di redazione

La Juventus fa la Juventus, l’Inter riprende a fare l’Inter e dal momento che Napoli e Lazio non vanno oltre il pareggio e il Milan, nonostante l’ennesimo rigore non riesce a vincere, la classifica del gruppo di testa si aggiorna. Sono modificazioni di esclusivo interesse per il terzo posto della zona Champions e per la zona Europa league, non essendo minimamente in discussione il primato bianconero, che vede la seconda (il Napoli) a meno cinque e la terza (la Lazio) a meno undici. Dunque, a meno di un improvviso o lento suicidio della squadra di Antonio Conte, la storia del campionato è già scritta per quanto attiene al capitolo sulla vittoria finale, restando ancora incerti solo i successivi piazzamenti europei e la zona retrocessione. Due le note stonate della giornata: il dito medio di Delio Rossi a Burdisso e i cori razzisti contro Balotelli della curva dell'Inter.

La vittoria della Juventus è stata netta, senza possibilità di equivoci. Si può scegliere l’angolo di visuale dal quale leggere la gara, stabilendo così se si è trattato di troppa Juve per la pur generosa Fiorentina o, viceversa, troppa inconsistenza dei viola per mettere in difficoltà i bianconeri. Ma è sembrata comunque una partita senza storia.

La Lazio può invece considerare il pareggio ottenuto contro il Napoli un’occasione persa. Sia per la possibilità di ridurre le distanze in classifica, sia per l’andamento della gara, sia perché i partenopei hanno disputato una gara al di sotto dei loro standard abituali. Anche qui si può disquisire se quest’ultimo aspetto sia stato una conseguenza della partita attenta della squadra di Petkovic o di una giornata meno brillante del solito della squadra di Mazzarri, ma essersi fatta rimontare il vantaggio sottolinea ulteriormente l’occasione mancata dalla Lazio.

Ma se una parte della tifoseria romana si rammarica, un’altra è preda dello sconforto. Ci si riferisce ovviamente ai tifosi della Roma, che hanno invano atteso una reazione positiva della squadra allenata ora da Andreazzoli. Aver esonerato Zeman, com’era facile prevedere, non solo non ha risolto i problemi di una squadra che sembra aver smarrito le coordinate del gioco e, insieme a queste, le regole interne di disciplina. Proprio di quest’ultimo aspetto si era lamentato il tecnico boemo, chiedendo alla società d’intervenire a supporto della guida tecnica. Il messaggio è stato evidentemente recepito male, dal momento che l’indisciplina è rimasta e Zeman no.

La vicenda del rigore sbagliato da Osvaldo è sintomatica: il rigorista della Roma è Francesco Totti, al quale però Osvaldo ha sottratto la possibilità di tirarlo. Il capitano della Roma, volendo giustamente evitare una lite in campo, si è rivolto alla panchina chiedendo indicazioni, ma da Andreazzoli non sono giunti ordini. Addirittura, il neo-allenatore si è detto ignaro di chi avesse precedenza nelle esecuzioni dei penalty.

Il rigore sbagliato non solo ha compromesso la possibilità dei giallorossi di rientrare in partita, ma ha ulteriormente demotivato la squadra che, con la complicità di un frastornato Stekelemburg e di una difesa inguardabile è andata incontro all’ennesima sconfitta di questo campionato. Ora c’è nella capitale chi chiede di richiamare Zeman, che però non è completamente esente da responsabilità per quanto riguarda la mancanza di tenuta atletica della squadra, dallo stesso boemo accusata di non allenarsi. Ma chi stabilisce orari, modalità e intensità degli allenamenti se non l’allenatore?

Sembra peraltro che lo stesso spogliatoio sia spaccato e, come sempre accade, proprio la mancanza di unità interna della squadra impedisce - quali che siano i valori tecnici - di capitalizzare. Dunque prima di scegliere chi allena sarà bene che la Roma scelga chi comanda, se la società o lo spogliatoio. Stabilire una flusso coerente d’intenti e persino di comunicazione tra squadra e società è il primo obbligo che spetta alla proprietà; le modalità con le quali deve avvenire - impositive o concilianti - sono questioni di metodo che va applicato a seconda del personale che si ha. Fatto questo, davvero non restano spazi di valutazione men che ovvia sulla differenza di valore tra Zeman e Andreazzoli.

Dopo la telenovela durata tre giorni su dove dovesse disputarsi la partita tra Cagliari e Milan, finalmente la sensazione di giocare troppo pesantemente a sostegno dei Berlusconi boys ha imposto la praticabilità di Is Arenas. Il Milan, chiamato a confermare quanto visto la settimana precedente, ha però proprio confermato quanto il sostegno arbitrale sia stato decisivo. Il pareggio è stato infatti ottenuto solo con un rigore a otto minuti dalla fine e l’auspicata coppia devastante El Shaarawy- Balotelli ha offerto scarso spettacolo. Certo, sulla carta i due ragazzi rappresentano una coppia fortissima, ma sarà difficile convincerli a snaturare profondamente l’istinto da prima punta in nome della collaborazione con il compagno. Balotelli ha vissuto queste difficoltà sia all’Inter che al Manchester City e l’impressione è che il ragazzo di origine egiziane, cui fino ad ora il Milan deve quasi tutti i suoi punti in classifica, trovi nella presenza di Balo un parziale problema più che una ulteriore risorsa.

El Shaarawy è infatti stato per tutti questi mesi il terminale offensivo della squadra e probabilmente poco apprezza l’idea di sfiancarsi sulla fascia per porgere a Balotelli il pallone da gol. La sovraesposizione mediatica ed elettorale che ha accompagnato l’arrivo del mononeuronico attaccante bresciano dev’essergli sembrata già abbastanza fastidiosa dal dovergli pure chiedere di alimentarla ulteriormente e tornare a fare in comprimario come lo fu con Ibrahimovic. Anche perché la qualità del fenomeno svedese e la sua media gol Balotelli può solo sognarla. Il rischio dunque, per Allegri (irriso da Berlusconi) è che il boom mediatico diventi un boomerang nello spogliatoio e in campo.

L’Inter torna a sorridere battendo nettamente il Chievo, che pure arrivava lanciato da ottime recenti prestazioni. Rispolverato il tridente pesante e la difesa a quattro, Stramaccioni ha ritrovato equilibrio grazie a Kuzmanovic utilizzato come schermo davanti alla difesa e Cambiasso a dettare ordine al centro del campo. Il risultato, viste le occasioni, è persino riduttivo: un Cassano ispirato ha però trovato una serataccia di Palacio. Buona la prestazione di Gargano, Zanetti e Nagatomo, mentre Handanovic continua a suscitare qualche perplessità sui gol che subisce e molto ancora va fatto in chiave difensiva, dove l’assenza di Samuel pesa enormemente.

L’impressione è che ora Stramaccioni abbia maggiori cambi a disposizione per permettersi un turn-over di qualità e il rientro dopo diversi mesi di assenza per infortunio di Stankovic, permetterà una varietà di soluzioni a centrocampo. Ieri intanto è stata con la Juventus l’unica squadra a godere del complesso dei risultati, portandosi a un punto dalla zona Champions. Se sia il primo atto della rinascita o una prestazione circostanziale lo si vedrà nelle prossime sfide con Fiorentina e Milan, due bocconi certo più difficili da azzannare di quanto non lo sia il Chievo di Corini.

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Versione numero uno: l'arbitro Valeri é scarso. Versione numero due: l’arbitro Valeri è perfettamente consapevole che tra poco si andrà alle urne e, a quanto visto, non è insensibile alla scadenza dove il Milan è il candidato alla colletta dei voti. L’acquisto di Balotelli, il suo esordio, la vittoria e l’aggancio dell’Inter proprio con i gol di Balotelli erano la succulenta pietanza della propaganda elettorale e Valeri non poteva rimanere insensibile a tanto sforzo. A giudicare dallo score si potrebbe accettare la versione numero uno; a giudicare da quanto successo ieri, corre l'obbligo di miscelare le due tesi. L’arbitro romano, uno dei peggiori del campionato, appare particolarmente sensibile a certi quadretti.

E così, nell’ultimo minuto della partita, decide di aiutare come poteva il cavaliere, regalando un rigore inesistente ad un Milan che non riusciva a vincere. El Shaarawy finge di esser stato colpito e Valeri si esalta, rifiutandosi persino di consultare guardialinee e arbitro di porta per paura che potessero farlo rientrare nei parametri della professione. Il Milan ottiene così l’ennesimo regalo e il campionato l’ennesimo sberleffo. Il ritorno in campo dell’utilizzatore finale non poteva vedere San Siro quale talamo del mai sopito amore tra arbitri e Milan. E non è finita qui: vedremo nelle prossime due gare, la seconda delle quali proprio il derby, uno sfoggio di favori elettorali a Berlusconi via Milan. Intanto, in assenza di par conditio, Milan quarto in classifica a pari punti con l’Inter.

La sconfitta dell’Inter a Siena si spiega sostanzialmente così: il Siena ha disputato una gara attenta e concentrata come si deve per una partita di calcio; l’Inter ha disputato una partita con un ritmo da match tra scapoli e ammogliati. Una squadra lenta, priva dell’agonismo necessario non solo per vincere, ma anche per non sfigurare.

Checché se ne dica disquisendo di tecnica o tattica (pure fondamentali) il calcio continua ad essere in primo luogo uno sport di corsa, fatto di polmoni e velocità di esecuzione, tutto ciò che all’Inter manca. Gli assenti sembrano incidere più dei presenti: senza Milito la squadra non punge, senza Cambiasso non trova ordine, senza Samuel diventa una groviera difensiva. A vederla giocare scopri che Ranocchia fa (male) il terzino, Chivu é un giocatore lento che procura danni, Zanetti passeggia inutile per il campo, Guarin è privo di energie e gioca in una posizione non congeniale, Cassano inventa due passaggi e ne spreca venti, Palacio non riesce a trovare i movimenti da prima punta, la copertura davanti alla difesa è scarsa e del tutto assente risulta la capacità di giocare tra le linee in avanti.

L’Inter non ha giocatori che s’inseriscono senza palla e nemmeno chi corre palla al piede. Priva di qualunque schema, incapace d’inventare gioco e causa infortuni da un lato e mercato assurdo dall’altro, manda in campo alcuni giocatori che non sono da Inter e altri che non sono nemmeno da serie A. Le colpe della programmazione societaria sono enormi, Branca e Ausilio fanno più danni della grandine. Prova ne sia che Stramaccioni ha una rosa spaccata in due: o giocatori agonisticamente buoni ma tecnicamente scarsi, o tecnicamente buoni ma agonisticamente scarsi. Da qui una inconsistenza tecnica e agonistica complessiva, grazie alla quale ogni avversario sembra un campione.

Se poi le viene negato un rigore netto su Cassano e subisce un gol irregolare, le cose certo non migliorano. Una rivoluzione, dunque, s’impone: Stramaccioni dovrà inventare uno schema minimo con il quale imporre il gioco e la preparazione atletica dovrà essere rivista in profondità. Assistere alle partitelle di giocatori che non hanno fondo atletico può far piacere solo ai senatori che così non sfigurano, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti: nelle ultime sette partite sono arrivati sei punti. Media da retrocessione. Allo stato attuale, la squadra di Moratti può aspirare, forse, ai preliminari di Europa League, con tutto quello che questo significa in termini di mancati introiti, oltre che ad un terzo campionato di fila post-triplete di basso profilo.

La Roma, dopo una partita orrenda, ha deciso di esonerare Zeman, considerato il primo responsabile del disastro giallorosso. Non c’è dubbio che l’integralismo tattico del boemo non ha facilitato le cose; scoprire che la squadra non sa giocare nel modo che vorrebbe, non trova comunque soluzioni alternative che consentano di trovare equilibrio. L’incapacità di cercare soluzioni per la fase difensiva si è sommata ad una isterìa nel gioco d’attacco e nel pressing che ha comportato una serie infinita di partite con un’autonomia di corsa che al massimo è durata 45 minuti. L’anarchia nello spogliatoio è stata certo frutto dell’assenza dei vertici societari e della contrapposizione tra l’allenatore e la società, ma è anche frutto dell’assenza di risultati che, ovviamente, esasperano le tensioni e riducono i margini di recupero della solidità interna.

Detto ciò, i giocatori non hanno dato la sensazione di voler difendere allenatore, maglia e ambizioni. A questo, e su questo, vanno comunque aggiunte le responsabilità di una dirigenza che non è nemmeno stata in grado di porre rimedio sul mercato di riparazione, dove semmai è incorsa in figure non meno barbine di quella fatta da Goigochea nella partita contro il Cagliari.

Il boemo ha certamente pagato per errori suoi, ma anche per una compagine assemblata per il modello di calcio di Luis Enrique, tutto il contrario di quello di Zeman, colpevole di non aver puntato i piedi immediatamente per avere in squadra chi riteneva adatto ai suoi schemi. Fine dell’illusione dunque, dell’ambizione di vincere insegnando calcio, di coniugare risultato e spettacolo. Ma la sensazione è che a conti fatti, Zeman rimane migliore di quelli che lo hanno contestato e più coerente di chi lo ha cacciato.

La Lazio si fa beffare all’ultimo minuto di una partita che comunque non avrebbe meritato di vincere. La squadra, già da alcune partite, ha dimostrato di avere una difficoltà crescente nella tenuta atletica e nella gestione della partita. Il fatto che nelle ultime 3 partite abbia collezionato tre punti (Palermo, Chievo e Genoa) racconta bene come la squadra sia stanca e l’assenza di Hernanes e Klose (in campo solo virtualmente causa dolore alla caviglia) evidenzia in maniera netta la mancanza di ricambi a disposizione di Petkovic.

Il mancato rafforzamento di una rosa che è elefantiaca per numeri ma insufficiente per qualità, rischia di rivelarsi il pezzo mancante del puzzle e le sbrasonate verbali dell’insopportabile Lotito non possono supplire alla mancanza d’investimenti.

Se la Lazio disponesse di un presidente degno di tale carica invece che di un tribuno del non senso i biancoazzurri potrebbero davvero rappresentare un’incognita per il risultato finale. Invece al momento il costo del condannato autonominatosi moralizzatore (!) la obbliga ad un ruolo minore. Napoli e Juve non mollano e se non approfitta anche del momentaccio interista, la Lazio rischia di complicarsi seriamente in cammino per la Champions. E’ in finale di Coppa Italia, certo, e proprio questa competizione potrà portare l’unico successo della stagione. Da annotare in negativo lo schifoso, criminale intervento di Matuzalem su Brocchi e come, a riprova della relativa involontarietà, lo spaccagambe brasiliano non si sia nemmeno degnato di chierede scusa. Sembra vi siano ruggini antiche tra i due e ad uno di questi evidentemente il campo é sembrato essere il palcoscenico dove regolarle. Servirebbe un'indagine dell'ufficio inchieste: se così risultasse, saremmo oltre il limite del codice penale.

Ritorna al successo la Fiorentina battendo il Parma e la Juventus riprende una marcia adeguata sconfiggendo in trasferta il Chievo. Archiviate definitivamente le storielle circa il valore aggiunto dell’allenatore tarantolato, l’assenza di Conte dalla panchina si conferma il miglior talismano per i bianconeri. Netta anche la vittoria del Napoli sul Catania, una delle squadre più in forma del campionato. La squadra di Mazzarri ricorda a tutti che la questione scudetto è affare tra Napoli e Juventus, gli altri si scannino pure per i migliori posti nel loggione.

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Alla Juventus saltano i nervi e sebbene le proteste per il mancato rigore per il fallo di mani di Granqvist siano legittime, altrettanto lo sarebbero quelle genoane per il fallo netto di mani, volontario, di Vucinic nella prima parte della partita. Hanno dato in molti in escandescenza: Bonucci e Chiellini, ma soprattutto Conte, che ha letteralmente aggredito l’arbitro Guida al termine dell’incontro. Vedremo cosa scriverà l’arbitro nel referto che consegnerà al giudice sportivo, ma intanto è bene ricordare che i precedenti non mancano: ultimo quello di Ranocchia, squalificato per due giornate perché, rientrando negli spogliatoi, avrebbe detto “vergogna”, pur senza rivolgersi a nessuno direttamente. Idem dicasi per Guarin, che pur senza aver mai incrociato l’arbitro, subì una squalifica per “comportamento aggressivo nei confronti dell’arbitro”.

Desta quindi legittima curiosità la sentenza del giudice Tosel nei confronti di Conte, che ha aggredito fisicamente e verbalmente l’arbitro Guida. Sky riferisce poi di un aggressione di Bonucci all'arbitro nel corridoio che porta agli spogliatoi e la presenza di Chiellini nella baruffa andrà esaminata. E sarà curioso vedere se Marotta, che ha palesemente accusato lo stesso arbitro di partigianeria nei confronti del Napoli, e dunque di malafede, verrà sanzionato. Il fatto che l’argomento usato per accusare l’arbitro (è originario della provincia di Napoli) sia un’idiozia, non rende meno gravi  le insinuazioni, solo rende meglio l’idea dello spessore intellettuale di Marotta. Prima Bonucci, ora Marotta, le dichiarazioni contro Napoli sembrano essere diventate il leit-motiv dei bianconeri, che evidentemente denotano una buona dose di paura per la classifica. Una squalifica pesantissima per Marotta ed una altrettanto pesante per Conte sarebbero il minimo da parte del giudice Tosel; l’entità del provvedimento servirà a stabilire la sua coerenza nel metro di giudizio per le violazioni commesse da chiunque e dagli juventini.

La propaganda Juve ha comunque cominciato a suonare il tamburo. Dapprima Andrea Agnelli, poi i commentatori fedeli e quindi quelli amici, per finire con la parziale marcia indietro dell’allenatore, con l’obiettivo di dimostrare che la Juventus vive e parla sopra le righe solo perché provocata; eccessi verbali, forse, ma motivati. Ovvio che ora la paura è quella di una pesante squalifica (che potete scommettere non ci sarà) per l’allenatore. Ma è paura ingiustificata, sia per le probabilità che la sanzione sia forte, sia perché la squadra non dovrebbe soffrirne particolarmente, dal momento che il suo ruolino di marcia con i sostituti del discusso allenatore era decisamente migliore di quello che ha avuto dopo il suo rientro. Quando era squalificato, in un eccesso di modestia l’allenatore salentino aveva definito la Juventus senza di lui “una Ferrari con le gomme a terra”.

La Roma si salva a Bologna, dove pareggia e benedice la fortuna per i due pali di Diamanti nella fase finale della partita. Come contro l’Inter, i legni suppliscono alla lacune difensive, ma non potrà essere sempre così. Intanto, la posizione di classifica è sempre meno affascinante e le tensioni tra l’allenatore e ormai una decina di giocatori e le polemiche con la società circa l’esistenza o meno di un regolamento interno rendono pesante il clima a tutte le latitudini.

Ci sono tre possibilità: o mente Zeman quando dice che manca un regolamento interno, o mente Baldini quando gli risponde che invece c’è, oppure il regolamento c’è ma nessuno lo fa rispettare. Perché risulta evidente come lo spogliatoio sia una babele, come manchi il concetto di gruppo e come la disciplina dello stesso, componente fondamentale, sia completamente assente. Sia come sia, i risultati sono fortemente deludenti e la società sembra sempre più convinta che l’esperimento del boemo sia stato fallimentare. Sarà da vedere se i saluti saranno imminenti o rinviati a Maggio, ma ci saranno sicuramente. Il prossimo anno sarà quindi un altro a sedere sulla panchina della Roma.

A proposito di crisi annunciate, l’Inter non si fa mancare niente: pareggia una partita che poteva facilmente perdere dopo essere passata in vantaggio e rende chiaro come il calcio sia ancora uno sport fatto di idee e corsa proponendo un doloroso confronto tra Ventura e Stramaccioni. L’Inter gioca a pallone, non a calcio: non ha nessuna idea di come sviluppare una trama di gioco, è priva della mobilità minima di molti dei suoi ed imbottita di mediani e terzini dal piede ruvido. Per quanto riguarda la rosa a disposizione, si deve annotare come i migliori siano ai box ormai quasi perennemente, logorati da mille battaglie e da una carta d’identità che non fa sconti, mentre i nuovi arrivati - ad eccezione di Guarin, Handanovic e Juan Jesus - sono autentici errori di mercato da imputare al suo direttore generale Branca.

Costui è l’unico capace di pagare da campioni i brocchi e vendere a prezzi da brocchi i campioni. Non c’è solo un problema di fair play finanziario, c’è proprio l’incapacità di valutare e scegliere chi serve e chi no. Capire quali siano i giocatori da Inter e quali quelli buoni per una neo-promossa non dovrebbe essere difficile, ma per Branca lo è. Spendere milioni per i Jonathan, i Rocchi, i Pereira e gli Alvarez è suicida: se non ci sono denari, meglio dar spazio alla Primavera, che possiede giovani di sicuro talento in grado di poter fare molto meglio di chi va in campo. Dovrebbe poi destare un interrogativo serio il perché l'Inter sia così falcidiata dagli infortuni; staff medico e preparatori atletici dovrebbero fornire risposte inequivocabili, a meno di non voler imputarli al "destino cinico e baro".

A questo mercato folle si aggiungono poi i limiti di Stramaccioni: una squadra che prova solo ad adattarsi all’avversario gioca per non retrocedere, non per vincere. Cambiare schemi in continuazione non produce fantasia e riposizionamenti, induce solo confusione. Schierare tre o quattro giocatori fuori ruolo non aiuta a vincere e non riuscire a disegnare una trama offensiva costante con due o tre varianti non aiuta a segnare. E nemmeno il pressing, quando c’è, viene portato con dovizia di posizioni. Spesso ci sono tre giocatori dell’Inter che pressano un solo avversario che scarica la palla sul più vicino dei suoi che se ne va nel buco lasciato dagli altri due. Insomma, l’allenatore sembra ormai avviato su una parabola simile a quella di Ranieri; se continuerà ad avallare le scelte di mercato, sarà il primo a pagarne il prezzo a Giugno.

Un’altra giornata negativa per la Fiorentina di Montella, che ha nelle incertezze dei suoi portieri e nella sterilità dei suoi attaccanti i due maggiori problemi. Aver edificato dalle macerie ed aver costruito una buona intelaiatura di squadra ha certamente rappresentato un’ottima performance, ma un centrocampo all’altezza è condizione necessaria ma non sufficiente per completare una squadra ambiziosa. Ma i Della Valle hanno ritrovato l’entusiasmo e il feeling con la difficile tifoseria e c’è da scommettere che sapranno puntellare la squadra dove serve per il prossimo anno. In questo, l’obiettivo è la conquista dell’Europa League, oggettivamente alla portata.

Per finire in bellezza, non si può non citare il Catania di Maran, semplicemente straordinario. Lo scorso anno si riteneva fosse Montella il suo valore aggiunto, quest’anno invece Maran ha dimostrato che la pur considerevole bravura del tecnico ora alla Fiorentina non era tutto. C’è invece una società che sa programmare e che capisce di calcio, che tiene i bilanci sotto controllo e sa pescare talenti in giro per il mondo, unica insieme all’Udinese nel mesto e grigio campionato italiano. Catania ha una tifoseria appassionata e competente e l’intero ambiente che circonda la squadra è sereno, scevro dalle polemiche dei cugini palermitani e capace anche di farsi rispettare nel palazzo del calcio. Vederla nella zona alta della classifica non può che procurare un sorriso di soddisfazione a chi ama il calcio.

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Alcuni ritenevano che la Juventus fosse entrata in un periodo di crisi ma, se crisi c’è stata, è durata poco. Forse sarebbe stato meglio parlare di un calo fisiologico, di alcuni passi falsi che inevitabilmente in una stagione ci sono, perché la squadra di Conte, pur priva di alcuni dei suoi uomini chiave, non ha faticato granché per asfaltare l’Udinese, grazie anche a due strepitosi gol di Pogba. Ora, pur riconoscendo che battere l’Udinese a Torino era in qualche modo previsto dai pronostici, la Juventus ha inviato un messaggio chiaro a chi insegue: i suoi rincalzi non sono meno efficaci dei titolari e ogni occasione per aumentare le distanze con chi insegue é pronta a coglierla.

Insomma si ripropone così la lettura ormai consolidata che vede i campioni d’Italia giocare un campionato a parte. Proprio le seconde linee della squadra, desiderose di mettersi in mostra e guadagnarsi una maglia da titolai, sembrano l’arma in più di Conte. La Juve si avvia così a concludere da vincente il campionato e ciò non solo per la forza della compagine bianconera, ma anche per i deficit oggettivi delle inseguitrici. Perché la lepre può anche avere qualche inciampo, ma se i cacciatori sono così scarsi sarà difficile che la prendano.

Il centesimo gol di Cavani in serie A, infatti, sarà anche stato un risultato straordinario per il bomber uruguayano, ma non è stato sufficiente al Napoli per accorciare ulteriormente il distacco dalla capolista. I due punti restituitigli dalla giustizia sportiva, che avevano portato i partenopei a sole tre lunghezze dalla Juventus, sono stati persi con il pareggio ottenuto a Firenze mentre la sera prima la Juve sconfiggeva il Palermo.

Idem la Lazio, che una settimana fa era seconda in classifica e ora è terza, non avendo saputo domare un discreto Palermo pur in vantaggio. Alcuni errori di lettura della partita da parte di Petkovic, e l’annullamento di un gol regolare non hanno agevolato il compito dei biancocelesti, apparsi comunque in debito di ossigeno e di idee.

Tra Roma e Inter è andata in scena una partita gradevole dal punto di vista dello spettacolo, danneggiata solo dall’evidente stanchezza delle due squadre reduci dalle rispettive partite con Bologna e Fiorentina in Coppa Italia con supplementari annessi. La Roma ha giocato i primi venti minuti alla garibaldina, offrendo una buona supremazia territoriale e godendo di un rigore francamente discutibile; poi è venuta fuori l’Inter e sia la parte finale del primo tempo che la prima mezzora del secondo ha visto le squadre equivalersi. Dal punto di vista delle occasioni la Roma è andata più volte alla conclusione, sbagliando clamorosamente, mentre l’Inter è risultata più pericolosa quando ha colpito un palo con Livaja, autore del gesto tecnico più bello della partita, e quando Balzaretti ha salvato sulla linea un tapin di Chivu.

I giallorossi sono apparsi in serata no in alcuni dei loro protagonisti, come Osvaldo, Lamela, Piris ed è grazie al lavoro faticoso e utile di Bradley nel pressing e nelle ripartenze che sono riusciti a procurare pericoli alla porta di Handanovic. Ma un attacco capace finora di complessivi ventisette gol avrebbe dovuto decisamente fare meglio, anche solo approfittando delle assenze nerazzurre. L’Inter, infatti, incerottata in due titolari (Chivu e Nagatomo) è scesa in campo senza Samuel, Cassano e Milito e aveva infortunati anche Coutinho e Alvarez, mentre Cambiasso è rimasto fuori per scelta tecnica. Handanovic, Juan Jesus, Guarin e Palacio sono risultati i migliori nella squadra di Stramaccioni, mentre Marquinos, Castan e Totti sono stati i migliori della squadra allenata da Zeman.

Sia per l’Inter che per la Roma il pareggio è un brodino pressocché inutile; i giallorossi devono recriminare maggiormente, dato che giocavano in casa contro un avversario con molti titolari out e avevano ancor più bisogno dei tre punti. Ora sono a dieci punti dalla zona Champions (superati ora anche dal Milan che ha mandato in scena la resurrezione di Pazzini) e sembra difficile riprenderli. L’Inter si mantiene al quarto posto e avrà bisogno di un filotto senza inciampi se vorrà porre una ipoteca concreta sul secondo o terzo.

La situazione in coda resta drammatica per quanto riguarda Genoa e Palermo. Il Siena prova a darsi una bombola d’ossigeno battendo la Sampdoria, ma i rosanero non possono gioire granché del punto preso con la Lazio. Quanto al Genoa, perdere in casa con il Catania è costato la panchina a Del Neri, sostituito da Ballardini. Uno scarso va, uno scarso arriva. Ma quando Preziosi capirà che le cessioni e gli acquisti non possono essere concepiti come favori politici a Galliani per poi incolpare i suoi allenatori della mancanza di risultati, allora sarà l’inizio di un nuovo ciclo per i grifoni.

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La Juventus pareggia e ne approfittano solo Lazio, Napoli e Inter, giacché la Roma perde contro il Catania e la Fiorentina perde la seconda di partita si seguito, Stavolta contro l'Udinese, che dopo averne rifilati 3 all'Inter la settimana scorsa, per par conditio ne rifila 3 anche ai viola. La Sampdoria che aveva battuto la Juventus ferma un Milan con molti giovani in campo, che deve ringraziare Abbiati in giornata di grazia se non va sotto.

Il Napoli, che attende in settimana il ricorso per la penalizzazione dei due punti infertagli, (gliene sconteranno uno o entrambi e ridurranno fortemente la squalifica di Cannavaro) è in salute e ieri, nonostante un avvio incerto, ha decisamente strapazzato il Palermo, che ad essere esatti é ormai più uno sparring partner per gli avversari che una gioia per i suoi tifosi. Gasperini non ha più un Moratti cui dare la colpa, ma il filotto di sconfitte ottenuto a Milano è ormai simile a quanto si vede a Palermo. Sembra sia pronta per la prossima settimana la soluzione Reja.

Gli allenatori con Zamparini sembrano proprio non trovare il feeling giusto, tranne quando vanno via, vedi Guidolin e Delio Rossi. Proprio Rossi, seduto da poche giornate sulla panchina dei doriani, ha rimesso in corsa una Samp che sembrava definitivamente smarrita dopo un pur buon inizio del campionato con Ferrara. Rossi ha azzerato le gerarchie e impartito lezioni di moduli e capacità di cambiarli a partita in corso.

Fiorentina in difficoltà evidente, non basta un Borja Valero in  grande forma. Dopo la sconfitta interna contro il Pescara, ieri sconfitta esterna con l'Udinese. Ci sono forse due errori arbitrali che hanno certamente condizionato il risultato a favore della squadra di Guidolin, ma resta la sensazione che la mancanza di una prima punta di ruolo (e di valore) sia il limite vero della squadra, che avrebbe però bisogno anche di un portiere all'altezza. Montella, alla vigilia della gara, aveva detto che Di Natale vorrebbe giocare con lui. Sarebbe meglio, certo. Per Montella.

La Lazio, incappata in una giornata storta, ha avuto nell'intuizione tattica del suo allenatore l'arma vincente contro l'Atalanta e nell’ennesimo regalo arbitrale il piede di porco per aprire la saracinesca atalantina. Si trova a tre punti dalla Juventus ed è impossibile non sognare una corsa avvincente verso la vetta, ma appare però stanca e un intervento sul mercato sarebbe necessario, onde evitare di trovarsi in debito di forze fresche per il turn-over che diverrà necessario con la ripresa dell'Europa League in Febbraio. Sarebbe davvero un peccato grave usare il braccino ora da parte del suo logorroico e narciso presidente.

La Lazio peraltro vede rosa anche perché la Juventus non vince. Con il Parma, una volta andata in vantaggio non ha affondato, ha forse ritenuto di poter amministrare; ma il pareggio di Sansone a pochi minuti dalla fine ha svegliato dall'illusione di una squadra che sembra aver perso cinismo e istinto killer.

L’Inter riprende a vincere nonostante le numerosissime assenze (10) battendo un Pescara apparso troppo rinunciatario. La partita degli Stramaccioni boys è stata migliore di molte altre e la scoperta di un giovane come Benassi che ha dato corsa e cervello al centrocampo è la nota lieta della giornata, insieme alla conferma del valore aggiunto rappresentato da Guarin. La pur positiva prova di alcuni dei suoi rincalzi (Silvestre tra tutti) non dovrebbe però alterare le strategie di mercato, che vedono l’ormai prossima uscita di Snejider, Silvestre, Jonathan e uno tra Alvarez e Couthino con l’obiettivo di fare cassa e gestire così finanziariamente il rafforzamento nel mercato di Gennaio.

La Roma trova la sua ottava sconfitta della stagione. Difficile dire che non giochi un buon calcio, ma difficile anche intravvedere margini di crescita per una squadra che si avvita su se stessa con troppa facilità. L’assenza di Totti e De Rossi contemporaneamente ha tolto il tasso di qualità tecnica ai giallorossi e le occasioni mancate hanno fatto il resto. Il Catania non è squadra semplice per nessuno e meno che mai tra le mura di casa, ma la partita ha sembrato indicare, per chi ancora avesse dubbi al riguardo, che la squadra di Zeman non può prescindere da Francesco Totti. Il che, sia detto, è “zemanianamente” inconcepibile, essendo la coralità del gioco, la sua velocità e le vericalizzazioni improvvise le caratteristiche preminenti delle squadre allenate dal boemo.

Torino e Cagliari battono Siena e Genoa e sono punti preziosi per chi gioca ogni partita guardando la classifica come fosse un burrone. Palermo, Siena e Cagliari hanno un bisogno disperato di punti se vogliono coltivare qualche speranza.


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