di redazione

Primi test importanti, prime risposte significative. Finalmente Roma e Napoli si scontrano con avversari di peso e confermano quanto di buono fatto vedere nelle prime tre giornate. Sono loro le capoliste solitarie: punteggio pieno a quota 12. Ad aprire le danze ci pensano i giallorossi, che nel derby pomeridiano allontanano i fantasmi della Coppa Italia e tornano a vincere una stracittadina dopo due anni di digiuno.

Nel primo tempo la Lazio si difende compatta, con la difesa bassa, e riesce a ripartire. La musica cambia decisamente nella ripresa, quando la Roma entra in campo molto più determinata e aggressiva, mentre i biancoazzurri calano vistosamente, complice una difesa rimaneggiata dagli infortuni e l'esordio di giovedì in Europa.

Il fattore che spacca la partita è l'ingresso di Ljajic: decisamente più efficace di Florenzi, il serbo dà ampiezza e velocità all'attacco della sua squadra, che inizia a giocare e a dominare sempre e solo sulla fascia destra. L'ultima mezz'ora è un assedio romanista: dopo il vantaggio siglato da Balzaretti su azione da calcio d'angolo, la Lazio non ha più energie per rispondere e nel finale capitola regalando un rigore proprio a Ljajic, che in pieno recupero trasforma senza problemi. La Roma continua così a coltivare ambizioni, mentre la Lazio deve porsi una domanda: la rosa è abbastanza competitiva per affrontare in modo adeguato Europa League e Campionato? Non sembra, ma questo è un problema classico del calcio italiano.

Nel posticipo serale il Napoli dà un'altra prova di forza. Dopo il 2-1 inferto in settimana al Borussia Dortmund, gli uomini di Benitez si sbarazzano con lo stesso punteggio del Milan. A San Siro, i gol arrivano all'inizio dei due parziali: il primo lo firma Britos di testa, il secondo Higuaìn con una fucilata da fuori area su cui Abbiati ha qualche responsabilità. Notizia della serata: Balotelli - che pure segna nel finale con uno splendido destro a giro - sbaglia il primo rigore in carriera. A pararglielo è un super-Reina, che sembra il fratello cattivo di quello che giocava nel Liverpool.  Il Napoli non ha ancora l'esperienza delle grandi nel gestire partite che potrebbe condurre in porto con grande tranquillità, ma la brillantezza del gioco dal centrocampo in su è superiore a quella di qualsiasi altra squadra italiana.

Subito dietro le prime della classe, a quota 10, troviamo Inter, Juventus e Fiorentina. I nerazzurri si dilettano in una simpatica scampagnata contro il Sassuolo, distrutto 7-0. Poche indicazioni di rilievo per Mazzarri da quello che è sembrato un allenamento agonistico di precampionato, ma fa piacere il ritorno al gol (addirittura una doppietta) di Milito. La squadra di Giorgio Squinzi invece rimane mestamente a zero punti e conferma di non essere all'altezza della categoria in cui si trova a giocare. Fra le tante pecche, contro l'Inter è stato quanto mai evidente che i neroverdi non hanno alcuna idea di come mettere un avversario in fuorigioco.

Con molti più problemi rispetto all'Inter, anche la Juvenus porta a casa i tre punti. Lo fa superando in affanno il coriaceo Verona, che nel primo tempo va addirittura in vantaggio con una zampata di Cacciatore. Prima dell'intervallo, però, i bianconeri rimettono le cose a posto: pareggia Tevez con un destro magico, poi Llorente serve il piatto della casa (l'incocciata di testa) e fa 2-1. L'attaccante spagnolo segna così il primo gol con la nuova maglia e manda un chiaro messaggio a Conte, che fin qui lo ha evidentemente sottovalutato. Perché, ad esempio, contro il Copenaghen ha scelto di puntare (invano) su Giovinco?

Appaiata alle due grandi c'è la Fiorentina, che a questo punto sarebbe a punteggio pieno se la settimana scorsa non avesse subito il pareggio in extremis del Cagliari. Stavolta i Viola si liberano con una certa tranquillità dell'Atalanta, battuta 2-0. La regia magistrale di Borja Valero a centrocampo e il talento di Rossi in attacco fanno dimenticare le assenze pesanti di Gomez, Cuadrado e Pizarro (i primi due infortunati, il terzo squalificato).

Scendendo ancora in classifica troviamo Livorno e Torino, entrambe a quota 7. I toscani strappano un punto contro il Genoa, che nell'ultima mezz'ora carica all'arrembaggio senza però riuscire a trovare la strada del gol. Alla fine è 0-0. I granata invece superano fuori casa il Bologna, che non vince al Dall'Ara addirittura dal 3 marzo. A firmare la vittoria è ancora una volta la premiata ditta D'Ambrosio-Cerci, già a segno contro il Milan. In mezzo, l'inutile pareggio di Natali.

Tra le varie crisi d'inizio stagione, la più sorprendente è però quella dell'Udinese, sconfitta per 2-1 dal Chievo. I friulani passano subito con Maicosuel, ma poi non riescono a gestire la partita. Manca il carattere, la grinta, le stesse qualità che negli ultimi anni hanno consentito ai ragazzi di Guidolin di raggiungere insperati piazzamenti europei (poi sempre vanificati ai turni preliminari...). I gialloblù invece ce la mettono tutta e pareggiano con l'ennesimo gol della loro bandiera, l'attaccante aostano Pellissier, inspiegabilmente lasciato in panchina da tre gare. Il gol vittoria è di Rigoni: a prima vista sembra un pallonetto geniale, al replay si rivela un tiro ordinario deviato con tutta la sfortuna del mondo da Danilo.

Le ultime due partite della quarta giornata sono una l'antitesi dell'altra. Catania e Parma si esibiscono in una sagra della camomilla che non serve a nessuno: niente gol, solo sbadigli. I siciliani, perlomeno, mettono in cascina il primo punto dell'anno, mentre gli emiliani li doppiano e arrivano a 2.

Tutt'altra storia fra Cagliari e Sampdoria, che si danno battaglia e chiudono all'ultimo respiro sul 2-2. In verità, quasi tutto succede negli ultimi cinque minuti. Al vantaggio dei sardi siglato da Ekdal, i blucerchiati rispondono al 37esimo con un gol di Wszolek, regolare ma annullato. Il pareggio arriva solo all'88esimo, e non in bello stile: tiraccio di Gabbiadini, papera alla “Mai Dire Gol” del portiere Agazzi. Al 91esimo nuovo vantaggio cagliaritano con una punizione al bacio di Conti. Poi, al 93esimo, mischione in area, botta di De Silvestri e deviazione vincente ancora di Gabbiadini. Che in serata avrebbe fatto bene a visitare un casinò.

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Dopo la pausa per la Nazionale, il Campionato ritorna con una sorpresa inaspettata per la Juventus. Oltre al nuovo Napoli made in Madrid, alla lista delle concorrenti credibili si aggiunge l'Inter di Mazzarri. Nel derby d'Italia più bello ed emozionante degli ultimi anni, i nerazzurri tengono testa agli undici di Conte con un carattere che non si vedeva dai tempi di Mourinho. Alla fine è 1-1, dopo un botta e risposta nel giro di due minuti: prima il vantaggio interista su inserimento di Icardi (quarto gol alla Juve in tre partite), poi il pareggio di Vidal con una magia nello stretto.

Nessuno ad agosto avrebbe mai pensato che l'Inter potesse giocarsela a questi livelli. La rosa non sembrava abbastanza competitiva per impensierire la Juve, ma a quanto pare la cura del tecnico toscano sta dando i suoi frutti. L'organizzazione di gioco è tutt'altra cosa rispetto all'anno scorso: la squadra è compatta e sa ripartire in velocità, anche grazie a giocatori risorti in stile Lazzaro come Nagatomo, Jonathan e Alvarez. I bianconeri rispondono con le solite armi: pressing alto e aggressività, interpretando in modo diverso ma altrettanto efficace lo stesso modulo degli avversari (il 3-5-2).

Alla bella partita di sabato pomeriggio il Napoli risponde in serata con una prestazione impressionante contro l'Atalanta. I bergamaschi sembrano i trecento greci di Leonida alla Termopili: resistono eroicamente (tutti indietro, non attacca nessuno), ma alla fine vengono travolti dai Persiani-napoletani, che per l'occasione sfoggiano l'elegantissima tenuta mimetica. I marcatori sono i due gioiellini arrivati in estate dal Real Madrid, Higuaìn e Callejòn (al terzo gol in tre partite). Gli azzurri di Benitez continuano così nella marcia a punteggio pieno e già guardano il resto della classifica dall'alto.

Manca invece l'occasione di centrare il terzo successo la Fiorentina, che si fa raggiungere sull'1-1 all'89esimo dal Cagliari. La squadra di Montella si porta a quota 7 insieme a Inter e Juve: poco male, sennonché Gomez si procura una distorsione con parziale lesione a un legamento del ginocchio destro (stop di due mesi), Cuadrado si lussa una spalla e Pizarro si fa espellere. Non esattamente una giornata fortunata.

Altro pareggio al cardiopalma quello fra Torino e Milan, giocato sabato sera. I granata vanno in vantaggio meritatamente per 2-0 , ma vengono raggiunti nel finale dai rossoneri, che evidentemente possono contare su intercessioni divine. In questo caso, oltre alla dea Fortuna, anche il dio Kronos.

La prima aiuta una pallaccia malamente ciabattata da Muntari a prendere uno spin improbabile per poi infilarsi lemme lemme all'angolino. Il secondo decide, insieme all'arbitro, che la partita deve durare finché il Milan non pareggia: quando Balotelli segna il rigore del 2-2 è il 97esimo. Viene da chiedersi se, in caso di sconfitta, Milanello avrebbe fatto ricorso alla Corte di Giustizia europea.

A chiudere il programma domenicale, una serie d'incontri pomeridiani poco emozionanti, seguiti in serata dal derby della Lanterna. La partita più interessante fra quelle disputate alle 15 è Lazio-Chievo. I biancocelesti s'impongono con un 3-0 netto, maturato già nel primo tempo. La reazione alla doppia batosta arrivata in poche settimane dalla Juve non si fa attendere, ma gli uomini di Petkovic devono attendere avversari meno incerti in difesa prima di fissare i target di quest'anno, dopo un mercato estivo deludente soprattutto per quanto riguarda il reparto d'attacco.

In fondo alla classifica, Catania e Sassuolo rimangono a zero punti. I siciliani vengono superati 2-0 dal Livorno (doppietta di Paulinho), mentre i ragazzi di patròn Squinzi si fanno battere con lo stesso risultato dal Verona, già alla seconda vittoria stagionale.

Nel posticipo di Genova i rossoblù viaggiano in aquaplaning sulla Samp, demolita per 3-0. Marassi è allagato da ore di pioggia, ma il rischio rinvio è sventato a pochi minuti dall'inizio della partita. Con il trionfo nella stracittadina ligure, il Genoa riesce a muovere finalmente la classifica (che fin qui segnava un misero zero), lasciandosi dietro i cugini blucerchiati, fermi a quota 1. Da segnalare la ciliegina di Lodi su punizione.  


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Primo gol di Higuain con il Napoli. Primo gol di Gomez con la Fiorentina. Primo gol di Ljajic con la Roma. Primo gol di Cassano con il Parma. Secondo gol di Tevez con la Juventus, ma primo a Torino. Settembre si apre con il festival delle reti di benvenuto in serie A. Alcune belle, altre d'opportunismo, altre ancora fortunate, ma quasi tutte a suggellare vittorie larghe e convincenti.

Dopo la seconda passeggiata agostana della Juve sulla Lazio (4-1 dopo il 4-0 in Supercoppa), il Napoli risponde ai bianconeri superando 4-2 un Chievo inaspettatamente combattivo. Lo fa con un Hamsik in stato di grazia (seconda doppietta in due giornate) e con le reti di due ex Real Madrid: Callejon (già in rete contro il Bologna) e soprattutto Higuain, che chiude i giochi superando il portiere con un rimpallo fortunoso. Evidentemente il goffo scivolone sugli scogli non ha fatto poi così male al Pipita, che segna anche col mento ricucito. I gialloblù escono comunque dal San Paolo a testa alta, con la consapevolezza di avere in attacco un ragazzino terribile, Paloschi, capace di piazzare per ben due volte il pallone alle spalle di Reina.

Anche la Roma conferma quanto di buono fatto vedere all'esordio. Contro il modesto Verona i giallorossi hanno vita facile, anche se per passare in vantaggio devono aspettare uno sfortunato autogol di Cacciatore, che spara nella propria rete un cross teso di Maicon. Il raddoppio è un capolavoro di Pjanic, che, imitando le gesta passate del suo capitano, sorprende il portiere con un meraviglioso pallonetto da fuori area. La ciliegina arriva con la botta del neoacquisto Ljajic, che dopo l'indigeribile telenovela estiva finalmente torna a far parlare di sé per un gol. A parte la nota stonata di Gervinho (almeno due occasioni nitide buttate al vento) la Roma di Garcia sembra funzionare. Certo, prima di aspirare al vertice sarà necessaria qualche prova di forza con avversari in grado di offrire una maggiore resistenza.

Altro gol di benvenuto è quello di Gomez con la maglia Viola. Il tedesco non brilla, ma segna a suo modo (deviazione nell'area piccola) uno dei 4 gol con cui la Fiorentina supera il Bologna. Partita chiusa sul 3-0 già a fine primo tempo, poi riaperta parzialmente dalla caparbietà di Gilardino, quindi chiusa di nuovo da Rossi, autore di una doppietta, e ancora da Gomez (stavolta su rigore). Alla fine è 5-2.

Vittoria molto convincente a Catania per l'Inter, che grazie alla cura Mazzarri sembra ormai un'altra squadra rispetto a quella dell'anno scorso. Il tecnico toscano ha rivitalizzato i due esterni: Jonathan si scatena sulla fascia destra (la stessa dove pochi mesi fa riceveva solo fischi) e offre a Palacio un cioccolatino per l'1-0, mentre il bonsai Nagatomo riesce perfino a segnare il secondo gol (di testa!) in due partite. Chiude i giochi una splendida azione personale di Alvarez, tutt'altro giocatore rispetto al bulimico divoratore di gol della passata stagione.

Pochi patemi anche per il Milan, che supera senza apprensioni il Cagliari a San Siro (3-1). L'addio a sorpresa di Boateng, passato in settimana allo Shalke, non altera gli equilibri del centrocampo. Tantomeno quelli dell'attacco, dove tutto passa per i piedi d'oro di Balotelli, che, oltre a segnare, mette anche lo zampino nei gol di Mexes e Robinho. Bella ma inutile la perla di Marco Sau, gioiellino inspiegabilmente ignorato nel corso del mercato estivo.

La seconda giornata è stata ricca di gol anche fra le squadre meno blasonate. Molte emozioni fra Bologna e Sampdoria, che chiudono sul 2-2 dopo una partita piena di episodi: dalla papera di Curci alla spettacolare mezza rovesciata di Konè (che a quanto pare sa segnare solo così, visto che l'anno scorso aveva siglato la sua prima rete in A con una prodezza identica contro il Napoli), passando per la punizione telecomandata di Gabbiadini, giovane talento sottovalutato dalla Juventus. 

Vince facilmente anche l'Udinese, che supera 3-1 un Parma quanto mai sguarnito in difesa. Da segnalare l'insolito gol di testa firmato Cassano (alla prima rete in gialloblù), che però non serve a rimontare le segnature di Badu e Heurtaux, cui si somma nel finale il rigore trasformato da Muriel.

Atalanta-Torino finisce invece 2-0 con reti di Lucchini e Stendardo, già in gol alla prima giornata.

Chiudiamo con una nota di mestizia. I tifosi del Sassuolo non ce ne vogliano, ma il loro ruolo in questo Campionato sembra molto simile a quello del Pescara nella passata stagione: l'underdog contro cui per non vincere bisogna impegnarsi parecchio. Il Livorno fa una serena scampagnata sui verdi prati di Reggio Emilia e ne rifila 4 agli undici del patròn Squinzi, che può consolarsi pensando almeno al gol di Zaza, il primo in serie A nella storia dei verde-nero.

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Il Campionato riapre i battenti e la squadra più convincente è la stessa che ha condotto il mercato estivo di maggior prestigio: il Napoli. E' questa la vera notizia della prima giornata, perché finalmente la Juventus potrebbe aver trovato una rivale agguerrita lungo la strada che porta allo scudetto. Intendiamoci, la Vecchia Signora sembra avere ancora qualcosa in più, se non altro nell'abitudine a vincere (confermata dall'1-0 inflitto sabato alla Samp, con gol all'esordio di Tevez), ma l'entusiasmo agostano dei tifosi partenopei potrebbe non essere infondato.

La squadra di Benitez annichilisce al San Paolo un Bologna in veste di vittima sacrificale. Lo fa con un 3-0 firmato da uno strepitoso Hamsik, autore di una doppietta con un gol per tempo. Ad aprire le marcature è però il nuovo arrivo Callejon, che festeggia con un diagonale vincente il suo esordio. La domanda più importante rimane però senza risposta: Higuain è in grado di non far rimpiangere Cavani? Presto per dirlo. L'argentino gioca solo uno spezzone e l'intesa con i compagni pare ancora in fase di rodaggio. L'impressione è che i sogni di gloria napoletani passino in buona parte dalle aspettative riposte nei piedi dell'ex madrilista.

Nel pomeriggio anche l'Inter risponde presente al primo appello della stagione, ma con una prestazione che denuncia tutti i limiti della rosa a disposizione di Mazzarri. Il 2-0 inferto al Genoa sul campo di San Siro è figlio di un tap-in sotto porta di Nagatomo e di un bel diagonale di Palacio nel finale. Bella l'intesa fra le due ali, con il tanto bistrattato Jonathan che per una volta non si fa urlare dietro e piazza perfino l'assist per il primo gol. Convincono anche Guarin, potente come al solito, e il giovane Icardi, che non sembra intimorito dal nuovo palcoscenico milanese. I problemi sono sempre al centro: Cambiasso festeggia le 400 presenze, ma il peso degli anni si sente. Kovacic è un fenomeno, ma ancora forse troppo acerbo perché gli si carichi un peso eccessivo sulle spalle.

Nonostante i tanti dubbi estivi e le ripetute contestazioni della curva, nemmeno la Roma stecca la prima e torna da Torino con in tasca i tre punti. Il primo gol contro i granata è di Daniele De Rossi, uomo simbolo a un tempo della squadra e dei malumori in Curva Sud. Capitan Futuro (come lo chiamavano i tifosi ai tempi del vero amore) si sblocca con una rete delle sue: gran botta a fil di palo da distanza siderale. Un buon inizio, visto che nello scorso Campionato il centrocampista della nazionale era rimasto a secco per tutto l'anno. Il gol della sicurezza arriva invece da Florenzi, abile e preciso con il diagonale di sinistro che chiude la partita. Non ha certo il talento di De Rossi, ma ormai il futuro è decisamente più dalla sua parte.

Alla sagra delle vittorie d'avvio si unisce anche la Lazio, autrice di una partita bifronte e fortunata contro la mai doma Udinese. I biancazzurri spadroneggiano in lungo e in largo nel primo tempo, chiuso sul 2-0 grazie a una prodezza di Hernanez (azione personale con due uomini in marcatura conclusa da una bordata sotto la traversa) e al rigore di Candreva.

Nella ripresa però gli uomini di Petkovic mollano la presa. L'Udinese riapre i giochi con gol in campo aperto di Muriel (delizioso il pallonetto su Marchetti) e sfiora a più riprese il pareggio, che però non arriva. I friulani forse non hanno più lo smalto di un tempo a centrocampo e in difesa, ma il carattere è ancora intatto. Alla Lazio manca invece la reazione delle grandi nei momenti di sofferenza, oltre a un attaccante in grado di buttarla dentro quando Klose è in giornata no.

L'unica delle squadre di prima fascia a cadere nella trappola della prima giornata è il Milan, che sabato rimedia una magra figura sul campo del neopromosso Verona. Chi spera di assistere a uno show dei giovani talenti rossoneri rimane deluso: tutta la gloria va al senatore Luca Toni, che con l'ennesima maglia della sua carriera firma l'ennesima doppietta e permette ai suoi di rimontare la rete iniziale di Poli.

Completano il quadro del turno d'esordio altre tre partite. La più bella è Cagliari-Atalanta, vinta dai sardi 2-1 in rimonta. La zuccata di Stendardo non basta ai bergamaschi, che subiscono prima il pareggio di Nainggolan, freddo a piazzare nell'angolino dopo una magia di Sau sulla destra, poi il gol vittoria firmato dall'uruguaiano Cabrera, alla prima rete in A.

Esordio alla camomilla invece per le due gialloblù, Parma e Chievo, che non vanno oltre uno scialbo 0-0. Il Torino, infine, dà il primo dispiacere calcistico dell'anno a Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, battendo il suo Sassuolo per 2-0. Un gol per tempo: apre Brighi, chiude Cerci, che dalla fascia destra rientra sul sinistro e mette a segno un gol da grande ala. E forse anche da campione mancato.      


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E' una coincidenza bizzarra, ma a trionfare in questo weekend di finali sono state le due squadre che hanno eliminato la Juventus dalle rispettive competizioni. Il Bayern Monaco, che sabato si è aggiudicato la Champions League superando 2-1 il Borussia Dortmund, e la Lazio, vincitrice ieri della sua sesta Coppa Italia grazie all'1-0 inferto ai cugini della Roma.

Si tratta, purtroppo, di una nota che potrà appassionare solo i fan dell'occulto. Già, perché sotto qualsiasi altro punto di vista le due partite del fine settimana hanno marcato nel modo più evidente la distanza che corre fra il nostro calcio e quello delle vere grandi d'Europa.

Che il derby capitolino non sarebbe stato una bella partita era ampiamente prevedibile. Non lo è mai: troppa tensione, troppa rivalità sul piano personale anziché sportivo. Ieri però c'era davvero un surplus d'angoscia a pesare sui piedi dei giocatori. Era uno scontro storico, che valeva quattro: non solo la supremazia cittadina e la Coppa Italia, ma anche la qualificazione alla prossima Europa League (obiettivo mancato in Campionato da entrambe le squadre) e la possibilità di disputare in estate la finale di Supercoppa Italiana contro la Juve.

Il primo tempo è a dir poco rigido, stracolmo di falli e ammonizioni. Nella ripresa prevale invece la stanchezza, con le formazioni visibilmente allungate, divise in due da una voragine a centrocampo. A decidere la gara è Senad Lulic, che insacca a porta vuota un cross dell'instancabile Candreva (come sempre il migliore dei suoi) dopo un goffo e fallimentare tentativo di respinta da parte di Lobont e Marquinhos.

Nella mezz'ora finale abbondano le praterie e il nervosismo, ma l'unica vera occasione della Roma è su una punizione di per sé non irresistibile di Totti. Marchetti valuta male la traiettoria, ma in qualche modo si salva, anche grazie all'aiuto della traversa. Negli ultimi minuti Mauri ha l'occasione di raddoppiare, ma gli capita sul destro, che non è davvero il suo piede. Alla fine è comunque un trionfo per i biancocelesti, che in novanta minuti salvano una stagione altrimenti deludente. Sull'altra sponda del Tevere si apre invece un periodo di ristrutturazione che presumibilmente inizierà dalla panchina, con l'esonero di Andreazzoli. Difficile comprendere le sostituzioni di ieri: Osvaldo solo per una manciata di minuti, poi Dodò a completare il disastro.

Tutt'altra storia invece l'altro (vero) big match del weekend. Bayern e Borussia non esprimono a Wembley il loro miglior calcio, ma onorano comunque la finale di Champions con un gioco veloce, fatto di grande talento e di un agonismo non eccessivo.

Alla fine i bavaresi si scrollano di dosso la nomea dei perdenti di lusso. Eppure, nel primo tempo, sembra proprio che la partita sia indirizzata sui soliti binari, con Robben che si ritrova per ben due volte solo davanti al portiere avversario, ma non riesce a insaccare. A mezzo mondo tornano in mente due episodi: la finale dei Mondiali del 2010, quando l'olandese fallì una clamorosa occasione davanti a Casillas, consentendo poi alla Spagna di trionfare 1-0 ai supplementari; e la finale di Champions dell'anno scorso, quando il povero Arjen sbagliò clamorosamente un rigore, aprendo la strada alla vittoria del Chelsea.

Stavolta però gli dei del calcio decidono che è tempo di gloria anche per il Bayern. E a decidere il match è proprio quell'aletta olandese non esattamente glaciale sottoporta. Quel ragazzo dalla corsa velocissima e un po' sbilenca, che non crossa mai dal fondo, ma rientra sempre e comunque sul sinistro. Basta una mezzoretta a Robben per entrare nella storia del suo club: prima offre a Mandžuki? un cioccolatino da spingere in porta per l'1-0, poi, dopo il pareggio su rigore (cristallino) di Gundogan, è lui stesso a piazzare il gol vittoria. Lo fa a pochi minuti dalla fine, con un inserimento prepotente e agile, propiziato da un assist di tacco rocambolesco di Ribery. L'ultimo tocco è un piatto (sinistro) vagamente incerto. Ma, per una volta, vincente.


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