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Il Campionato riapre i battenti e la squadra più convincente è la stessa che ha condotto il mercato estivo di maggior prestigio: il Napoli. E' questa la vera notizia della prima giornata, perché finalmente la Juventus potrebbe aver trovato una rivale agguerrita lungo la strada che porta allo scudetto. Intendiamoci, la Vecchia Signora sembra avere ancora qualcosa in più, se non altro nell'abitudine a vincere (confermata dall'1-0 inflitto sabato alla Samp, con gol all'esordio di Tevez), ma l'entusiasmo agostano dei tifosi partenopei potrebbe non essere infondato.
La squadra di Benitez annichilisce al San Paolo un Bologna in veste di vittima sacrificale. Lo fa con un 3-0 firmato da uno strepitoso Hamsik, autore di una doppietta con un gol per tempo. Ad aprire le marcature è però il nuovo arrivo Callejon, che festeggia con un diagonale vincente il suo esordio. La domanda più importante rimane però senza risposta: Higuain è in grado di non far rimpiangere Cavani? Presto per dirlo. L'argentino gioca solo uno spezzone e l'intesa con i compagni pare ancora in fase di rodaggio. L'impressione è che i sogni di gloria napoletani passino in buona parte dalle aspettative riposte nei piedi dell'ex madrilista.
Nel pomeriggio anche l'Inter risponde presente al primo appello della stagione, ma con una prestazione che denuncia tutti i limiti della rosa a disposizione di Mazzarri. Il 2-0 inferto al Genoa sul campo di San Siro è figlio di un tap-in sotto porta di Nagatomo e di un bel diagonale di Palacio nel finale. Bella l'intesa fra le due ali, con il tanto bistrattato Jonathan che per una volta non si fa urlare dietro e piazza perfino l'assist per il primo gol. Convincono anche Guarin, potente come al solito, e il giovane Icardi, che non sembra intimorito dal nuovo palcoscenico milanese. I problemi sono sempre al centro: Cambiasso festeggia le 400 presenze, ma il peso degli anni si sente. Kovacic è un fenomeno, ma ancora forse troppo acerbo perché gli si carichi un peso eccessivo sulle spalle.
Nonostante i tanti dubbi estivi e le ripetute contestazioni della curva, nemmeno la Roma stecca la prima e torna da Torino con in tasca i tre punti. Il primo gol contro i granata è di Daniele De Rossi, uomo simbolo a un tempo della squadra e dei malumori in Curva Sud. Capitan Futuro (come lo chiamavano i tifosi ai tempi del vero amore) si sblocca con una rete delle sue: gran botta a fil di palo da distanza siderale. Un buon inizio, visto che nello scorso Campionato il centrocampista della nazionale era rimasto a secco per tutto l'anno. Il gol della sicurezza arriva invece da Florenzi, abile e preciso con il diagonale di sinistro che chiude la partita. Non ha certo il talento di De Rossi, ma ormai il futuro è decisamente più dalla sua parte. Alla sagra delle vittorie d'avvio si unisce anche la Lazio, autrice di una partita bifronte e fortunata contro la mai doma Udinese. I biancazzurri spadroneggiano in lungo e in largo nel primo tempo, chiuso sul 2-0 grazie a una prodezza di Hernanez (azione personale con due uomini in marcatura conclusa da una bordata sotto la traversa) e al rigore di Candreva.
Nella ripresa però gli uomini di Petkovic mollano la presa. L'Udinese riapre i giochi con gol in campo aperto di Muriel (delizioso il pallonetto su Marchetti) e sfiora a più riprese il pareggio, che però non arriva. I friulani forse non hanno più lo smalto di un tempo a centrocampo e in difesa, ma il carattere è ancora intatto. Alla Lazio manca invece la reazione delle grandi nei momenti di sofferenza, oltre a un attaccante in grado di buttarla dentro quando Klose è in giornata no.
L'unica delle squadre di prima fascia a cadere nella trappola della prima giornata è il Milan, che sabato rimedia una magra figura sul campo del neopromosso Verona. Chi spera di assistere a uno show dei giovani talenti rossoneri rimane deluso: tutta la gloria va al senatore Luca Toni, che con l'ennesima maglia della sua carriera firma l'ennesima doppietta e permette ai suoi di rimontare la rete iniziale di Poli.
Completano il quadro del turno d'esordio altre tre partite. La più bella è Cagliari-Atalanta, vinta dai sardi 2-1 in rimonta. La zuccata di Stendardo non basta ai bergamaschi, che subiscono prima il pareggio di Nainggolan, freddo a piazzare nell'angolino dopo una magia di Sau sulla destra, poi il gol vittoria firmato dall'uruguaiano Cabrera, alla prima rete in A.
Esordio alla camomilla invece per le due gialloblù, Parma e Chievo, che non vanno oltre uno scialbo 0-0. Il Torino, infine, dà il primo dispiacere calcistico dell'anno a Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, battendo il suo Sassuolo per 2-0. Un gol per tempo: apre Brighi, chiude Cerci, che dalla fascia destra rientra sul sinistro e mette a segno un gol da grande ala. E forse anche da campione mancato.
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E' una coincidenza bizzarra, ma a trionfare in questo weekend di finali sono state le due squadre che hanno eliminato la Juventus dalle rispettive competizioni. Il Bayern Monaco, che sabato si è aggiudicato la Champions League superando 2-1 il Borussia Dortmund, e la Lazio, vincitrice ieri della sua sesta Coppa Italia grazie all'1-0 inferto ai cugini della Roma.
Si tratta, purtroppo, di una nota che potrà appassionare solo i fan dell'occulto. Già, perché sotto qualsiasi altro punto di vista le due partite del fine settimana hanno marcato nel modo più evidente la distanza che corre fra il nostro calcio e quello delle vere grandi d'Europa.
Che il derby capitolino non sarebbe stato una bella partita era ampiamente prevedibile. Non lo è mai: troppa tensione, troppa rivalità sul piano personale anziché sportivo. Ieri però c'era davvero un surplus d'angoscia a pesare sui piedi dei giocatori. Era uno scontro storico, che valeva quattro: non solo la supremazia cittadina e la Coppa Italia, ma anche la qualificazione alla prossima Europa League (obiettivo mancato in Campionato da entrambe le squadre) e la possibilità di disputare in estate la finale di Supercoppa Italiana contro la Juve.
Il primo tempo è a dir poco rigido, stracolmo di falli e ammonizioni. Nella ripresa prevale invece la stanchezza, con le formazioni visibilmente allungate, divise in due da una voragine a centrocampo. A decidere la gara è Senad Lulic, che insacca a porta vuota un cross dell'instancabile Candreva (come sempre il migliore dei suoi) dopo un goffo e fallimentare tentativo di respinta da parte di Lobont e Marquinhos.
Nella mezz'ora finale abbondano le praterie e il nervosismo, ma l'unica vera occasione della Roma è su una punizione di per sé non irresistibile di Totti. Marchetti valuta male la traiettoria, ma in qualche modo si salva, anche grazie all'aiuto della traversa. Negli ultimi minuti Mauri ha l'occasione di raddoppiare, ma gli capita sul destro, che non è davvero il suo piede. Alla fine è comunque un trionfo per i biancocelesti, che in novanta minuti salvano una stagione altrimenti deludente. Sull'altra sponda del Tevere si apre invece un periodo di ristrutturazione che presumibilmente inizierà dalla panchina, con l'esonero di Andreazzoli. Difficile comprendere le sostituzioni di ieri: Osvaldo solo per una manciata di minuti, poi Dodò a completare il disastro.Tutt'altra storia invece l'altro (vero) big match del weekend. Bayern e Borussia non esprimono a Wembley il loro miglior calcio, ma onorano comunque la finale di Champions con un gioco veloce, fatto di grande talento e di un agonismo non eccessivo.
Alla fine i bavaresi si scrollano di dosso la nomea dei perdenti di lusso. Eppure, nel primo tempo, sembra proprio che la partita sia indirizzata sui soliti binari, con Robben che si ritrova per ben due volte solo davanti al portiere avversario, ma non riesce a insaccare. A mezzo mondo tornano in mente due episodi: la finale dei Mondiali del 2010, quando l'olandese fallì una clamorosa occasione davanti a Casillas, consentendo poi alla Spagna di trionfare 1-0 ai supplementari; e la finale di Champions dell'anno scorso, quando il povero Arjen sbagliò clamorosamente un rigore, aprendo la strada alla vittoria del Chelsea.
Stavolta però gli dei del calcio decidono che è tempo di gloria anche per il Bayern. E a decidere il match è proprio quell'aletta olandese non esattamente glaciale sottoporta. Quel ragazzo dalla corsa velocissima e un po' sbilenca, che non crossa mai dal fondo, ma rientra sempre e comunque sul sinistro. Basta una mezzoretta a Robben per entrare nella storia del suo club: prima offre a Mandžuki? un cioccolatino da spingere in porta per l'1-0, poi, dopo il pareggio su rigore (cristallino) di Gundogan, è lui stesso a piazzare il gol vittoria. Lo fa a pochi minuti dalla fine, con un inserimento prepotente e agile, propiziato da un assist di tacco rocambolesco di Ribery. L'ultimo tocco è un piatto (sinistro) vagamente incerto. Ma, per una volta, vincente.
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Il Milan doveva andare in Champions League, non importa come. Un po' come l'Imu, che secondo il patròn Silvio Berlusconi va abolita (in quel caso non si sa come...). Sul campo da calcio a fare le spese della legge di Arcore è il già retrocesso Siena, l'ultimo ostacolo fra i rossoneri e l'obiettivo minimo della stagione. I toscani lottano come leoni e chiudono perfino in vantaggio il primo tempo. A Firenze intanto i viola archiviano la pratica Pescara in una mezzoretta (5-1 il risultato finale) e incollano l'orecchio alla radiolina per sentire se ai cugini senesi riesce l'impresa. Niente da fare.
Negli ultimi 10 minuti il Milan ribalta il risultato: il pareggio arriva con un rigore inventato e trasformato da Balotelli, il secondo gol con un rocambolesco doppio tiro di Mexes nell'area piccola. Ma è quel penalty a lasciare con molte perplessità. L'attaccante rossonero viene strattonato, eppure cade quando ormai la sua maglia non si muove più. Pensa anche di sottolineare il tutto con urlo straziante. Se quello è rigore, gli arbitri ne dovrebbero assegnare una mezza dozzina a partita. Prova ne sia che nel primo tempo si era verificato un episodio dello stesso tipo (ma ancor più evidente) a favore del Siena, per mano di Ambrosini. Naturalmente in quel caso l'arbitro - posizionato a tre metri - ha lasciato correre.
A staccare il biglietto per l'Europa League insieme alla Fiorentina è l'Udinese, che travolge a San Siro un'Inter sempre più malconcia. Di Natale & Company trafiggono lo scolapasta della difesa nerazzurra per ben cinque volte. Inutile dire che il gol più bello è firmato da capitan Totò: una pennellata a giro da fuori area. Commovente. Il risultato finale è 5-2.L'ultimo posto disponibile per l'Europa sarà assegnato la settimana prossima nella finale di Coppa Italia. A contenderselo saranno le due squadre capitoline, che ieri hanno dimostrato due stati di forma ben diversi. La Roma ha scavalcato la Lazio al sesto posto superando 2-1 in casa un Napoli ormai appagato: il gol di Cavani serve solo a mettere la ciliegina sulla torta del capocannoniere di quest'anno. La vittoria va ai giallorossi grazie alla bomba di Marquinho e alla rete del figliol prodigo Mattia Destro.
Sull'altra sponda del Tevere, la Lazio chiude il girone di ritorno come lo ha condotto per la maggior parte degli ultimi mesi, ovvero perdendo. E' probabile che le notizie in arrivo da Milano demoralizzino gli uomini di Petkovic, attenti piuttosto a preservarsi per il derby di fine stagione. Ma i biancazzurri non tirano mai in porta e a un quarto d'ora dalla fine si dimenticano incredibilmente nell'area piccola l'agguerritissimo Dossena, che insacca con facilità di testa.
Alla classifica non servono di certo, ma i gol più belli dell'ultima giornata di Campionato si vedono sul campo del Palermo, già certo di giocare in B l'anno prossimo. A segnarli, purtroppo per i rosanero, è il Parma, che in appena sette minuti si inventa tre perle. La prima con uno schema che ricorda un gol di Zidane in finale di Champions: Gobbi spara al volo sotto l'incrocio da fuori area dopo un passaggio al millimetro su punizione. La seconda con Valdes che sbeffeggia i difensori avversari e dal vertice dell'area la piazza a giro sull'angolo alto opposto. La terza con un contropiede in velocità concluso di potenza da Belfodil. Ai palermitani non resta che cercare di consolarsi di quest'annata da incubo con l'ultima gemma su punizione del loro eroe, Fabrizio Miccoli. Alla fine è 3-1.
Quanto alle altre partite, Torino e Cagliari si impegnano fino all'ultimo e danno vita a una partita davvero combattuta, malgrado le due formazioni avessero esaurito gli obiettivi. Stesso discorso per Atalanta e Chievo. Entrambe le partite si sono chiuse 2-2. Meno emozioni fra Genoa e Bologna, protagoniste del solito 0-0 di fine maggio.
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Europa League e Champions League: si decide tutto negli ultimi 90 minuti. Contro la Roma il Milan spreca l'opportunità di chiudere la pratica terzo posto e lascia una minima speranza di gloria alla Fiorentina. Il posticipo a San Siro si chiude 0-0, coni padroni di casa che per l'occasione sfoggiano una divisa simile alla celebre tutina dorata di Michael Jackson. La partita è condizionata dall'espulsione folle rimediata nel primo tempo da Muntari: strattonare l'arbitro per un polso dopo essere stati ammoniti non è mai una buona idea. Si vince il secondo giallo.
I rossoneri ci provano comunque, ma non riescono a sfondare. El Shaarawi non è più quello d'inizio stagione, Balotelli gioca troppo largo, Boateng forse è distratto dall'invenzione del prossimo look. Molto meglio la difesa, che disinnesca sistematicamente i tentativi giallorossi, peraltro poco organizzati. I capitolini recriminano per un presunto rigore su La Mela, atterrato in area da Constant, ma devono incassare anche l'espulsione di Totti per una gomitata a Mexes.
Ora la Fiorentina, vittoriosa per 1-0 contro il retrocesso Palermo, è a sole due lunghezze dal Milan, che sarà costretto a vincere l'ultima partita, perché in caso di arrivo in parità passerebbero i viola in virtù degli scontri diretti. I rossoneri dovranno vedersela in trasferta con il Siena. Non esattamente una missione impossibile.
Insieme a alla lotta per la Champions, rimane aperta anche quella per l'Europa League. In lizza per il quinto posto rimangono a questo punto solo Udinese e Lazio, visto che la Roma nel migliore dei casi può sperare di agganciare o scavalcare soltanto i cugini.In testa a quota 63 punti ci sono i friulani, che non sbagliano più un colpo e da un paio di mesi a questa parte non fanno che accatastare vittorie. Quella arrivata ieri è la settima consecutiva, ma vale forse ancor più delle precedenti. Non certo per la caratura dell'avversario (un'Atalanta ormai senza obiettivi), ma perché arrivata in rimonta: un 2-1 firmato ancora una volta da Totò Di Natale, autore dell'ennesima doppietta. Da segnalare in particolare il primo gol, segnato con un tocco d'esterno delizioso.
All'Udinese risponde la Lazio, che superando 2-0 in casa una Sampdoria già salva vince la terza partita di fila dopo mesi di crisi nera e mantiene a due le distanze di svantaggio dai bianconeri. I capitolini segnano con Floccari dopo 10 e minuti e con un cucchiaio su rigore di Candreva al 90esimo. In mezzo tanta noia, di quella che solitamente popola le partite italiche di fine stagione, quando la tensione agonistica va in ferie qualche settimana prima dei calciatori.
Qualcosa di simile accade anche fra Genoa e Inter, che non vanno oltre uno scialbo 0-0. Il risultato fa la fortuna solo dei liguri, ormai certi di giocare in serie A anche l'anno prossimo. I nerazzurri invece mettono il timbro finale sulla loro esclusione dall'Europa, ormai sfumata anche secondo l'aritmetica.
Non che faccia una grande differenza, ma gli interisti devono anche sopportare il sorpasso del Catania. I siciliani scalzano i milanesi dall'ottavo posto, superandoli di un punto grazie alla vittoria facile-facile contro il povero Pescara, sempre più umiliato e offeso da questo Campionato. Alla fine è 1-0. Per i rossoblù, autori di un girone di ritorno eroico, stavolta arriva il massimo risultato con il minimo sforzo.
In testa alla classifica, dove ormai i giochi sono fatti, è da segnalare il pareggio della Juventus contro il Cagliari (1-1). La Vecchia Signora non ha più motivo di sudare eccessivamente sul campo. E si accontenta. Valeva la pena di comprare il biglietto solo per ammirare la straripante potenza fisica di Ibarbo, autore del primo gol al termine di una progressione in stile aratro. Poi ci Vucinic con un tap in a rimettere in ordine le cose per i Campioni d'Italia.
Onora fino in fondo questa stagione il Napoli, che supera un pur generoso Siena impegnandosi fino all'ultimo secondo. Proprio allo scadere Hamsik segna il definitivo 2-1, completando la rimonta degli azzurri. Ormai certi del secondo posto, ai napoletani non rimane che festeggiare la rete numero 103 di Cavani con la maglia partenopea: è il terzo miglior marcatore di sempre al pari di Vojak (103 gol), dietro solo a Sallustro (111) e Maradona (115).
Per quanto riguarda le altre partite di bassa classifica, il Bologna rialza la testa dopo i 9 gol imbarcati nelle scorse due giornate (6 dalla Lazio e 3 dal Napoli), battendo 2-0 fuori casa un Parma volenteroso ma inconcludente. Pareggio alla camomilla fra Torino e Chievo, 1-1.
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Certo, il Napoi è matematicamente in Champions e la cosa riempie di gioia i tifosi partenopei, ma il piazzamento europeo dei partenopei non era mai sembrato in discussione. E così in questo Campionato l'unica corsa a regalare ancora emozioni è quella per l'Europa League. E la notizia della terzultima giornata di Campionato è che l'Inter non fa più parte della gara. I nerazzurri - falcidiati dagli infortuni nelle ultime settimane - vengono sconfitti 3-1 in casa dalla Lazio, che non vinceva a San Siro da 15 anni. Una partita folle, certamente la più emozionante di ieri. Le occasioni da gol saranno state un centinaio, a causa soprattutto di due difese inguardabili. Ma gli attaccanti, nonostante i 4 gol, non erano affatto ispirati.
A fare la differenza è stata più che altro la sorte: l'1-0 biancoceleste arriva su un pasticcio fra Handanovic e Ranocchia, poi Alvarez pareggia carambolando la palla sulla testa di Radu. I nerazzurri incassano gli infortuni di altri due difensori (Jonathan e Ranocchia), ma davanti sbagliano di tutto. La Lazio raddoppia su rigore con Hernanes. Sempre dal dischetto, l'Inter avrebbe l'occasione di pareggiare, ma Alvares scivola al momento del tiro. Il 3-1 è un missile inverosimile del giovanissimo nigeriano Onazi, al primo gol in serie A.
I nerazzurri rimangono così a 53 punti, mentre i biancocelesti agganciano a quota 58 la Roma, sconfitta martedì all'Olimpico per 1-0 dal Chievo, che quest'anno si salva in grande stile. Due punti davanti alle capitoline rimane l'Udinese, che contro il Palermo - nonostante un insolito errore dagli 11 metri di Totò Di Natale - vince la sesta partita consecutiva (3-2), condannando i rosanero a una serie B ormai certa, a meno di miracoli.
Retrocessione a un passo anche per il Siena, battuto 1-0 dalla Fiorentina. I viola inseguono ancora il sogno Champions (la matematica ancora non li condanna), ma con ogni probabilità saranno la prima squadra a qualificarsi per l'Europa League. Lasciando gli altri due posti alla contesa fra romani e friulani: tre squadre in due punti, altri sei a disposizione.
Nelle prime posizioni festeggia il Napoli, che dopo il 3-0 rifilato al Bologna è aritmeticamente certo del secondo posto, che significa evitare i fastidiosissimi preliminari e poter inaugurare una campagna estiva da grande squadra. La Juve, già campione d'Italia, supera di misura l'Atalanta con un bel gol di Matri ispirato dal solito lancio telecomandato di Pirlo e si spinge fino a 87 punti. Ma la partita sarà ricordata probabilmente solo per il lancio di fumogeni.
Il Milan invece supera in agilità il Pescara (4-0) e mantiene quei preziosi 4 punti di distanza sulla Fiorentina che con ogni probabilità gli consentiranno l'anno prossimo di tornare nell'Europa dei grandi. Con la doppietta di ieri, Balotelli arriva a 11 gol in altrettante partite con la maglia rossonera.
Quanto a Torino e Genoa, hanno dato vita a un classico (e poco decoroso) esempio di partite di fine stagione all'italiana: uno 0-0 all'insegna del "volemose bene" che di fatto garantisce ad entrambe la permanenza in A.
Quanto alle posizioni di centro classifica, è da registrare la vittoria esterna del Parma (1-0 a Cagliari) e il pareggio a non farsi del male fra Sampdoria e Catania.