di Fabrizio Casari

Neppure un pareggio e nemmeno una sorpresa al rientro del campionato. Trentuno gol realizzati, come nell’ultima giornata del 2011. Saranno state le ferie o le diverse quantità e qualità di panettone e champagne, ma tutto è cominciato nel migliore dei modi per le grandi, che hanno schiantato le piccole. Ad eccezione della Lazio, che ha rimediato quattro sberle dal Siena, infatti, la parte sinistra della classifica ha sostanzialmente avuto ragione di quella destra. Idem per quanto riguarda la vetta della classifica, dove tra Juventus e Milan continua a giocarsi la sfida per il primato, con l’Udinese pronta ad approfittare di ogni eventuale passo falso delle due.

La Roma prosegue la sua scia di vittorie e mostra di aver compreso gli aggiustamenti in corsa proposti da Luis Enrique. Non è chiaro, al momento, quale sarà il destino di De Rossi, ma è chiaro invece quanto il rientro di Totti cambi il valore complessivo della squadra. E’ vero che solo la dimensione del collettivo fa vincere o perdere, ma quando i fuoriclasse sono in campo o no ne risente proprio il collettivo.

La Juventus e il Milan, come detto, vincono, anche se la Juventus fatica parecchio. Le viene negato comunque un rigore su Vucinic che era solare, mentre ai rossoneri ne viene dato uno assai discutibibile. Come al solito, insomma. Il Napoli torna anch'egli ristabilito nel fisico e nel morale e sgomina il Palermo nel posticipo. Ritornano a vincere la Fiorentina, il Cagliari e il Bologna, che ne avevano davvero bisogno, così come avrà bisogno la Lazio di un serio esame su cosa non funziona.

L’unico elemento di novità, ad ora, è rappresentato dall’Inter, che in dieci partite è passata da quart’ultima a quarta. I nerazzurri hanno raccolto otto vittorie nelle ultime nove partite con le ultime due che hanno visto un attivo nei gol di nove fatti e zero subìti. Le cinque vittorie consecutive fanno ricordare agli statistici il record di Mourinho nel campionato 2009-10, ma le similitudini, per ora, si fermano qui. Domenica sera, infatti, sarà derby milanese e l’Inter è chiamata a confermare quanto sta emergendo in ordine a qualità del gioco e tenuta fisica. Troppo tenero il Parma di sabato per scambiare le lucciole di una goleada per le lanterne di una rincorsa scudetto.

Perché il distacco dalle prime tre dei nerazzurri fino ad ora è stato anche determinato dall’aver perso con Juventus, Milan e Udinese gli scontri diretti fin qui giocati. La verità è che le tre in testa corrono troppo e dunque, per quanto i Ranieri-boys possano continuare con il rullo compressore, le distanze restano difficili da colmare. Ma certo che l’Inter dell’aggiustatore Ranieri sembra cosa molto diversa da quella del periodo Gasperini e l’impressione è che il Milan dovrà giocare una gara attenta e senza errori per avere la meglio sui nerazzurri, che hanno riscoperto Milito e scoperto Alvarez e che hanno in Sneijder e Forlan, al rientro, due armi niente male.

Insieme al derby sul campo ce n’è un altro in corso nel calciomercato e riguarda Tevez. La proposta del Milan è rifiutata dal Manchester City ma ha il placet del giocatore; quella dell’Inter piace alla società inglese ma non vede ancora l’adesione di Tevez. Particolarmente irritante è parso allo sceicco Mansour il tour mediatico di Galliani che ha si è portato il fotografo per farsi ritrarre attovagliato con il campione argentino: la società inglese ricorda che Tevez è un tesserato del Manchester City e che quindi, oltre ad un mancato fair-play del Milan, c’è anche una questione di sostanza che si chiama possesso del cartellino.

Se il Manchester City non darà l’ok, Tevez potrà al massimo palleggiare nel giardino dello sceicco. L’Inter, al contrario, ha scelto la strada della relazione con la società inglese, proponendo l’acquisto a rate del cartellino di Tevez e la cosa ha convinto Mansour e, probabilmente, potrebbe convincere anche Tevez.

Come che vada a finire, la vicenda segna comunque una sconfitta per Galliani: perché nel caso dovesse riuscire a portare il campione argentino al Milan (per via dell’intromissione dell’Inter nella trattativa) dovrà farlo comunque con una formula molto più onerosa di quella alla quale aveva pensato e la cosa, in tempi di fair-play finanziario, non è indifferente. Nel caso in cui invece l’Inter soffiasse il giocatore, la figuraccia di Galliani diverrebbe epocale.

Il Milan ha poco di cui lamentarsi: non solo agisce ai limiti della scorrettezza, ma pensare di andare sul mercato solo a debiti futuri, rilevando campioni con promesse, favori e cambiali, non può sempre andar bene, così come andrebbe evitato, rischio boomerang, un eccessivo strombazzare delle sue trombe mediatiche che dicono quanto sia intelligente Galliani e quanto siano dei pirla gli altri. Ad ogni modo, chi avrà Tevez sarà costretto ad una cessione importante: Pato o Snejider?

Ma nella domenica pallonara delle mancate sorprese ci sono due cose che è bello sottolineare: gli applausi del pubblico di Palermo al gol dell’ex Cavani e quelli del pubblico di Novara al gol di Jovetic. Un calcio che apprezza le giocate di due campioni, anche se avversari, é quello di cui il sistema avrebbe bisogno. Se gli spalti degli stadi diventano luoghi di rispetto e apprezzamento del bel gioco, il calcio può tornare ad essere uno spettacolo per tutti.

 

di Fabrizio Casari

Tra l’ennesimo scandalo scommesse e l’ennesimo mercato di riparazione, torna nelle sale il film del campionato. Ma per il mese di gennaio, più che le partite sui campi saranno decisive quelle sui tavoli, dove procuratori e direttori generali disputeranno match duri e senza esclusione di colpi. Per ora i trasferimenti più importanti li hanno messo a segno il Napoli, con l’acquisto dell’attaccante cileno Vargas e la Juventus, che ha preso a prezzo di un giovane primavera l’attaccante Borriello dalla Roma, cui potrebbe aggiungersi Pizarro, che sarebbe un’utile alternativa a Pirlo.

Chiarissimo l’obiettivo della Juventus, davvero incomprensibile quello della Roma, che sta concretamente rischiando di veder andar via anche De Rossi, se non ora a Giugno. Ad ogni modo, ci sono ancora 25 giorni di mercato invernale che, per volume di movimentazione di denaro e numero di calciatori trattati, da qualche anno sembra essere diventato più importante di quello estivo. Gli obiettivi sono diversi: in generale c’è il tentativo di riportare il monte spese delle società di calcio alla sostenibilità, riducendo costi con cessioni e prestiti di organici e spalmature di debiti.

Non solo e non tanto per la ormai prossima entrata in vigore del fair-play finanziario, quanto perché le società di calcio italiane continuano ad essere tenute in mano da presidenti che, sempre più, si chiedono se il ritorno d’immagine per loro e per le loro aziende vale il costo che assumono nella gestione delle squadre. Il gap con l'Europa é fortissimo. Si deve tener conto che Gran Bretagna, Spagna, Francia e Russia, dove sceicchi e oligarchi del petrolio investono somme enormi per costruire squadre d’eccellenza assoluta, a tenerli a bada ci sono società come Real Madrid e Barcellona, che sono costituite da capitali collettivi e non da singoli portafogli. In Italia, invece, non ci sono sceicchi e nemmeno società collettive di capitali e i Moratti, i Berlusconi, i Della Valle, i De Laurentis, i Pozzo e Zamparini (pur nelle loro differenze, ovvio) non dispongono di capitali privati di valore tale da mettere in discussione il predominio finanziario di sceicchi e affini. Dunque, almeno sul piano europeo, la partita è impari.

E ad aggravare il quadro, l’Italia si trova con le sue principali squadre nel mezzo di una transizione che è tutta da costruire, almeno in qualche caso. Le più titolate, come Inter e Milan, hanno infatti un problema comune: svecchiare le rispettive rose, fatte da campioni costosi e consumati e cominciare a costruire il futuro. Già, ma quale futuro? Programmare una squadra che deve vincere nel giro di uno o due anni significa puntare su giocatori tra i ventisei e i ventotto anni: giovani ma già esperti, campioni rodati nella capacità di tenuta dello stress tecnico, fisico e psicologico e che puntano ai traguardi alti della carriera. Costano tanto, spesso tantissimo, sono pochi e non è facile portarli in Italia.

Se invece si tratta di un futuro disegnato sui prossimi tre o quattro anni, allora qualcosa è già stato fatto, particolarmente dall’Inter, che ha ingaggiato una buona linea verde tra i quali spiccano Alvarez, Castanois, Ranocchia, Viviano, Poli, Faraoni, Caldirola, Coutinho, Obi. Il Milan, invece, al momento dispone solo di El Shaharawi, Antonini e Abate. Certo, se poi ci si chiede quanto questi giocatori siano in grado di forgiare squadre in grado di prevalere in Italia e in Europa, i punti interrogativi diventano enormi, per usare un eufemismo.

Dunque, due strade diverse: o integrare i Thiago Silva, Pato, Robinho, Mexes e Boateng con campioni come loro e migliori di loro (e quindi spalancare il portafoglio) per vincere nei prossimi uno o due anni, oppure spendere meno ma rimandare i trionfi di un triennio. Idem per l’Inter: o insieme a Snejider, Pazzini, Maicon e Motta arrivano tre o quattro campionissimi, e si tenta di proporre una nuova corazzata per vincere entro uno o due anni, oppure alla lista di giovani talenti si fanno aggiunte di valore benché giovani e si lavora a medio termine.

Per la Roma l’operazione di rinnovamento non pare volare con il vento in poppa. Sebbene gli acquisti di Lamela, Bojan e Pianjc siano stati certamente azzeccati, la cessione di Borriello (e forse, come si diceva, quelle di Pizarro e De Rossi) sembrano più il preludio di una dismissione generale che non la volontà di ricostruire dalle fondamenta. Evidentemente la Roma non ha la necessità di vincere subito, ma dismettere i migliori, avendo Totti che potrà giocare al suo livello al massimo un altro paio d’anni, rende la situazione davvero delicata. Il sospetto che i costi e il loro contenimento incidano più di quanto si ammetta a Trigoria, é forte.

E se la questione della competitività europea per motivi diversi non riguarda Udinese, Palermo, Fiorentina e Lazio, il Napoli ha invece intrapreso una strada interessante. L’acquisto di Vargas e - sembra - il prossimo ingaggio di un difensore ad alto livello (si parla di Chivu, cui l’Inter non rinnoverà il contratto) costituiscono mattoni solidi per la costruzione di una squadra che comincia a denunciare ambizioni europee prima ancora che italiane. Un bel calcio, un ambiente straordinario e una buona rosa non saranno però sufficienti: altre robuste aperture di portafogli saranno necessarie per De Laurentis per consentirgli il passaggio dal ruolo di provinciale di lusso a protagonista assoluta. E ben altro clima cittadino sotto il profilo della sicurezza devono garantire: difficile che miliardari mondani accettino di restare a casa per paura di essere assaliti per la strada.

Certo, le italiane si sono tutte qualificate in Europa, con l'Inter addirittura prima nel girone, mentre le inglesi hanno visto cadere teste cotonate e roboanti. Ma trattasi di elemento episodico: il confronto dell'Italia nel suo complesso con l’Europa, la capacità di competere per organici e gioco resterà ancora una chimera. Basti pensare che i nomi dei grandi giocatori per questo scorcio di mercato: per un Tevez che potrebbe arrivare non è il caso di entusiasmarsi; non vale nemmeno la metà di quello che costa e i problemi che porta sono superiori al numero di gol che realizza. Per quelli in uscita tutt'altro dioscorso: i fuoriclasse veri - Pato, Snejider, De Rossi - sembrano in partenza, trattati da club inglesi, francesi e spagnoli. Seguono il destino già scelto da Pastore, Sanchez e Balotelli. Idem per gli allenatori: dopo Capello, Mancini e Spalletti, anche Ancelotti è tornato all’estero. C’è poco da stare allegri: i migliori vanno dove si vince tanto e si guadagna di più. I valori di appartenenza e i sacrifici nel calcio sono solo per i gonzi.

 

di Fabrizio Casari

C’è chi dice che le cose migliori si vedono alla fine e, almeno oggi, è difficile dargli torto. E’ stato infatti il posticipo serale la parte più godibile della sedicesima giornata. Due gli incontri ed entrambi di livello: quello del San Paolo, che opponeva il Napoli alla Roma, e quello dell’Olimpico, che metteva contro Udinese e Lazio. La Roma è andata a vincere per 3 a 1 su un Napoli che, quando esce Lavezzi, perde la sua quota migliore. La squadra di Mazzarri ha sì avuto una buona partita da Cavani, ma ha mostrato idee annebbiate e gambe pesanti.

La Roma, che ha disputato la migliore partita di questa prima parte di campionato, sembra aver rinunciato alla mania del possesso palla sterile per tornare ad una maggiore solidità, soprattutto a centrocampo, e Totti, De Rossi e Osvaldo hanno dettato la musica giallorossa. La cosiddetta “vecchia guardia” ha mostrato quindi di saper ancora mordere e il mix con i giovani ha funzionato bene. I giallorossi rientrano così nella prima parte della classifica e se non riparte la solita esaltazione fuori luogo, il risultato di Napoli può essere un momento di svolta per la squadra di Luis Enrique.

All’Olimpico si è vista una bella partita, con un’ottima Lazio che non è però riuscita ad andare oltre il pareggio, grazie anche ad un’Udinese che non ha mai mollato e che, quando ha trovato Di Natale, ha subito ricordato a tutti quanto sia pericolosa. Con questo pareggio i bianconeri hanno agganciato il Milan al secondo posto, a due punti dalla Juve e con altrettanti di vantaggio su una Lazio che avrebbe meritato qualcosa in più. Gli uomini di Reja hanno fatto la partita, ma è Pinzi, l’ex di turno, a decidere il 2-2 finale La squadra di Reja resta comunque quarta in classifica, posizione più che dignitosa.

Il vertice della classifica è comunque ancora questione tra Juventus e Milan. I bianconeri si sono disfatti del Novara senza grande difficoltà. La squadra di Tesser non è mai stata in grado di opporre particolare resistenza, meno che mai di provare ad invertire il pronostico. Conte si è detto poco soddisfatto, ma il campo ha espresso un verdetto addirittura limitato, vista la sproporzione della gara. E il fatto che il Novara abbia rischiato di far male in qualche circostanza non deve far dimenticare con quale e quanta facilità la Juventus poteva segnare.

Il Milan, che ha battuto il Siena, prima della vittoria juventina era tornato per 24 ore in testa alla classifica. Come ormai consuetudine, arrivano i gol di Nocerino e il rigore regalato. La partita, va detto, non ha mai avuto storia, visto anche un possesso palla del Milan vicino al 70%; ben altra compagine  dei toscani sarebbe servita per sfruttare i rimanenti minuti di possesso in termini di occasioni da gol. Ma quello dei penalty inventati a favore dei rossoneri sembra ormai un appuntamento fisso del campionato, medicina politica per sostenere una squadra che, a ben vedere, di regali non dovrebbe avere bisogno.

Illuminante l’imbarazzo di Allegri davanti alle immagini della simulazione di Boateng: il tecnico milanista si affanna a convincere più se stesso che chi vede, senza però che il teatrino di Sky tenti di fare il mestiere d’informare. Ma di regalo in regalo è così che si sommano punti e non si vede andar via gli avversari ed è così che Ibrahimovic conquista la vetta della classifica dei cannonieri. La vittima designata di ieri è stato il Siena, d’altra parte mai accreditato come possibile protagonista di risultato diverso contro la corazzata di Galliani.

L’Inter, per la prima volta in questo campionato, entra in zona Champions. Il successo contro il Cesena porta a tre le vittorie consecutive dei nerazzurri, con la difesa imbattuta da tre giornate e un gol solo subìto nelle ultime cinque. L’Inter deve fare punti e li fa, dovrebbe aumentare la velocità ma non può, dovrebbe giocare bene ma non ci riesce. Il sintetico di Cesena, poi, non ha certo favorito le trame di passaggi a centrocampo, con errori continuati. Ma avere due mancini al centro ha sbocchi obbligati per il gioco e Zanetti, che é straordinario quando gioca dietro ma viene risucchiato quando è schierato a centrocampo, non aiuta certo a far fluire il gioco.

Zanetti, Cambiasso e Thiago Motta sono la carta d’identità di una squadra che gioca a ritmi bassissimi e che vince solo con la classe e l’esperienza, i nervi e il cuore, ma non straccia più gli avversari come sapeva. Magari Poli (che usa i due piedi) potrebbe proporre freschezza e variazioni nella circolazione e nella difesa della palla e forse un po’ di riposo a Pazzini e Milito non sarebbe una cattiva idea, visto che non c’è verso che la buttino dentro.

Tra Fiorentina e Atalanta, invece la noia iniziale e diventata suspance finale, con la viola che ha agguantato un pareggio a tre minuti dalla fine. Una partita che sembrava essersi messa bene per la squadra di Delio Rossi, dopo che era andata in vantaggio con Gilardino dall’ottavo minuto. Ma circa mezz’ora dopo veniva raggiunta da Masiello e verso la fine del secondo tempo subiva anche il vantaggio dei bergamaschi con il solito Denis. Solo un acuto del suo fuoriclasse Jovetic ha impedito una sconfitta tra le mura amiche.

Resta la sensazione che il cambio di panchina non abbia poi giovato molto alla squadra: cinque partite in cinque punti dicono che Delio Rossi non sembra aver scoperto la formula giusta per ottenere prestazioni e risultati all’altezza delle ambizioni della famiglia Della Valle. Che dovrà però prima o poi riflettere bene sulla differenza che passa tra gli investimenti che si fanno e le ambizioni che si hanno.

Vince il Catania il derby contro il Palermo. I ragazzi di Montella battono 2-0 quelli di Mangia e agganciano momentaneamente in classifica il Genoa a 21 punti. Al Massimino decidono una punizione straordinaria di Lodi e il gol su rigore di Maxi Lopez, che poi si commuove salutando i suoi tifosi. Per l'attaccante argentino si fanno sempre più insistenti le voci di un suo addio a gennaio. Destinazione? Milan.

Un rocambolesco pareggio con sei gol ha segnato la partita più divertente della giornata tra Parma e Lecce, che proprio dell’Inter saranno le prossime avversarie. Una doppietta di Di Michele, uno dei quali spettacolari (in rovesciata volante). Due gol arrivano negli ultimi sette minuti di gioco, l’ultimo di questi addirittura al quinto minuto di recupero. Boskov avrebbe giustamente ricordato il suo mantra: “Partita finisce quando arbitro fischia”.

di Fabrizio Casari

Ranieri sostiene che non è il caso di parlare di partita della svolta e forse ha ragione. Ma il fatto è che l’Inter ritrova la vittoria tra le mura amiche del Meazza, infliggendo un 2 a 0 alla Fiorentina: un risultato che solo gli errori clamorosi di Muntari e di Pazzini non hanno reso più rotondo. Il rientro di Maicon e del concretissimo Lucio al centro della difesa hanno certamente infuso sicurezza alla squadra di Ranieri e l’ottima prova del giovane Faraoni, insieme alle buone cose fatte vedere da Nagatomo e Coutinho, hanno fornito una buona amalgama tra vecchi e giovani.

Soprattutto, Ranieri ha avuto la saggezza di schierare un modulo che offre molte più garanzie di tenuta con minor corsa, con Motta a dare ordine alle trame offensive e Cambiasso a interdire. Ancora presto per parlare di svolta, ma essere passati dal lato sinistro della classifica, per la prima volta quest’anno, non può che far bene ai nerazzurri, che comunque aspettano il rientro di Snejder e Forlan, con i quali il tasso tecnico della squadra e la sua imprevedibilità cresceranno decisamente.

La Fiorentina è stata invece poco più che uno sparring-partner: apparsa da subito come una squadra priva di senso logico e a cortissimo di idee su come arrivare alla porta avversaria, ha dimostrato tutte le sue lacune sia in fase di costruzione del gioco che nell’assetto difensivo, la cui sbadataggine ha permesso i due gol interisti e altre diverse azioni da rete non concretizzate. Va bene, mancavano Jovetic e Montolivo, ma dall’altra parte non c’erano Snejder, Forlan, Zanetti, Chivu e Stankovic. La mano di Rossi, insomma, ancora non si è vista, sperano a Firenze, ma il rischio è che i miracoli li facciano solo i santi e non gli allenatori. Vuoi vedere che non era proprio tutta colpa di Mijhailovic?

L’Udinese vince (ma ormai non fa più notizia) e convince. La squadra di Guidolin, che in attesa di Roma-Juventus di stasera si gode la solitaria testa della classifica, si sbarazza anche del Chievo, che pure gioca una buona gara. Sanchez, Inler, Zapata: chi erano costoro? Ceduti i tre assi, l’Udinese gioca come e meglio di prima. Quando arriverà il momento di riconoscere che Guidolin è il migliore tecnico italiano?

Non è andata bene la prima di Serse Sosmi sulla panchina del Lecce. I salentini, puniti nel rush finale, non hanno certo demeritato, sia tatticamente che tecnicamente e avrebbero decisamente meritato almeno un pareggio; ma nel calcio non vince sempre chi gioca meglio e avere o no Klose in squadra fa la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Il bomber tedesco, infatti, ha realizzato una doppietta e un assist che sono valse la vittoria della squadra di Reja. Parla poco e non scrive libri il Miro di Germania, ma in classifica cannonieri si trova allo stesso posto del chiacchierone Ibra, con otto gol segnati.

Ad ogni modo la Lazio ha dimostrato di avere il piglio della grande squadra, quelle che riescono a vincere anche quando non lo meritano del tutto e che, anche quando il gioco non gira bene, riescono a ribaltare il passivo grazie alle giocate individuali dei loro campioni. Con queste vittorie non arrivano solo i tre punti, pur importantissimi, ma anche iniezioni di autostima e consapevolezza dei propri mezzi, arnesi indispensabili nella bottega dei vincenti.

Contro il miglior Bologna di quest'anno, il Milan ottiene solo un pareggio e l’arbitro Rocchi torna protagonista con le sue sviste clamorose, negando un rigore al Bologna per una evidentissima deviazione di mano di Seedorf nella sua area mentre ne assegna uno assai dubbio al Milan per fallo su Ibrahimovic. Che, non contento, ne chiede un altro senza storia. Lo stesso Allegri, nel dopo partita, dirà che Ibra “si è buttato”.

Del resto, dopo non aver concesso il rigore contro Seedorf fischiarne un altro ancor meno evidente contro il Bologna avrebbe comportato seri problemi di gestione della gara. Ma la sfacciataggine con la quale Seedorf continua a sostenere che il suo fallo di mano non c’era meriterebbe due rigori e non uno solo. Quando si riceve un regalo o si ringrazia o si tace. Il Milan farebbe bene a chiedersi il perché di tanti errori; l'assenza di Robinho pesa così tanto?

Il Napoli, evidentemente scarico per le fatiche di coppa, pareggia sul sintetico di Novara solo grazie ad un tiro di Dzemaili che interviene a seguito di un clamoroso liscio di Hamsik. Non è stato il miglior Napoli ed è invece sceso in campo un ottimo Novara che, fra le squadre in zona salvezza, appare quella meglio organizzata. Il Genoa torna a vincere e lo fa in trasferta, con una prova tutta cuore e corsa che salva la panchina di Malesani, che traballava non poco. Pareggio ricco di emozioni tra Atalanta e Catania come tra Cagliari e Parma, con quest’ultima che rischia di perdere Giovinco per diverse settimane. Ma le due partite hanno anche fornito un piccolo festival delle occasioni mancate, che forse verranno rimpiante ancor più nei prossimi mesi.

di Fabrizio Casari

E’ durato lo spazio di poche ore il primato del Milan. La vittoria schiacciante della Juventus a Cesena e dell’Udinese sull’Inter hanno riportato l’ordine delle prime alla settimana precedente. A Genova, dove il Milan ha vinto per due a zero contro il Genoa, il fumo dei lacrimogeni è stata l’unica cosa poco chiara del match, dal momento che sarebbe servita ben altra squadra per rendere incerto un risultato scontato. I rossoneri hanno fatto il minimo sindacale e la difficoltà più grande è stata quella di trovare il modo di scardinare la retroguardia rossoblù. Una volta risolto il problema, non c’è stata storia. Il Milan, del resto, costruisce gioco e finalizza come pochi e i 13 gol in 15 partite giocate segnati da Ibrahimovic, non spiegano perché tante manovre intorno a Tevez. Perché se pure Ibra fa vincere solo in Italia, Tevez non potrà giocare in Champions, quindi l’affare sarebbe tale solo per il City che si toglierebbe una rogna non da poco.

La Juventus ha schiacciato il Cesena, come previsto. Il risultato poteva essere più largo, vista la partita, ma avrebbe dovuto essere più stretto, visto l’arbitro, che ha pensato di porre la sua personalissima firma sul rigore inventato a favore della Juve. Non ce n’era bisogno ma, come tutti i regali, arrivano inaspettati. Resta comunque il fatto che la squadra di Conte continua a offrire prestazioni ad alta velocità e a scrollarsi dalle spalle tutti gli avversari.

Un altro regalo, pur se meno evidente, è stato gentilmente offerto alla Fiorentina. Un pacco doppio, che ha comportato un rigore con relativo vantaggio dei viola e l’espulsione di Juan, unico vero difensore di razza della Roma. Ha perso seccamente la squadra di Luis Enrique, che è rimasta in otto a giocarsi gli ultimi minuti. Ma la partita della Roma è stata comunque al di sotto della sufficienza, mentre la Fiorentina comincia a vedere sul campo quanto pesi la mano di Delio Rossi. I giallorossi sembrano essersi persi, vittime di confusione tattica e scarso equilibrio in campo. Quando i terzini si chiamano Cicinho e Taddei, significa che i centrali e il portiere dovrebbero chiamarsi tutti Superman per non farsi superare dagli attaccanti. Qualcuno dirà che si é sentita la mancanza di Osvaldo, ma la verità é che si sente la mancanza di logica.

Il calcio, alla fine, non é così esposto a creatività prive di raziocinio. Ci sono due fasi, tre zone e due fasce, non c'é molto da inventare che non sia già stato messo in mostra. Contano gli attori e il regista per fare un buon film, ma se non c'é un copione, se il regista non sa come inquadrare e non sa cosa chiedere alla recitazione, é difficile che gli attori diventino protagonisti. La panchina di Luis Enrique sembra non sia in discussione, ma è difficile pensare che ulteriori rovesci lascino le cose come stanno. Tra tensioni interne e prestazioni sul campo, la Roma sta affrontando la sua vera prima crisi della nuova gestione. Totti, sia in campo sia nello spogliatoio, manca molto più di quello che società e allenatore pensavano.

La sconfitta dell’Inter a Milano, contro l’Udinese, racconta invece cose già risapute ma sulle quali ci si deve soffermare. Non ci sarebbe niente di strano a perdere contro l’Udinese, che è una squadra di assoluto valore: velocissima, con tecnica individuale e di gruppo, con contropiedisti micidiali e polmoni senza fine. Non è un caso che si trova seconda in classifica. Ma la sconfitta dell’Inter è grave per quello che ha evidenziato. Una squadra senza gioco, a ritmi da dopolavoro estivo, con una confusione tattica che Ranieri ha ulteriormente incrementato con le sostituzioni sbagliate, rendendo la squadra più esposta al vigore fisico dei friuliani e priva di equilibrio.

Né Coutinho, né Castagnois, né Obi cambiano una squadra, ma con loro almeno corre, con le vecchie glorie cammina. L’Inter è esaurita: tra giocatori troppo sopravvalutati nel presente (Alvarez) e grandi campioni ormai solo del passato, le sue punte sono visibilmente fuori forma (Zarate e Pazzini) o ormai letteralmente bollite (Milito). A questo si aggiungono le assenze di Maicon, Snejder e Lucio (oltre a Forlan) che sono proprio i motori della costruzione del gioco e della sua finalizzazione. Il rientro degli infortunati, va detto, non è poi detto sia sufficiente, vista la capacità dell’Inter di riproporre infortuni a catena.

Ranieri doveva normalizzare, ma non riesce a trovare la forza di fare a meno delle vecchie glorie e tantomeno a dare un gioco, che del resto non è mai stato il suo forte. Troppo preoccupato di sistemare la squadra in funzione degli avversari, non vede che la sua squadra sa giocare solo con il modulo proposto da Mourinho e alterna moduli che generano confusione e incertezza. Il primo errore è quello di non capire che Thiago Motta tra il centrocampo e le punte è straordinariamente efficace, mentre davanti alla difesa è controproducente, rallentando ogni manovra e non filtrando come dovrebbe. Ma in generale, dovrebbe avere la forza di puntare sui giovani con tre o quattro “storici” in affiancamento, se non altro perché comincerebbe a delinearsi il primo embrione di futuro e consentirebbe alla società di capire su quali giovani puntare e su quali no.

Visto che ora i nerazzurri si trovano a pari punti con il Bologna, appena sopra la zona retrocessione, sarà bene che Ranieri cominci a tacere sui possibili obiettivi. Difficile pensare anche alle prime cinque posizioni senza che corra immediatamente ai ripari sul mercato di Gennaio, ammesso che troverà le risorse economiche per farlo. Servirebbero sei o sette acquisti dei quali almeno tre top player per rifondare una squadra gloriosa ma finita. Viste le difficoltà economiche e visto che il prossimo anno l’Inter difficilmente disputerà la Champions, piove sul bagnato.

Il Caglari sbanca Catania e tra Chievo e Atalanta si assiste ad una gara tutta fisica che finisce in parità. Il Napoli ha ripreso a correre e ha sistemato la pratica Lecce con una quaterna e Mazzarri festeggia la sua centesima vittoria in serie A. Cavani, più di chiunque altro, determina i risultati dei partenopei, che comunque non sembrano in spolvero. Mercoledì dovranno vedersela con il Villareal per superare la qualificazione in Champions e arrivare alla sosta natalizia sperando di rosicchiare almeno tre punti alle prime tre. Due obiettivi tutt'altro che semplici. 


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