Un alibi che invece torna ancora utile a Inter e Lazio, entrambe impegnate all'estero giovedì scorso. I nerazzurri, dopo esser stati schiantati 3-0 dal Tottenham a White Hart Lane, ieri hanno ceduto anche di fronte al ben più modesto Bologna. Per di più in casa. Il Gareth Bale della situazione è stato il senatore Alberto Gilardino, che da posizione dubbia ha insaccato il gol partita su assist del migliore in campo, Diego Perez.

Senza nulla togliere alla solidità del Bologna, è certo che i problemi dell'Inter vadano ben oltre la stanchezza fisica. Il dramma è soprattutto a centrocampo:  Stankovic è lontanissimo da una condizione minimamente accettabile, Schelotto ricorda per disorientamento il buon vecchio Van Der Meyde e Benassi (classe '94) non è ancora pronto per questi livelli. Gargano recupera qualche pallone, ma il fatto che si facciano tirare a lui le punizioni dal limite la dice lunga sulla logica che è in campo.

Un discorso simile vale anche per la Lazio, reduce da una giornata di gloria a Stoccarda e ieri vittima di una splendida Fiorentina, uscita vincitrice per 0-2 dall'Olimpico senza nemmeno faticare troppo. Borja Valero, signore assoluto del centrocampo, ha propiziato l'1-0 di Jovetic, mentre il raddoppio è stato un capolavoro di strategia montelliana. Come Wellington sul campo di battaglia, il tecnico viola prepara il calci da fermo nei minimi dettagli: una serie di blocchi e controblocchi in barriera hanno ingannato Marchetti (colpevole dei soliti passettini verso il palo sbagliato), trasformando in un colpo mortale la punizione non indimenticabile di Ljajic.

Ora la Fiorentina dice di puntare al terzo posto, e a giudicare dal gioco espresso ieri l'obiettivo è credibile. Bisognerà però fare i conti con un Milan che continua la sua netta risalita e può contare su un attacco a dir poco ispirato: il fenomeno della stagione sembrava El Shaarawy, ma anche Pazzini e Balotelli attraversano un periodo di grande forma. I loro due gol, uno per tempo, hanno regolato il Genoa, che però ancora recrimina (giustamente) per due rigori non concessi.  Il Milan, come sempre, utilizza la raccolta differenziata per i favori arbitrali.

Quanto alla Roma, la cura Andreazzoli sembra aver perso un po' della sua efficacia a Udine (1-1), dove a tratti si è rivista l'inconcludenza della squadra zemaniana, le poemiche sulla sostituzione di Totti e i gol sbagliati da Osvaldo. E anche lo Stekelenburg dei tempi bui, quello che si fa passare i palloni sotto le gambe.  Per il Palermo, invece, la novità è che va diretto verso la retrocessione, mentre la consuetudine è che Zamparini si appresta a cambiare allenatore.           



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Apertura d’obbligo con omaggio a Francesco Totti, che con il rigore trasformato di ieri ha raggiunto i 225 gol in serie A, raggiungendo Nordhal, non proprio uno qualunque, e portandosi al secondo posto della classifica dei marcatori nel campionato italiano. Non è chiaro quanto Totti potrà continuare ma un campionato giocato a questi livelli di corsa e di realizzazioni non lo si vedeva da qualche anno.

Le chiavi di lettura, premessa la classe immensa del giocatore, sono certamente l'essere tornato a fare il centravanti e, forse, proprio aver curato la preparazione (pesantissima) con Zeman, dal momento che la capacità di corsa e di tenuta atletica del fuoriclasse giallorosso è decisamente superiore a quella degli anni passati. La Roma continua ad essere, soprattutto, Francesco Totti e, fin quando sarà in grado di giocare a questi livelli, un bel pezzo di classifica sarà garantito.

Fatta la doverosa premessa, va detto che si è giocata una ventisettesima giornata tutto sommato con poche sorprese. I risultati di Juventus-Napoli e Milan-Lazio erano in qualche modo prevedibili, così come la vittoria della Fiorentina e quella della Roma. L’unica sorpresa, viste i rispettivi ruolini di marcia delle ultime dieci giornate, è stata la rimonta vincente dell’Inter al Massimino di Catania. Sotto di due gol alla fine del primo tempo, la squadra nerazzurra ha saputo invertire completamente la gara, portandosi prima in parità e poi superando i ragazzi di Pulvirenti.

Uno straordinario Palacio (due gol fatti personalmente e un altro grazie ad un suo assist), certo, ma anche una correzione robusta dell’impianto della squadra da parte di Stramaccioni hanno permesso la “remuntada”. Proprio gli errori di valutazione del tecnico avevano proposto un attacco con una punta, Rocchi, visibilmente non più in grado di giocare in serie A; la rinuncia a Kovacic e Stankovic aveva denunciato la scarsa fiducia in una centrocampo tecnico in favore di uno più muscolare e, conseguentemente, un baricentro della squadra basso, sempre tutti dietro la linea della palla.

D’altra parte difficile che la squadra accettasse di sbilanciarsi all’attacco quando si capisce che non nutre nessuna fiducia nell’ex giocatore laziale. E’ la seconda partita consecutiva che Stramaccioni – pure castigato dal mercato folle di Branca e dalla sequela di infortuni e squalifiche – sbaglia clamorosamente nelle scelte iniziali e non è detto che sarà sempre possibile correggere in corsa. Al momento, comunque, l’incerottata squadra di Moratti ha recuperato i punti sulla Lazio, utili a cercare di sognare ancora il terzo posto finale.

Proprio la Lazio, invece, sembra non aver più benzina e l’arbitraggio assai discutibile di Rizzoli non ha certo aiutato. La tendenza all’aiutino verso il Milan non cessa e aver costretto la Lazio in dieci uomini per oltre un’ora è certamente stata una delle chiavi decisive per l’esito della partita.

Ma detto questo, non si possono non vedere comunque i limiti della Lazio nelle ultime partite e la facilità con la quale subisce gol dopo aver fatto un girone d’andata con una difesa tra le migliori del campionato. Il mancato rafforzamento sul mercato di Gennaio sta rendendo impossibile un turn-over che sarebbe necessario per dare modo anche di rifiatare a chi ha tirato la carretta per tutto il girone d’andata. Lo stesso Petkovic non sembra lucido come nella prima parte del torneo ma è pur vero che quando le soluzioni alternative mancano la tendenza all’errore si amplifica.

Risale la Roma, grazie ad una ritrovata serenità interna che ha reso di nuovo Stekelemburg protagonista e all’arbitraggio scandaloso di Gervasoni, che umilia il Genoa. Un rigore per la Roma che sblocca il risultato assolutamente inventato e l’espulsione del migliore in campo dei grifoni accompagnate dall’espulsione di Ballardini (assolutamente immotivata visto che stava dicendo ai suoi di mettere la palla fuori causa infortunio di un giocatore della Roma) sono stati l’emblema di una direzione di gara pessima. Tra l’altro, l’espulsione di Kucka impedirà al Genoa di schierarlo contro il Milan; saranno felici a Milanello.

La Fiorentina ha avuto ragione del Chievo con due gol straordinari, così come due gesti tecnici straordinari hanno firmato la vittoria del Bologna sul Cagliari. Vittoria in trasferta dell’Udinese sul Pescara, che sta decidendo in queste ore di esonerare l’allenatore Bergodi a affidato la squadra a Bucchi. Un suggerimento ce l’avremmo: c’è un grande allenatore che conosce squadra e città, è boemo e attualmente disoccupato. Non converrebbe farci un pensierino? Una telefonata, a volte, allunga la serie A.

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Nella giornata spezzatino, dove le partite importantissime che riguardano Juventus, Lazio e Fiorentina si giocano il lunedì, l’unica vincente appare Sky, che con i soldi dei diritti televisivi si è di fatto sostituita alla Lega calcio nella programmazione degli eventi sportivi, la cui collocazione si deve ormai unicamente all’ascolto potenziale e all’inserzionista pubblicitario.

Nelle gare già disputate, quella più importante è stata certamente il derby di Milano. Che è finito in parità per merito (o colpa) di Stramaccioni, che ha regalato ad Allegri l’intero primo tempo, mandando in campo una squadra talmente sconclusionata dal porre seriamente la domanda: per l’allenatore romano è questione d’esperienza o di dipendenza?  Crede davvero alle scelte che fa o non può fare diversamente per ragioni interne? Decidere di giocare 72 ore dopo la trasferta in Romania con Zanetti, Cambiasso, Cassano e Alvarez, significa accontentare il blocco storico dello spogliatoio (la famosa esperienza) ma opporre la staticità assoluta al movimento, cosa buona per gli scacchi e pessima per il calcio. L’aveva già sperimentata a Firenze ma, non pago dell’errore, ha deciso di intestardirsi.

Si è quindi visto il miglior giocatore dell’Inter (Guarin) sulla fascia, cioè dove proprio non sa giocare e Cambiasso al centro del campo dove non riesce ad arrivare ormai su nessun pallone. Spostare Guarin sulla fascia ha comportato tre conseguenze: offrire serenità all’impostazione del gioco per vie centrali dei rossoneri, spingerli ad utilizzare la loro fascia sinistra come fosse Disneyland e mettere Zanetti in balìa delle sovrapposizioni milaniste. Quando Abate e De Sciglio sembrano Maicon e Bale, qualcosa non funziona; quando per capirlo a Stramaccioni necessitano 45 minuti di gioco, significa che quello che non funziona è lui.

Prova ne sia che non appena sono stati inseriti i cambi e, con essi, modificato l’assetto tattico, la partita è cambiata e, fosse durata ancora dieci minuti, viste le condizioni boccheggianti del Milan, probabilmente l’Inter se la sarebbe aggiudicata, pur non meritandolo. Non è questione di stanchezza del Milan, che a differenza dell’Inter ha una squadra più giovane, non ha fatto pesanti trasferte in settimana e che ha riposato un giorno in più. E’ questione di sistemazione in campo ed energie dinamiche. Se al Milan, che incassa gol a ripetizione su palle da fermo e su contropiede ti limiti ad aspettarlo davanti alla difesa, bene che ti va è che non perdi.

L’unico giocatore che poteva cambiare passo all’Inter era Kovacic, chi poteva costruire regia difensiva era Kuzmanovic, l’unico che poteva mettere geometrie e polmoni era Benassi, ma tutti e tre erano in panchina per fare spazio alla carica dei trentacinquenni. Cambiasso può giocare una partita a settimana, non tre, e solo da trequartista (suo antico ruolo nel Real Madrid); perché non ha la corsa per coprire trenta metri di campo, mentre ha la tecnica e i tempi d’inserimento in area che ancora ne fanno un ottimo giocatore. Esporlo all’umiliazione di avversari che gli sfrecciano intorno e che lo saltano come un birillo non è giusto né per il campione che è stato, né per la squadra che paga il prezzo dell’incapacità di corsa sua e di Cassano.

Allegri non può lamentarsi troppo del suo Milan che non ha saputo capitalizzare con un bottino di gol quanto prodotto nei primi 45: un Handanovic a livelli stratosferici è l’unica spiegazione. Gli strafalcioni dell’allenatore nerazzurro lo hanno certo agevolato nel ridisegnare la squadra in cinque minuti, scegliendo di proporre la fascia sinistra per attaccare l’Inter. Cross dalle fasce e penetrazioni per vie centrali non hanno avuto lo stesso esito perché centralmente Gargano, Ranocchia e Juan Jesus sono clienti difficili, mentre sulle due fasce, i mai protetti Zanetti e Nagatomo erano come il burro.

Il Milan ha dato tutto quello che aveva da dare, compreso un miracolo di Abbiati su Guarin, e se nei primi 45 minuti non ha chiuso il match è anche perché Balotelli, come è sempre stato, scompare dal campo quando più c’è bisogno. Certo, la partita contro la squadra che l’ha lanciato e alla quale ha risposto con maleducazione sportiva (beccandosi poi qualche sonoro ceffone) non era la più semplice dal punto di vista psicologico ed è anche vero che Juan Jesus non soffre certo il fisico, ma resta il fatto che si è mangiato due occasioni straordinarie e non è riuscito a evitare i gestacci contro la curva interista che lo fischiava. Insomma, doveva essere l’uomo derby ma è scomparso presto dalla gara. Domanda: perché le squadre con le quali gioca Balotelli brindano quando arriva e brindano due volte quando se ne va?

La Roma espugna Bergamo grazie a una buona dose di fortuna sul gol decisivo, ma meritando comunque i tre punti, ottenuti grazie al rientro nella “normalità” che il suo nuovo allenatore ha imposto. Giocatori schierati nei loro ruoli, maggiore copertura tattica del campo e migliore attenzione nella manovra sono i tre aspetti che Andreazzoli ha saputo affrontare, mentre ancora non riesce a migliorare una fase difensiva che è costata ai giallorossi diversi punti in classifica. La Roma, infatti, che per organico non è inferiore ad altre squadre meglio piazzate nella zona alta, è vittima proprio delle incertezze del reparto arretrato. Se Andreazzoli saprà porre rimedio anche a questo aspetto, il finale di campionato potrebbe proporre una squadra molto più protagonista nella corsa alle posizioni dove si guadagna l’Europa.

La realtà del Catania ormai supera le migliori aspettative. La vittoria di ieri sul campo del Parma e soprattutto la sua posizione in classifica (42 punti) sono il frutto di una squadra dove la ricostruzione voluta da Pulvirenti è stata un esempio di programmazione che in molti dovrebbero seguire. Simeone cominciò il lavoro, Montella lo proseguì e Maran sta completando e ottimizzando.

Ben altra situazione si vive a Palermo, dove il pareggio casalingo contro il Genoa ha comportato l’esonero di Malesani e il ritorno di Gasperini, che proprio da Malesani era stato sostituito. Dal momento che il denaro è l’unico dio dei laici, Gasperini tornerà, rimandando la dignità personale al contratto che comunque lo vincola. Ci piacerebbe sentire il tecnico piemontese dire che preferisce rescindere che tornare dopo esser stato umiliato, ma sarebbe, appunto, pretendere troppo.

In fondo, un calcio malato come quello italiano non può certo avere in Gasperini il medico. La girandola infinita di Zamparini, presidente incompetente tecnicamente, incontinente verbalmente e incapace managerialmente, sta creando le condizioni per la discesa in serie B della squadra e l’unica vera soluzione ai guai dei rosanero sarebbe proprio l’esonero di Zamparini a firma di Zamparini. Sempre per restare nel mondo delle illusioni.


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