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di Fabrizio Casari
E’ durato lo spazio di poche ore il primato del Milan. La vittoria schiacciante della Juventus a Cesena e dell’Udinese sull’Inter hanno riportato l’ordine delle prime alla settimana precedente. A Genova, dove il Milan ha vinto per due a zero contro il Genoa, il fumo dei lacrimogeni è stata l’unica cosa poco chiara del match, dal momento che sarebbe servita ben altra squadra per rendere incerto un risultato scontato. I rossoneri hanno fatto il minimo sindacale e la difficoltà più grande è stata quella di trovare il modo di scardinare la retroguardia rossoblù. Una volta risolto il problema, non c’è stata storia. Il Milan, del resto, costruisce gioco e finalizza come pochi e i 13 gol in 15 partite giocate segnati da Ibrahimovic, non spiegano perché tante manovre intorno a Tevez. Perché se pure Ibra fa vincere solo in Italia, Tevez non potrà giocare in Champions, quindi l’affare sarebbe tale solo per il City che si toglierebbe una rogna non da poco.
La Juventus ha schiacciato il Cesena, come previsto. Il risultato poteva essere più largo, vista la partita, ma avrebbe dovuto essere più stretto, visto l’arbitro, che ha pensato di porre la sua personalissima firma sul rigore inventato a favore della Juve. Non ce n’era bisogno ma, come tutti i regali, arrivano inaspettati. Resta comunque il fatto che la squadra di Conte continua a offrire prestazioni ad alta velocità e a scrollarsi dalle spalle tutti gli avversari.
Un altro regalo, pur se meno evidente, è stato gentilmente offerto alla Fiorentina. Un pacco doppio, che ha comportato un rigore con relativo vantaggio dei viola e l’espulsione di Juan, unico vero difensore di razza della Roma. Ha perso seccamente la squadra di Luis Enrique, che è rimasta in otto a giocarsi gli ultimi minuti. Ma la partita della Roma è stata comunque al di sotto della sufficienza, mentre la Fiorentina comincia a vedere sul campo quanto pesi la mano di Delio Rossi. I giallorossi sembrano essersi persi, vittime di confusione tattica e scarso equilibrio in campo. Quando i terzini si chiamano Cicinho e Taddei, significa che i centrali e il portiere dovrebbero chiamarsi tutti Superman per non farsi superare dagli attaccanti. Qualcuno dirà che si é sentita la mancanza di Osvaldo, ma la verità é che si sente la mancanza di logica.
Il calcio, alla fine, non é così esposto a creatività prive di raziocinio. Ci sono due fasi, tre zone e due fasce, non c'é molto da inventare che non sia già stato messo in mostra. Contano gli attori e il regista per fare un buon film, ma se non c'é un copione, se il regista non sa come inquadrare e non sa cosa chiedere alla recitazione, é difficile che gli attori diventino protagonisti. La panchina di Luis Enrique sembra non sia in discussione, ma è difficile pensare che ulteriori rovesci lascino le cose come stanno. Tra tensioni interne e prestazioni sul campo, la Roma sta affrontando la sua vera prima crisi della nuova gestione. Totti, sia in campo sia nello spogliatoio, manca molto più di quello che società e allenatore pensavano.
La sconfitta dell’Inter a Milano, contro l’Udinese, racconta invece cose già risapute ma sulle quali ci si deve soffermare. Non ci sarebbe niente di strano a perdere contro l’Udinese, che è una squadra di assoluto valore: velocissima, con tecnica individuale e di gruppo, con contropiedisti micidiali e polmoni senza fine. Non è un caso che si trova seconda in classifica. Ma la sconfitta dell’Inter è grave per quello che ha evidenziato. Una squadra senza gioco, a ritmi da dopolavoro estivo, con una confusione tattica che Ranieri ha ulteriormente incrementato con le sostituzioni sbagliate, rendendo la squadra più esposta al vigore fisico dei friuliani e priva di equilibrio.
Né Coutinho, né Castagnois, né Obi cambiano una squadra, ma con loro almeno corre, con le vecchie glorie cammina. L’Inter è esaurita: tra giocatori troppo sopravvalutati nel presente (Alvarez) e grandi campioni ormai solo del passato, le sue punte sono visibilmente fuori forma (Zarate e Pazzini) o ormai letteralmente bollite (Milito). A questo si aggiungono le assenze di Maicon, Snejder e Lucio (oltre a Forlan) che sono proprio i motori della costruzione del gioco e della sua finalizzazione. Il rientro degli infortunati, va detto, non è poi detto sia sufficiente, vista la capacità dell’Inter di riproporre infortuni a catena.
Ranieri doveva normalizzare, ma non riesce a trovare la forza di fare a meno delle vecchie glorie e tantomeno a dare un gioco, che del resto non è mai stato il suo forte. Troppo preoccupato di sistemare la squadra in funzione degli avversari, non vede che la sua squadra sa giocare solo con il modulo proposto da Mourinho e alterna moduli che generano confusione e incertezza. Il primo errore è quello di non capire che Thiago Motta tra il centrocampo e le punte è straordinariamente efficace, mentre davanti alla difesa è controproducente, rallentando ogni manovra e non filtrando come dovrebbe. Ma in generale, dovrebbe avere la forza di puntare sui giovani con tre o quattro “storici” in affiancamento, se non altro perché comincerebbe a delinearsi il primo embrione di futuro e consentirebbe alla società di capire su quali giovani puntare e su quali no.
Visto che ora i nerazzurri si trovano a pari punti con il Bologna, appena sopra la zona retrocessione, sarà bene che Ranieri cominci a tacere sui possibili obiettivi. Difficile pensare anche alle prime cinque posizioni senza che corra immediatamente ai ripari sul mercato di Gennaio, ammesso che troverà le risorse economiche per farlo. Servirebbero sei o sette acquisti dei quali almeno tre top player per rifondare una squadra gloriosa ma finita. Viste le difficoltà economiche e visto che il prossimo anno l’Inter difficilmente disputerà la Champions, piove sul bagnato.
Il Caglari sbanca Catania e tra Chievo e Atalanta si assiste ad una gara tutta fisica che finisce in parità. Il Napoli ha ripreso a correre e ha sistemato la pratica Lecce con una quaterna e Mazzarri festeggia la sua centesima vittoria in serie A. Cavani, più di chiunque altro, determina i risultati dei partenopei, che comunque non sembrano in spolvero. Mercoledì dovranno vedersela con il Villareal per superare la qualificazione in Champions e arrivare alla sosta natalizia sperando di rosicchiare almeno tre punti alle prime tre. Due obiettivi tutt'altro che semplici.
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di Fabrizio Casari
Il primo posto della Juventus in classifica, a un punto sopra il Milan, è il risultato finale di una giornata di campionato piuttosto movimentata. Iniziata con la sconfitta della Roma a Udine e con il pareggio stentato del Napoli sul campo dell’Atalanta, proseguita con la vittoria della Juventus contro la Lazio, quella del Palermo sulla Fiorentina e dell’Inter sul campo del Siena, conclusasi poi con il Milan che ha travolto il Chievo al Meazza. Ma non senza un po’ di cardiopalma, visto che Catania, Inter e Napoli hanno segnato i gol decisivi per il risultato all’ultimo minuto di gioco.
Una vittoria, quella della Juve sulla Lazio, costruita come al solito con una partita piena di fervore agonistico e sostanza tattica. La Lazio ha avuto benzina fino al 20 della ripresa e idee per pochi minuti, mentre la Juve non ha mai mollato né campo né iniziativa. La squadra di Conte, infatti, ad eccezione di Pirlo e Buffon non possiede fuoriclasse, né mostra una tecnica calcistica di prima classe, ma occupa benissimo il campo, corre per novanta minuti e aggredisce fisicamente con un pressing a tutto campo gli avversari.
Una squadra, insomma, figlia del calcio di Conte, tutto corsa e determinazione agonistica, senza fronzoli e senza altri schemi che non sia l’intelligenza calcistica di Pirlo e la forza di Marchisio. Certo, la solidità della coppia difensiva Bonucci-Chiellini e la capacità di allungare la squadra da parte di Pepe, Vucinic e Matri incidono complessivamente sul gioco bianconero, che utilizza bene le fasce nelle due fasi senza scoprire mai la verticale di centrocampo; ma è soprattutto la capacità di corsa e pressing insieme ad una mentalità guerriera che caratterizza la qualità dei bianconeri.
Quello dell’Olimpico è stato dunque un esame superato da parte dei bianconeri, che martedì saranno a Napoli per il recupero della partita non giocata con i partenopei causa allagamento; un’altra eventuale vittoria potrebbe rappresentare un ulteriore allungo di punti e prestigio per la compagine bianconera. Se, infatti, dovesse uscire con una vittoria dal San Paolo, la Juventus - che ha già battuto Milan, Inter e Lazio - legittimerebbe non solo il primato, ma anche le ambizioni di vittoria finale. Certo, mancano ancora decine e decine di punti alla fine del torneo e Lazio, Udinese e Napoli restano compagini di prima fascia, ma ad oggi è difficile pronosticare un tema diverso che non sia quello della lotta tra bianconeri e Milan per il campionato.
Come previsto, infatti, i rossoneri nel posticipo hanno fatto il loro e sono a un punto dalla Juve. Del resto il Milan contro il Chievo al Meazza poteva solo vincere. Dopo pochi minuti era già in vantaggio e si apprestava a scrivere il copione previsto, facilitato comunque da un pessimo Chievo e da una serie di rimpalli fortunati e la consueta generosità arbitrale sul rigore. Sono tre punti importanti quelli della squadra di Allegri per non perdere troppo terreno nei confronti della Juventus, soprattutto se domani a Napoli la squadra di Conte dovesse vincere e si portasse a quattro punti sopra. Ma lo stato di forma straordinario del Milan ribadisce che sarà tra rossoneri e juventini la lotta per la vittoria del titolo. Chissà se sarà proprio l’ex Ibrahimovic a decidere la classifica finale...
Il gol di Castainos rilancia l’Inter che scavalca la Fiorentina: l'Udinese é partita difficile, ma un risultato positivo é necessario se vuole spostarsi nella zona alta della classifica. A Siena non è stata facile per i nerazzurri: la squadra di Sannino, tutta 4-4-2 e polmoni, difende in nove e attacca con cinque uomini e trovare varchi utili per attaccarla è difficile, soprattutto con i ritmi blandi dei nerazzurri. Che però non perdono mai il controllo della partita, tramite possesso palla (67%) e buona sistemazione in campo.
Parte del merito va assegnato a Ranieri, che ha scelto di far giocare gli ultimi dieci minuti a trazione anteriore, facendo uscire un centrocampista (Cambiasso) per una punta (Milito) che si aggiungeva così a Pazzini e Castanois. Il gol del ragazzo olandese, di pura rapidità e istinto, premia dunque i nerazzurri che erano scesi in campo senza Maicon, Lucio, Chivu, Snejider e Forlan. Assenze numerose e pesanti, verso cui nessuna squadra al mondo potrebbe reagire con sufficienza. Per questo i tre punti in trasferta valgono moltissimo per la rincorsa interista.
Desta poca sorpresa il risultato di Bergamo, dove il Napoli ha potuto pareggiare grazie al solito Cavani praticamente a tempo scaduto. Mazzarri ha utilizzato di nuovo il turnover, viste le fatiche accumulate contro il City e quelle che l’aspettano contro la Juve e, come sempre, turnover significa rinunciare alla vittoria. Ciononostante, nella prima mezz’ora di gioco è il Napoli ad impressionare e la superiorità tecnica dei napoletani sui bergamaschi è evidente; ma nella ripresa la musica è cambiata e l’Atalanta ha giocato da provinciale pura, pressando a tutto campo e correndo veloce. Il Napoli ha sofferto e il suo ex, Denis, ha brillato. Il pareggio è arrivato e Mazzarri può dire di essersela cavata, mentre Colantuono ha confermato che la sua squadra è in grado di mettere alle corde chiunque quando gioca in casa.
A Udine é andato invece in onda un film già visto: l’Udinese non prende gol e batte tutti coloro che transitano per il suo campo. Stavolta è toccato alla Roma, che ha schierato la quattordicesima formazione in quindici partite. Appena c’è un passo avanti, arrivano due indietro. Luis Enrique, francamente, non convince: la squadra è priva d’identità, la difesa alla mercè di ogni attacco la storia del tutti all’attacco per novanta minuti è, appunto, storia buona per i giornalisti compiacenti. Non convincono nemmeno alcune scelte, come quella di rinunciare a Heinze nonostante l’infortunio di Burdisso e lo schierare, di nuovo, giocatori in ruoli che non gli appartengono.
Insomma, l’integralismo di Luis Enrique desta perplessità e le vittorie che vengono osannate sono in realtà conquistate contro le piccole, ma non appena sale il livello degli avversari, la Roma va sotto. A questo si aggiunge poi la rissa interna, dove Osvaldo sferra un pugno a Lamela e si guadagna dieci giorni di sospensione. Pare che il diverbio sia stato il prodotto di un mancato passaggio del giovane argentino a Osvaldo a Udine, ma l’episodio dimostra come il clima festoso che si legge e si sente sia molto diverso da quello che reale. Le incertezze tattiche, i ruoli invertiti e la precarietà generale stanno scoperchiando i nervi, sarà bene che Baldini intervenga prima che sia troppo tardi.
Montella, invece, che di Luis Enrique fu predecessore, all’ultimo momento beffa il Lecce e raccoglie i tre punti. Pareggio tra Cagliari e Bologna (con Ballardini che stavolta non protesta, visto il gentile regalo dell’arbitro) mentre il Novara torna a vincere battendo il Parma e il Cesena sconfigge il Genoa. Amaro, invece, il ritorno di Delio Rossi a Palermo, dove la Fiorentina perde due a zero e non da mai l’impressione di poter cambiare il risultato. Il Palermo di Mangia conferma ancora una volta come la sua squadra sia molle in trasferta quanto micidiale in casa. Il fattore campo è poco importante solo per i commentatori.
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di Fabrizio Casari
Vincono la Juventus, Inter e Roma, pareggiano Napoli, Lazio e Milan. La Juve, che ha letteralmente asfaltato il Palermo, vola quindi al primo posto in compagnia della Lazio. Sia la zona alta che quella bassa della classifica si muovono quindi, ma a questo punto della stagione conta ancora poco. Importantissimo sarà invece leggerla tra un mese, quando sarà finito il ciclo pesantissimo di partite di fila tra campionato e coppe.
Il Milan a Firenze è stato fermato sia dall’arbitro (che ha annullato un gol regolare di Seedorf) che da una Fiorentina che sembra aver sentito subito il nuovo clima determinatosi con l’avvento di Delio Rossi sulla panchina. Ma se i rossoneri hanno dimostrato scarsa concretezza, la Fiorentina esce con merito dall’incontro. Nonostante l’assenza di Jovetic, infatti, i viola hanno disputato una buona gara e le mosse di Rossi hanno imbrigliato non poco i rossoneri, che comunque in alcuni momenti hanno offerto un calcio spettacolare. E’ il Milan, quindi, che recrimina sulla mancata vittoria a Firenze, vista anche la qualità (ma alcune fin troppo leziose) delle sue giocate, ed è la Fiorentina quella più soddisfatta del risultato finale.
Napoli e Lazio hanno dato vita ad un match di buona qualità, ma va detto che alla Lazio mancavano una pleora di giocatori decisivi, a cominciare da Klose, cannoniere micidiale. Il Napoli, a sentire Mazzarri, ha disputato una partita straordinaria (ma Mazzarri ha la singolare caratteristica di leggere allo stesso modo tutte le partite: Napoli grandissimo sempre, a prescindere). Reja non ha nemmeno provato a vincere: ha mandato la squadra in campo per ottenere un pareggio e così è stato. Ci si può chiedere se l’inserimento di Rocchi avrebbe potuto dare maggiori possibilità di vincere, ma sarebbe ozioso per un tecnico che è sembrato voler privilegiare l’assetto di centrocampo e il conseguente equilibrio, più che rischiare di esporsi per tentare di vincere. Resta il risultato, buono per la Lazio e sufficiente per il Napoli, che pare ormai aver decisamente abbassato il livello di efficacia casalinga.
Discorso diverso a Milano, dove l’Inter, grazie ad un errore arbitrale a suo favore sul gol di Thiago Motta (prima volta quest’anno che la svista non nuoce ai nerazzurri) ha avuto ragione di un Cagliari che, passato dalle mani di Ficcadenti a quelle di Ballardini, non ha mostrato nessun passo avanti, anzi. Perché se il problema dei sardi continua ad essere quello del gol, va detto che, con Ficcadenti, i punti comunque arrivavano. L’Inter ha dato timidi segnali di risveglio, offrendo addirittura sprazzi di buon gioco e solo il portiere cagliaritano Agazzi ha impedito con due miracoli due gol di Pazzini e Zarate che hanno visto sbattere sulla traversa due tiri molto belli. Dietro una buona prova della difesa, ma la gara non è sufficiente a offrire uno spaccato veritiero circa le condizioni degli uomini di Ranieri. Troppo poco consistente l’incisività in attacco del Cagliari.
Il Cesena trova finalmente la sua prima vittoria nel derby regionale contro il Bologna, grazie ad un gol di Parolo frutto di un tiro stupendo da fuori area infilatosi all’incrocio dei pali. Ottimo il colpo del Chievo a Catania, mentre non sorprende troppo la vittoria del Parma sull’Udinese, che si conferma squadra bifronte tra le partite in casa e quelle in trasferta. Il Genoa batte il Novara con un uomo in meno e il Siena riesce a pareggiare con l’Atalanta, che pure era stata avvantaggiata da un rigore inesistente.
Nel posticipo domenicale la Roma batte, come prevedibile, il Lecce all’Olimpico. La squadra di Luis Enrique è ora quinta in classifica e sembra confermare la sua crescita. Un gioco offensivo che finalmente sta trovando i punti necessari alla sua consacrazione. Peccato aver annullato un gol regolare di Osvaldo in sforbiciata volante, gesto tecnico purissimo, da antologia del calcio.
Purtroppo però, a segnare la giornata di campionato sono soprattutto le sviste arbitrali, trasversali e decisive quasi ovunque. Da Milano a Firenze, da Siena a Roma, errori di valutazione di guardialinee e arbitri sulle letture delle posizioni di fuorigioco e di falli da rigore hanno contribuito in maniera importante a disegnare risultati e polemiche. Un numero troppo diffuso, quello degli errori, per dar vita a pensieri maliziosi; ma proprio la quantità eccesiva di casi deve assolutamente far suonare un campanello d’allarme circa l’inaffidabilità generale della classe arbitrale.
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di Fabrizio Casari
Lazio e Udinese guidano la corsa, il Milan che ormai in campionato è un rullo compressore, segue a un punto. I rossoneri hanno letteralmente asfaltato gli etnei di Montella, domostrando di aver superato i problemi d’inizio stagione. La forma smagliante di alcuni suoi giocatori ed una panchina di alta qualità, consente ai rossoneri di riproporsi come la squadra più forte del torneo e nemmeno l’uscita anzitempo dal campionato di Cassano minaccia seriamente questo dato, dal momento che il rientro in forma di Pato e l’immissione con continuità di El Sharawi potrebbero avere ragione del buco lasciato dal fuoriclasse barese. La nuova testa della classifica, complice il mancato svolgimento di Napoli-Juventus per impraticabilità del campo, racconta quindi di squadre che stentano in Europa ma viaggiano a mille in campionato.
Perché l’Udinese, reduce da una sonora sberla presa dall’Atletico Madrid, si è rapidamente ripresa battendo 2 a 1 il Siena e la Lazio e il Milan, che pure in Europa non hanno certo incantato, tornano subito a dare dimostrazioni di forza ai danni di Parma e Catania. La giornata ha raccontato però anche della Roma, che si ritrova battendo il Novara di Tesser, e del Palermo che ha steso il Bologna nell’anticipo. Ai giallorossi, interpreti di un pessimo primo tempo, sono servite le correzioni di Luis Enrique, che quando decide d’inserire attaccanti che danno la profondità e di smetterla con gli esperimenti poco sensati, restituisce alla Roma la sua forza e la sua pericolosità. Se il tecnico spagnolo capirà che il campionato nel quale gioca è quello italiano, la Roma potrà tornare a giocare un ruolo di primissimo piano.
Le brutte notizie, invece, arrivano dalla Fiorentina e dal Cagliari, entrambe sconfitte da Chievo e Atalanta; sono due sconfitte che rischiano di avere uno strascico importante sulle panchine di Mijailovic e Ficcadenti, che sembrano essere davvero in bilico. Non è poi detto che il nuovo allenatore porti necessariamente venti di vittoria alle squadre, come si è visto proprio ieri: l’esordiente Arrigoni, infatti, non ha salvato il Cesena, battuto in casa dal Lecce.
L’Udinese, ad ogni modo, sembra inarrestabile e le critiche a Guidolin, che aveva scelto di schierare le riserve a Madrid, hanno avuto così una risposta diretta e inequivocabile: Udine non è in grado di tenere il passo nelle due competizioni e ha scelto di puntare sul campionato italiano. Una scelta coraggiosa quanto ponderata, nella consapevolezza che la velocità e la fluidità del gioco bianconero non dispone di risorse umane sufficienti per affrontare al meglio i due tornei.
Anzi, mentre in Italia, complice il livello non eccelso del torneo, l’Udinese può permettersi di recitare un ruolo di primo piano, in Europa, per un complesso di fattori che hanno a che vedere anche con l’abitudine alle competizioni internazionali, al peso politico della società ed alla struttura complessiva della squadra, difficilmente il cammino potrà protrarsi a lungo. Da qui la scelta evidente, pur se mai confessata, di privilegiare il campionato italiano e, fin qui, la scelta pare essere confortata dai risultati.
Quella di scegliere su quale competizione puntare maggiormente è comunque una questione che riguarderà tutte le italiane impegnate in Europa: Milan, Napoli, Lazio e Inter. Per i nerazzurri, unici ad avere un ruolino di marcia migliore in Europa che in Italia, il ragionamento è esattamente l’opposto di quello dell’Udinese: la squadra di Ranieri sembrerebbe più in grado di dire la sua in Champions che non in campionato: esperienza, capacità di giocarsi il massimo delle energie in un numero ristretto di partite, fascino della competizione e immagine di cui godono (sono ancora i campioni del mondo in carica fino a Dicembre) spingono, forse inconsciamente, a offrire prestazioni migliori in Europa. Ma, ove così fosse, si tratterebbe comunque di una scelta a breve termine, perché ci sono almeno sei squadre in Europa talmente superiori all’Inter che - presto o tardi - il cammino dei nerazzurri è destinato ad interrompersi. A quel punto, la posizione in classifica in Italia determinerà le possibilità di disputare la Champions il prossimo anno.
E anche il Milan, che sembra davvero avere un volto italiano decisamente migliore di quello europeo, pur godendo di tutte le qualità sopra descritte dell’Inter, dovrà decidere in che modo proseguire la sua stagione, ma certo la quantità di campioni di cui dispone lo pone in posizione più avvantaggiata rispetto ai cugini. Ovvio che il mercato di Gennaio potrebbe alterare significativamente quanto detto finora, ma non appare semplice: non sembrano stagliarsi all’orizzonte offerte e disponibilità finanziarie delle due milanesi tali da sovvertire il quadro. Si tratta di vedere, per le due milanesi, come riusciranno a svecchiare un organico decisamente avanti con gli anni. Ma é bene sapere che le differenze tra un organico giovane (di cui sono composte soprattutto le squadre minori) ed uno più maturo (solitamente presente nei grandi club) si vede soprattutto ad inizio torneo e dura fino alla sosta natalizia. E' da Gennaio in poi che il ritmo di chi ha molto corso per mettere punti preziosi in cascina scende e riprende invece quota l'aspetto tecnico e tattico che si fonda anche sulla classe e sull'esperienza di cui le grandi dispongono.
Discorso diverso per quanto riguarda il Napoli, che più che privilegiare dovrà adeguarsi. Difficilissmo, infatti, il passaggio del turno e il conseguente proseguimento dell’avventura europea; nel caso ciò avvenisse, però, il Napoli per assetto complessivo diverrebbe la più seria candidata al titolo. La Lazio, invece, pur disponendo anch'essa di un organico decisamente poco giovanile, ha trovato in Klose un cecchino implacabile ed il leader in campo di cui aveva bisogno. Il limite resta quello di essere una squadra ottima nei primi 12-12 giocatori, ma con un pesante dislivello qualitativo con la sua panchina. Squalifiche, infortuni e cali di forma rischiano quindi di limitare fortemente le ambizioni biancoazzurre, ma il dato è che gli aquilotti giocano bene e vincono spesso. Non è da tutti.
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di Fabrizio Casari
E’ una domenica che sembrerebbe inconsueta, a guardare nel recente passato calcistico, quella nella quale cadono Inter, Napoli e Roma, cioè tre delle cinque squadre accreditate per la vittoria all’inizio della stagione. Ma é forse il segnale di come questo torneo sia davvero diverso da quello degli ultimi anni, che viveva della grande rivalità tra Roma e Inter. La domenica odierna segnala la crisi (definitiva?) dell’Inter e l’incompiutezza del progetto della Roma (entrambe nella seconda parte della classifica, con i nerazzurri addirittura in zona retrocessione) e indica anche le difficoltà di chi, come il Napoli, dopo lo scorso campionato si ritrova nelle vesti di una “grande” e, con ciò, subisce le attenzioni spasmodiche ad ogni passo falso. Una Lazio stratosferica asfalta il Cagliari al Sant’Elia e conferma come i biancazzurri siano entrati nel vortice virtuoso della maturità. Klose, come al solito, ma anche Rocchi, che festeggia il suo centesimo gol in serie A. E la classifica torna, per la prima volta dopo Calciopoli, a riproporre una testa composta da Milan e Juventus con Lazio e Udinese nel ruolo d’incognite più o meno affidabili.
Quella del Meazza e tra Inter e Juventus è stata una bella partita. Le premesse erano chiare: la squadra più in forma del torneo contro quella più in difficoltà; ma le motivazioni di una classica come il “derby d’Italia” hanno avuto ragione di questa differenza e hanno offerto una partita equilibrata che ha fatto vedere la migliore (o meglio, la meno peggiore) Inter della stagione contro la più saggia ed equilibrata Juventus dell’anno. La differenza in campo è stata quella che intercorre da una somma d’individualità e una squadra compatta. L’Inter paga certamente il discreto numero d’infortunati (Julio Cesar, Ranocchia, Samuel, Thiago Motta, Poli, Forlan e ora Maicon) e se a ciò si aggiungono anche prove come quelle di Chivu e Snejider (quest’ultimo, va detto, gioca con una gamba dolorante), cui si somma l’errore (onestamente riconosciuto) di Ranieri di sostituire Zarate con il più che acerbo Castagnois, allora davvero tutto diventa una salita impossibile.
La Juventus, dal canto suo, ha giocato una partita intelligente, senza votarsi all’attacco ma giocando un contropiede favorito da due linee a protezione della propria porta, reparto meno affidabile della squadra. L’abilità di Conte è stata quella di tenere la squadra molto corta e con un buon pressing, per poi ripartire con velocità. L’errore di Ranieri, invece, è stato non capire che tre centrocampisti contro quattro comunque soffrono, se poi sono ultratrentenni la sofferenza è eccessiva. Inoltre, la difficoltà dell’Inter è quella di concretizzare azioni d’attacco, proprio perché schemi d’attacco se ne vedono pochi e il fraseggio nello stretto al limite lo poteva fare con Eto’o e Milito, non con Pazzini, che ha bisogno di cross dal fondo.
Due strade diverse, dunque, per le eterne rivali: la Juventus ottiene un’iniezione di fiducia e autostima che rafforza ulteriormente le possibilità di una compagine che, giocando una partita a settimana, ha il tempo di costruirsi, provarsi, riposare e ripartire. Non ha ancora il profilo di una grande ma gli anni neri sembrano alle spalle. L’Inter, invece, che definitivamente alle spalle ha il dominio degli scorsi anni, pur mostrando miglioramenti sul piano fisico, è eccessivamente incerrottata e resta comunque un’incompiuta, con troppi giocatori non all’altezza della storia nerazzurra, buoni al massimo per la panchina, non per l’undici titolare. Moratti dovrà mettere mano al portafogli in maniera evidente, magari smettendola di cercare la scommessa del futuro per concentrarsi su quanto già sperimentato ancorché giovane. La squadra che vinse tutto è finita, oggi quella che c’è deve lottare per uscire dalla zona retrocessione.
Il Milan ha affondato una Roma troppo leggera e poco incisiva, che nell’assenza di Totti e nella partita sottotono di De Rossi, ha avuto a disposizione solo le piroette inutili di Pizarro, inabilità ad alti livelli di Bojan e Josè Angel e le distrazioni di Juan. La difesa della Roma è sconcertante nella sua fragilità sui calci piazzati e tenere il pallone nella metà campo non basta se poi in difesa e in attacco non bruci mai sul tempo gli avversari. Del resto quando Ibrahimovic per tutta la partita e Cassano per la frazione che ha giocato alzano in quel modo il livello della classe in campo, c’è poco da discutere di moduli e di assetti.
Il Milan sembra quindi definitivamente tornato, con quattro vittorie consecutive sembra voler ricordare a tutti che è ancora la più forte perché, quali che siano meriti e limiti, possiede in numero maggiore delle altre i giocatori che fanno la differenza. La Roma resta un progetto che appare però fatto di scarsa concretezza e costruito su una terra eccessivamente friabile. Luis Enrique non convince e il suo modo di tenere in campo la squadra non spaventa nessun avversario; il possesso palla estenuante si svolge peraltro solo nel centro del campo e non mette mai i giallorossi in condizione di schiacciare gli avversari. Che poi a Roma ci sia una grande fiducia presso questo nuovo corso è cosa che attiene alle stranezze del mondo pallonaro.
Il Catania di Montella (al quale non venne accordata fiducia proprio a Roma) ha steso il Napoli recuperando dopo essere stata sotto di un gol. Quello di prendere un gol nei primi minuti sta diventando un’abitudine per i siciliani, ma certo che vedere la classifica e scoprire che il Catania si trova nei primi 6 posti c’è da strabuzzare gli occhi. Mazzarri si è detto contento della prestazione, che ha definito la migliore della stagione in trasferta.
Un altro dei misteri di Napoli dopo quello del sangue di San Gennaro. Perché il Napoli ha solo un punto in meno della scorsa stagione, ma la sensazione che offre è quella di una squadra già emotivamente stanca. I numerosi infortuni (Gargano, Donadel, Britos e Pandev) e una panchina poco interessante mettono a dura prova la tenuta fisica dei partenopei, che dovranno ora uscire imbattuti da Monaco per poter proseguire in Europa ed approfittare della sosta per riprendere energie decisive per il proseguimento della stagione.
L’Udinese non stecca e torna seconda alle spalle della Juventus grazie alla vittoria di misura contro il Palermo, che evidentemente soffre lontano dalle mura amiche. Umiliato dal Siena cade rumorosamente invece il Chievo, che fino a poche settimane fa aveva ben altra marcia. Il Bologna stende l’Atalanta per 3 a 1 e la Fiorentina si risolleva con fatica grazie ad un gol di Lazzari che consente la vittoria su un Genoa che viaggia a corrente alternata. Mihajilovic ha salvato così, aòmeno per ora, la sua panchina. Cosa che invece non è riuscito a fare Giampaolo dopo la sesta sconfitta del Cesena in nove gare. Campedelli lo ha esonerato e la sensazione è che Giampaolo sia solo il quinto in nove giornate, altri ben presto ne seguiranno il destino. Il primo vero record di quest’anno.