di Fabrizio Casari

Alle 19,50 di sabato sera, il catering di Milanello ha dovuto smontare in fretta e furia la tavola imbandita per festeggiare la conquista dello scudetto. All’89simo minuto della ripresa, infatti, l’Inter ha dato il via al suo show e, con due gol in tre minuti di Pazzini, ha piegato il Cesena, rimandando così di almeno sette giorni la vittoria del Milan. I tifosi rossoneri accorsi hanno ripiegato le bandiere e sono tornati a casa, dove comunque, poche ore dopo, in un Meazza tutto esaurito, si sono gustati la vittoria (faticosa) sul Bologna; cosa che, almeno, ha mantenuto le distanze necessarie per mettere il titolo in cassaforte.

L’andata e ritorno dell’entusiasmo di Milanello è stato uno dei momenti di questo turno di campionato che, mesto e depresso, si avvia a scrivere i verdetti finali di quest’annata pallonara. L’Inter ha prima sofferto e poi superato nel finale il Cesena. Il merito è stato di Pazzini, che di testa e di piede, da destra e da sinistra, nel giro di tre minuti ha colpito due volte la porta cesenate. Il fatto che Pazzini sia subentrato ad un’inutile Pandev racconta abbastanza anche della fortuna, oltre che della determinazione di campioni che non ci stanno ad abdicare facilmente. La squadra di Leonardo gioca lentamente, sotto ritmo e con poca fantasia. E’ prevedibile ed aggredibile, superabile in velocità e aggressività. Ma non nel carattere, che sembra ormai il propellente unico in assenza della famosa benzina ormai in riserva. L’Inter, va ricordato, ha fino ad ora giocato sette partite in più di coppe rispetto ai cugini milanisti e addirittura 12 più del Napoli, per parlare di chi gli sta sopra e di chi gli sta sotto. Ma è evidente che se Leonardo continua a riproporre sempre e solo lo stesso “undici” di partenza, non ci saranno miglioramenti.

Con ancora da disputarsi la partita tra Lazio e Juventus, decisiva per entrambi ai fini del piazzamento in Europa, la giornata ha visto l’unico risultato roboante nella vittoria per 5 a 2 della Fiorentina con l’Udinese. Una partita bellissima e piena di giocate di assoluto valore; su tutte, il gol fantastico di Vargas, cui hanno fatto seguito la doppietta di D’Agostino e di Cerci, gioiellino romanista prematuramente sloggiato da Trigoria.

L’Udinese di Guidolin sembra essersi persa. Le assenze sono importantissime, giacché Inler e Sanchez sono due perni insostituibili della formazione bianconera, ma l’impressione è che, come spesso succede, le squadre di Guidolin hanno una durata splendida ma breve, nel senso che non riescono a coprire l’arco di un’intera stagione. Resta comunque un campionato straordinario quello dei friulani, che troveranno prossimamente un Milan probabilmente già campione. Ad ogni modo le prossime tre partite potranno proiettare l’Udinese in Champions e questo, com’è noto, non è dettaglio cui a Udine siano abituati.

Il Napoli di Mazzarri batte di misura il Genoa, riuscendo così a non perdere terreno nei confronti dell’Inter in vista della battaglia per il secondo posto in classifica che vedrà nell’ormai prossimo scontro diretto al San Paolo con i nerazzurri una sorta di spareggio.

La Roma, come l’Inter, quando non gioca al meglio si aggrappa comunque all’orgoglio e alla classe dei suoi campioni, primo fra tutti Francesco Totti. Pur ridotta in nove da un’eccessiva severità arbitrale, ha ribaltato per due volte il risultato negativo, arrivando a vincere al fotofinish una partita che la porta momentaneamente ad un punto dalla Lazio. Non solo la classe immensa di Totti, che supera baggio nella classifica dei marcatori italiani, ma anche la determinazione e il carattere tirato fuori insieme alle unghie, gli hanno permesso di avere ragione di un Bari che ha comunque giocato una buona partita mostrando una qualità complessiva che non spiega i soli 21 punti fin qui conquistati.

In zona retrocessione ci sono ancora quattro squadre in sei punti. La Sampdoria riesce ad agguantare il pareggio contro un Brescia che ha sfoderato una prestazione maiuscola, diversamente da quanto fatto una settimana prima contro il Milan, perdendo così un’importante occasione per aumentare le distanze dal fossato della serie B. Dal canto suo il Catania di Simeone sembra aver trovato le misure e batte 2 a 0 il Cagliari, mentre il Chievo supera di misura il Lecce. Il Parma batte anche il Palermo, confermandosi così in un periodo eccellente, segnato da vittorie e gol a ripetizione che, in qualche modo, danno fiducia per lo sprint finale.

di Fabrizio Casari

Con la vittoria sul Brescia, il Milan torna ad avere otto punti di vantaggio sull’Inter e solo la matematica gli impedisce di essere già da stasera campione d’Italia. Una vittoria che è giunta in tempo per togliere suspance al campionato e cominciare così a tirare le somme di quest’annata pallonara. Il racconto di queste ultime settimane vedeva il sogno napoletano, la speranza laziale, la fantastica Udinese, la fine ciclo dell’Inter e la crisi della Roma, tutti davanti alla levata di cappello nei confronti del Milan.

Sarà bene però aggiustare il mirino posto sopra le tastiere, perché il Napoli ha perso due partite di seguito e si è bruscamente svegliato dal sogno; la Lazio ha denunciato limiti di personalità al cospetto dei campioni, l’Udinese ha perso proprio quando avrebbe potuto approfittare della sconfitta della Lazio e l’Inter e la Roma, che pure venivano dalla partita di Coppa Italia di metà settimana, hanno sfoderato due ottime prestazioni e portato a casa i tre punti. La questione, ormai, riguarda solo la lotta per il quarto posto, con preliminari di Champions annessi. Quella per il primo e il secondo posto pare ormai al riparo da sorprese. Resta invece tutta aperta la lotta per non retrocedere, fatta eccezione per il Bari che è già in serie B.

L’Inter ha ribaltato una situazione seriamente compromessa, dal momento che a metà del primo tempo si è trovata in svantaggio e con un uomo in meno per l’espulsione di Julio Cesar. Espulsione discutibile, giacché il portiere non era l’ultimo uomo, dunque un cartellino giallo doveva essere sufficiente. Ma la squadra di Leonardo, pure stanca, non ha dimenticato cosa sia l’orgoglio di un grande gruppo: ha preso la partita in mano ed è andata prima a pareggiare e poi, nella ripresa, a vincere, nonostante abbia dovuto sostituire per infortunio sia Stankovic che Snejider.

Partita bella, intensa, combattuta. Decisamente messa bene in campo, con un modulo molto più coperto ed equilibrato di quello utilizzato fino alla sconfitta a Parma, l’Inter ha vinto con il carattere. La Lazio, il cui ambiente aveva pronosticato la vittoria a Milano per tutta la settimana, ha invece dimostrato carenze in fatto di personalità ed esperienza e, probabilmente, si è illusa di avere doti di palleggio superiori a quelle di cui effettivamente dispone. Ma, forse, l’inizio blando dei nerazzurri l’aveva illusa circa la vulgata generale per la quale ormai i campioni sono archiviati. Non è così, almeno non ancora, visto che in tre giorni hanno vinto in trasferta contro la Roma e in casa contro la Lazio. Aspetto di contorno, ma non meno importante, è stato vedere i tifosi dell’Inter e quelli della Lazio mischiati in tribuna. Si deve ad un ormai storico gemellaggio tra le tifoserie. Non è spettacolo consueto, purtroppo.

Il risultato sorprendente di questa giornata é quello dell’Udinese, sconfitta in casa dal Parma. Certo, il fatto che entrambi i gol di Amauri siano viziati dalla posizione di fuorigioco non depone benissimo per l’arbitro romano Valeri e i suoi assistenti, ma i friulani sono comunque apparsi sottotono rispetto alla settimana scorsa, dove avevano sdraiato il Napoli in trasferta. Soprattutto nervosa (in particolare Inler che aggredisce l’arbitro e che rischia di aver finito il suo campionato), chiede falli a ripetizioni in gran parte inesistenti e non riescono mai a sviluppare il gioco che li ha resi importanti. I tifosi, spinti da quanto vedono in campo, fischiano e rendono il clima ulteriormente incandescente, ma la squadra di Guidolin si è dimostrata incapace di cogliere l’opportunità di piantare bene i piedi in zona Champions per vizio di maturità. E’ la terza sconfitta in quattro partite e solo il prossimo turno dirà se la grande corsa dell’Udinese è già finita.

Il Napoli prende la seconda sconfitta nelle ultime due partite. Stavolta il Ciuccio sbatte contro il Palermo che, con il ritorno di Delio Rossi pare aver ritrovato grinta, se non un gioco. Dopo un’inizio incoraggiante, nel quale trova un rigore grazie ad una ingenuità di Cassani, dalla seconda metà del primo tempo la squadra di Mazzarri ha decisamente subito l’intensità di gioco dei rosanero, che prima pareggiano e poi si portano in vantaggio. Poteva anche andare peggio al Napoli, giacché Damato nega un rigore netto al Palermo. E anche nella ripresa va sottolineato come i siciliani abbiano giocato meglio e sprecato molto: con un po’ di cinismo sotto porta poteva finire in goleada. Par di capire che l’onda lunga dei partenopei si sia infranta sugli scogli.

Niente da fare, invece, per la Juventus, con l'Europa. Nè la zona Champions, né quella dell'Europa League, sembrano ormai allaportata della squadra della famiglia Agnelli. Nemmeno una doppietta di Del Piero é stata sufficiente per piegare il Catania, che nel finale ha agguantato il pareggio. La panchina di del Neri diventa ora decisamente bollente. La Roma ha reagito con una buona prestazione alla sconfitta patita contro l’Inter in Coppa Italia e il risultato finale è decisamente avaro viste le occasioni da gol prodotte dai giallorossi, contro un Chievo però decisamente arrendevole che, evidentemente, si ritiene ormai salvo e lascia l’anima a Verona.

La Sampdoria domina sul Bari e trova finalmente una vittoria, ossigeno vero in questa fase del torneo. Cavasin centra la prima vittoria sulla panchina blucerchiata e aggancia il Lecce al terz'ultimo posto - ma, in virtù degli scontri diretti con i pugliesi, la Samp sarebbe salva. Il condizionale è d’obbligo però. Sono invece vitali i tre punti raccolti dal Cesena contro il Bologna. A dire il vero, il derby regionale è stato uno degli spettacoli più noiosi di questo campionato, ma il Cesena, almeno, quando ha deciso di vincere c’è riuscita. La sua posizione di classifica, ora, è più confortevole, un punto in meno del Parma di Colomba (al secondo risultato utile e contro due grandi squadre) e sopra a Catania, Sampdoria, Lecce e Brescia.

E seil Brescia ha fatto harakiri perdendo con il Milan, candidandosi cosìprepotentemente alla discesa in B, anche i salentini, che sembravano aver messo un piede in salvo, perdendo in casa del Genoa si trovano di nuovo in zona pericolo. Il fatto è che da ora nessuna delle ultime può più permettersi di non vincere tutte le gare rimanenti da qui alla fine. In otto punti ci sono sette squadre, molte speranze e scarni bilanci.

 

di Fabrizio Casari

A cinque giornate dalla fine del torneo, i risultati e la conseguente classifica sembrano già aver impugnato la penna per scrivere la sentenza finale. Hai voglia a dire che ci sono ancora cinque gare e che tutto può succedere: sarà anche vero che solo la matematica offre sentenze inappellabili, ma i campi qualche indizio robusto lo offrono comunque. Il primo, forse il più significativo, riguarda ovviamente la corsa verso il titolo, che pare ormai definitivamente assegnato al Milan.

Complice il capitombolo del Napoli in casa contro l’Udinese e l’implosione dell’Inter, che perdendo a Parma ha raccolto la quarta sconfitta nelle ultime cinque partite tra campionato e Champions. Il Milan, dal canto suo, ha letteralmente schiacciato la Sampdoria con un 3 a 0 che non offre discussioni e ha ormai sei punti di vantaggio sul Napoli e otto sull’Inter.

Se quindi l’assegnazione dello scudetto non pare ormai aver storia, le questioni più interessanti riguardano il piazzamento in zona Champions e la lotta per la retrocessione. Conta molto meno, invece, il piazzamento in zona Europa League, dal momento che le squadre italiane hanno già dimostrato (stupidamente) di non prestare particolare interesse a questa competizione; che sarà anche meno prestigiosa della Champions, ovvio, ma che porta comunque trofei, esperienza, vittorie possibili ed incassi che non andrebbero sottovalutati.

Ovvio che i giocatori la pensano in modo diverso; per loro si tratta di un impegno faticoso eccessivo in rapporto al prestigio della competizione. E’ uno degli elementi strambi del calcio italiano che, avendo visto precipitare il suo rating, dal 2012 porterà solo tre squadre (e non più 4) in Champions.

In pochi pensavano che la gara di Napoli sarebbe stata una passeggiata per i ragazzi di Mazzarri, ma in pochissimi ritenevano che addirittura l’Udinese potesse fare il colpaccio, a maggior ragione vista l’assenza di Sanchez e Di Natale, le due perle bianconere. E invece la squadra di Guidolin, ottimamente schierata in campo, imponendosi per due a uno ha strappato i tre punti e, con essi, un pezzo di cuore alla Napoli calcistica che cominciava davvero ad accarezzare il sogno. Cavani, il bomber che ha messo le ali agli azzurri, sbaglia un rigore e il fatto che i gol dei friuliani siano venuti dal suo ex centravanti Denis e dalla sua futura matricola Inler, aggiunge solo un pizzico di scaramanzia al risultato.

La sconfitta dell’Inter a Parma era in qualche modo annunciata. I nerazzurri sono davvero in debito d’ossigeno quanto di motivazioni e il calcio, invece, si gioca con testa, piedi e polmoni. Il Parma aveva disperato bisogno di punti e trovare una squadra in disarmo come l’Inter era un’occasione da non perdere per tentare di migliorare la classifica. Leonardo nelle ultime due settimane ha letteralmente bruciato quanto di positivo aveva cumulato tra gennaio e marzo, con un’Inter che aveva dato luogo a una rincorsa straordinaria da quasi metà classifica al secondo posto.

L’idea di calcio di Leonardo avrebbe bisogno di un altissimo tasso tecnico e atletico cui affidare la supplenza dell’equilibrio nello schieramento. Ma il primo vive solo se c’é il secondo e una rincorsa come quella durata 15 partite azzera le energie e, con esse, rende sterile la tecnica. Turn over mancato e infortuni a catena spiegano solo in parte il quadro attuale: la verità è che l’Inter è stata vittima di errori di Milito in zona gol costati diversi punti, altrettanto dicasi per una difesa mai adeguatamente protetta dal suo centrocampo. Se non vincerà la Coppa Italia - ma forse anche vincendola - Leonardo vedrà quindi la sua carriera di allenatore finire precocemente.

Sempre per quanto riguarda la zona Champions, a meno di miracoli pare compromessa la presenza della Roma nella prossima stagione. Nonostante i rosanero nel primo tempo non avessero certo messo i giallorossi alle corde (per usare un eufemismo) e nonostante il vantaggio, la Roma ha presto esaurito il fiato e la concentrazione necessaria, alla quale si è aggiunta la faciloneria - al limite dell’indisponenza - mostrata da Vucinic in zona gol. Montella non ha spiegato il perché dell’esclusione di Borriello: o meglio, l’ha spiegato in un modo tale che forse era meglio tacere. Secondo l’allenatore della Roma, infatti, farlo giocare avrebbe messo in discussione la presenza e il ruolo di Totti; dunque, la panchina era la soluzione necessaria.

Ora, dire che la Roma non è in grado di giocare con due attaccanti è davvero teoria bislacca che, oltre a non avere senso, sconfessa la scelta di acquistare Borriello (avendo già Vucinic e Totti) nell'estate del 2010. Intanto, però, l’esclusione dell’attaccante calabrese si è accompagnata con un ciclo negativo. Ad ogni modo la sconfitta casalinga contro il Palermo non è certo stata la maniera migliore per celebrare l’accordo per il passaggio di mano della società; un’acquisizione che, nonostante alcuni passaggi ancora da interpretare, segna comunque la fine della gestione Sensi e, per la prima volta in Italia, vede la proprietà di una squadra nelle mani di stranieri.

La Lazio, invece, non fa sconti e asfalta il Catania. Una partita senza storia con la squadra di Reja che va di goleada. Si trova ora al quarto posto e a soli 3 punti di distanza dall’Inter che occupa il terzo, quattro punti sopra l’Udinese e ben sette sopra i “cugini” romanisti. A questo punto la partita tra Inter e Lazio definirà con molta probabilità il nome della terza e della quarta in classifica. Anche perché la Juventus, fermata a Firenze dalla squadra di Mihajilovic, interrompe la serie positiva delle ultime gare e resta lontana dalle prime quattro posizioni.

In zona retrocessione c’è invece da registrare l’ormai probabile discesa in B della Sampdoria. Non lo meritano i suoi giocatori, mentre lo meritano alcuni dei suoi tifosi; quelli cioè che dopo la sconfitta con il Milan hanno assalito con pietre e bastoni il pulman della squadra minacciando di morte i giocatori. Sarebbe bello che i giocatori si rifiutassero di giocare la prossima gara per protestare, ma resterà un sogno.

Crolla il Brescia, che pure doveva fare risultato. Il Genoa s’impone con un rotondo 3 a 0 e la situazione di classifica delle Rondinelle resta decisamente problematica. Il Lecce, invece, riprende una partita che sembrava persa e si porta sul 3 a 3. Più che per la sua situazione di classifica, dove un punto serve poco, il pareggio è però segno di una volontà di non mollare che inietta autostima, cioè la componente fondamentale per il rush finale dove si deciderà chi potrà restare nella massima serie. Sempre in zona retrocessione, il Cesena coglie una vittoria importante sul Bari, ormai condannato, imponendosi per 1 a 0. Si trova con due punti sopra il pacchetto delle tre ultime e anche due punti, nelle prossime cinque partite, potrebbero fare la differenza. Appena sopra, il Chievo rifila due gol al Bologna e prende i tre punti. Non sufficienti per stare tranquilli, ma anche non così vicino al baratro dall'aver paura di caderci dentro.

 

 

di Fabrizio Casari

La testa della classifica resta quella che era. L’illusione napoletana del condominio con il Milan è durata poche ore. I rossoneri, infatti, vincono a Firenze, così come il Napoli aveva vinto poche ore prima a Bologna. Entrambi sono comunque sopra l’Inter che pure batte il Chievo a San Siro. E se la coda della classifica offre scenari inediti, per quanto riguarda la testa i sommovimenti sono quelli offerti dalle vittorie di Roma e Lazio, rispettivamente su Udinese e Parma. I biancoazzurri di Reja conquistano il quarto posto in solitaria. Succede quindi che in sei punti, quelli che dividono la Lazio dalla Juventus, si trova la pretendente al quarto posto, che regala il biglietto per l’Europa che conta.

Il Milan ha ragione di una Fiorentina priva di Mutu e con Gilardino impalpabile. Finisce 2 a 1 ma Mihaijlovic non può fare miracoli e se Montolivo cerca di fare quello che può, i viola fanno l'errore di non crederci a sufficienza. Nuova espulsione per Ibra, che prima rimedia un giallo e, pochi minuti dopo, un rosso diretto. In attesa che Galliani ordini la squalifica che preferisce, lo spento svedesone potrà pensare a quale scempiaggine é saltare tre o quattro turni quando ne mancano sei alla fine. La fortuna di Allegri é avere un Seedorf e un Thiago Silva in grande forma e un Pato devastante. E forse, ora, quella di non dover inventare un modulo che preveda l'obbligo della presenza di Ibra a danno di altri.

Al Napoli, pure privo di Cavani (ma Mascara, che l’ha sostituito, e segnato il primo dei due gol partenopei), è stato sufficiente un primo tempo quasi perfetto e, una volta tanto, Hamsik si è rivelato decisivo proprio quando ce n’era bisogno, segnando il rigore che ha chiuso la partita sul 2 a 0. Vince così la sua nona trasferta in scioltezza, non dando mai al Bologna l’illusione di poter riprendere la gara. Domenica prossima avrà come avversario l’Udinese, la quale dovrà ad ogni costo vincere se vorrà alimentare di nuovo i sogni di Champions di Pozzo. Il San Paolo sarà completamente esaurito, perché il pubblico, in certe occasioni, può davvero essere il dodicesimo uomo in campo.

Si attendeva poi il riscatto o il definitivo crollo dell’Inter dopo le due sconfitte patite in campionato e in Champions nell’arco di tre giorni. Due gol nella ripresa di Cambiasso e Maicon hanno siglato la vittoria, ma la squadra di Leonardo ha denunciato comunque una condizione fisica incerta sul piano della brillantezza e nell’organizzazione di gioco. L’allenatore brasiliano ha comunque reagito alle precedenti sconfitte cambiando l’assetto della squadra; ha riportato Cambiasso davanti alla difesa e ha rinforzato il centrocampo, soprattutto piazzando Zanetti sulla mediana destra e inserendo Nagatomo nel ruolo di laterale difensivo sinistro. Squadra più equilibrata e risultato utile sono causa ed effetto, qui come in Brasile.

Per inciso, se Milito si è divorato due gol (come in ogni partita in questa stagione) ed Eto’o è apparso defilato e scontato nelle sue giocate (è ormai triplicato da ogni squadra avversaria con due centrocampisti e un difensore), è stato proprio il terzino giapponese ad essere determinante. Il rientro di Lucio in difesa ha poi chiarito come mai nelle due partite precedenti la sua assenza aveva contato così tanto. Il ritorno in Germania per i quarti di Champions resta comunque un viaggio della speranza.

Il risultato più eclatante l’ha ottenuto la Roma ad Udine, sconfiggendo la squadra di Guidolin per due a uno con una doppietta di un Totti straordinario. Certo, all’Udinese mancavano Sanchez in attacco e Inler a centrocampo e la loro assenza, complice anche un Di Natale in precarie condizioni fisiche, ha messo a nudo i limiti dell’Udinese quando è priva dei sui uomini migliori. Non priva di polemiche sull’arbitraggio, la partita ha cambiato in parte la classifica delle due contendenti ai fini del piazzamento finale in zona Champions.

Vantaggio della Roma, poi raggiunta a tre minuti dalla fine dall’Udinese e poi nuovo e definitivo vantaggio dei giallorossi nei minuti di recupero. Che si trovano così a soli tre punti dai friuliani e con ancora sei partite per decidere chi, tra le due, potrà entrare definitivamente in zona Champions. Il capitano della Roma, con un gol su rigore e uno su azione, riporta sulla pista di decollo l’aereoplanino di Montella e permette un po’ di respiro anche ai neo acquirenti americani.

Prosegue intanto la risalita della Juventus, che soffre ma vince tre a due dopo esser stata sotto per due a uno. Matri e poi Toni trasformano la partita: per la prima volta sembra acquisire senso gli acquisti di Gennaio e i bianconeri, sempre stretti tra il futuro che non arriva e il passato che non passa, si riavvicinano alla zona Champions, che dovrebbe essere il minimo del presente.

In zona retrocessione si trovano Sampdoria, Parma, Cesena e Brescia, con la Samp che normalmente non la si rintraccia così in basso nella classifica. Garrone dovrà inventare qualcosa riguardo la panchina, perché quando si falliscono occasioni e partite come quella con il Lecce è segno che la squadra non ha più la lucidità necessaria. Pareggiano anche Bari e Catania, con quest’ultima che ha buona ragione a recriminare per i due punti persi.

Per la Sampdoria e per il Parma si fa dura: non é servito a molto il cambio nella guida tecnica, Marino non è un’incompetente e Colomba non è un fenomeno. Nemmeno il prestito di Amauri sembra aver dotato il Parma di una capacità offensiva in grado di finalizzare il suo gioco e ora la serie B diventa un possibilissimo incubo.

Pareggiano il Cesena e il Brescia. I romagnoli riprendono la partita in mano nei minuti di recupero, dopo che il Palermo si era portato in vantaggio di due gol. Brescia e Cagliari pareggiano alla fine di una partita a dir poco tesissima: la posta in gioco era importante e un punto ciascuno non risolve niente a nessuno. Anche qui, il ritorno di Delio Rossi sulla panchina non ha cambiato di molto il risultato della squadra di Zamparini il chiacchierone.

Il Lecce vede invece avvicinarsi la salvezza andando a vincere a Marassi contro la Sampdoria, che quasi sicuramente darò l’addio a Cavasin, che così avrà cumulato due licenziamenti in un solo anno: Lecce e Samp. La partita è stata più che vivace, con tre rigori recriminati nei primi cinque minuti di gioco. Il resto della gara è stato combattutto senza risparmio di calci, gomitate ed entratacce oltre ogni limite di regolamento, ma Tagliavento - inflessibile contro chi decide di punire - nella circostanza ha scelto di darsi all’ecumenismo. Evidentemente non c’erano indicazioni precise dall’ineffabile vertice arbitrale nostrano.

di Fabrizio Casari

L’Inter era seconda in classifica, poteva diventare prima, si ritrova terza. Un fine settimana calcistico decisamente imprevisto, almeno dai bookmakers. Il Milan, infatti, ha abbattuto l’Inter smentendo i pronostici, mentre il Lecce, davvero contro ogni previsione, stende l’Udinese dei miracoli che vede così parzialmente sfumare il sogno Champions, anche perché dovrà giocare proprio contro il Milan nelle prossime partite.

Il derby di Milano ha stabilito con qualche giornata d’anticipo non tanto la vittoria finale del Milan quanto l’addio dell’Inter al filotto di scudetti inanellato negli ultimi anni. Il Napoli, infatti, con la vittoria sulla Lazio, grazie ad evidenti errori arbitrali, ha scavalcato i nerazzurri al secondo posto. La sfida tra la squadra di Leonardo e quella di Mazzarri che vedrà lo scontro diretto al San Paolo, sembra infatti diabolicamente perversa: nel caso i campioni del mondo vincessero, sarebbero i protagonisti involontari del possibile, definitivo verdetto a favore del Milan.

Resta il fatto che in nove punti ci sono 4 squadre, il che indica un fine stagione al cardiopalma, anche per quanto riguarda gli errori arbitrali, che non sono stati pochi, ma tutti favorevoli al Palazzo e che, ci si può scommettere, continueranno a verificarsi nella stessa direzione. A darne un saggio sono state le partite di Milano e Napoli, dove due gol netti (addirittura clamoroso quello della Lazio) non sono stati considerati tali e, nelle stesse partite, alcune decisioni sulla concessione di rigori sono apparse almeno generose a favore di Milan e Napoli.

Il derby di Milano, diversamente da ciò che si pensava, ha detto che è molto più importante Lucio per l’Inter che non Ibrahimovic per il Milan. Ma l’ha perso soprattutto Leonardo, che non sembra aver compreso la differenza che corre tra una squadra equilibrata e una che non lo é. Giocare con tre punte e un trequartista significa infatti non creare necessariamente un vantaggio contro una difesa a quattro, mentre è certo che giocare con due centrocampisti contro quattro è sicuramente un modo per non vedere mai la palla a centrocampo, ridurre la protezione della difesa e tenere 40 metri di vuoto tra difesa e attacco.

Peraltro, Thiago Motta e Cambiasso cercavano di avvicinarsi come possibile alla zona offensiva e questo apriva letteralmente praterie al Milan, Leonardo, per antico ruolo, dovrebbe sapere che nel calcio le partite si vincono a centrocampo e, per antiche appartenenze, dovrebbe sapere che attaccare e lasciare il contropiede a Pato o Seedorf significa andare in cerca di guai serissimi. O l’Inter torna al rombo e lascia il 4-2 fantasia per le partite di beneficienza, o rischia di perdere anche quanto di buono fatto finora.

Il Milan, va detto, ha giocato di squadra e ha affrontato la partita con il doppio della grinta normalmente dimostrata. Probabilmente la paura di veder svanire le fatiche di un’annata e il desiderio di vendicarsi degli ultimi due anni di sconfitte nei derby ha moltiplicato le energie, ma anche aver risparmiato i suoi nazionali dalle trasferte con le rispettive squadre mentre gli interisti giocavano, ha avuto il suo peso. Resta il fatto che Leonardo i derby non riesce a vincerli, quale che sia la panchina che occupa.

Nota di stile: gli insulti che la curva e i giocatori hanno riservato a Leonardo dimostrano come i Galliani boys abbiano l’orizzonte sportivo limitato. Gattuso, in particolare, si è distinto nelle bestialità, cosa del resto non nuova ad un giocatore mediocre nella tecnica ma straordinario nell’aggressivitò, cui molto è stato ed è tutt’ora concesso dallo strapotere politico e mediatico del Milan. Rizzoli, che al Palazzo è per così dire “sensibile”, ha fatto il possibile per facilitare la vittoria rossonera, non convalidando il gol di Motta, non fischiando il fuorigioco di Robinho sul primo gol del Milan e tenendo in campo Van Bommel, reo di numerosi falli da cartellino giallo.

Il Napoli invece, ha corollato la sua vittoria grazie ad una tripletta del “matador” Cavani, davvero strepitoso e non da oggi, al punto che se gli azzurri si trovano al secondo posto molto è merito del bomber uruguayano, non certo del suo allenatore. Ma il successo della squadra di De Laurentis è arrivato anche grazie ad un gol non convalidato di Brocchi (il pallone era entrato di almeno mezzo metro) e alla generosa concessione di un rigore inesistente che ha lasciato pure la Lazio in 10.

Nonostante ciò, la Lazio ha messo davvero paura alla squadra di Mazzarri che, privo di ogni senso della decenza, non ha nemmeno voluto ammettere i due regali, raccontando la storiella del Napoli che ha meritato “nel complesso della partita”. Sarebbe bene che cambiasse atteggiamento Mazzarri: quando perde è colpa degli arbitri, quando vince è merito del Napoli. Quando riceve un torto urla e strepita, quando riceve un regalo tace.  E’ così che si prepara ad andare alla Juventus?

Reja, invece, dovrà pur spiegare come pensa di vincere oltre che di non perdere. Con la squadra in vantaggio Hernanes sarebbe stato fondamentale per tenere il controllo del gioco e tentare nello stesso tempo il colpo del ko. E’ vero che in trasferta si sono segnati tre gol, ma è anche vero che la difesa del Napoli, non proprio ermetica, poteva essere ulteriormente colpita. Davvero risulta difficile spiegare com’è possibile che i talenti calcistici vivano in panchina e gli onesti pedalatori vadano in campo. Va bene gli equilibri, ma tentare di vincere dovrebbe essere nel dna di una squadra che non ha molto da invidiare a quelle che la precedono in classifica.

E l’Udinese? Sconfitta nel punteggio e nel gioco da un Lecce garibaldino. Perché puoi anche giocare il calcio più bello del campionato, ma poi arrivi a Lecce e trovi un Bartolacci qualunque che t’infila due volte e rimanda a Udine il sogno della certezza di un posto in Champions. Ci sono ancora sette partite però e a Udine dovranno solo spegnere i canali degli incensatori e ritrovare l’umiltà di vivere sottotraccia e giocare senza nulla da perdere. Sarebbe davvero un peccato se la corsa di Guidolin dovesse fermarsi proprio ora.

Un’altra partita in chiave Champions era quella dell’Olimpico tra Roma e Juventus. I bianconeri, più incerottati che mai, hanno avuto ragione di una Roma mai davvero all’altezza delle necessità che la gara imponeva. Un buon primo tempo della Roma, un'ottima ripresa della Juve. I giallorossi dovevano vincere per riportarsi in quote importanti, ma non ce l'hanno fatta ed ora i primi posti appaiono troppo lontani.

Peccato, perché raggiungere o no la zona Champions non è indifferente per nessuno e, meno che mai, per una Roma che con la nuova proprietà solo in attesa di firma avrebbe davvero bisogno di partire con il piede giusto. Perdere il prestigio e i milioni di euro che la Champions porta con sé sarebbe gravissimo, non ultimo anche per le conseguenze sul piano della campagna acquisti e della programmazione. Le grandi firme non vanno in una squadra che non gioca la Champions. Del Neri invece, vince in uno stadio che non l’ha mai amato e, in attesa di sapere quale sarà la panchina su cui siederà il prossimo anno, si toglie una piccola soddisfazione.

Simeone ha già dimostrato di aver capito come rivitalizzare il Catania e metterlo in condizione di uscire prima possibile dalla zona retrocessione. Un Catania che si è presentato in campo con la grinta che aveva il suo allenatore quando giocava e che ha letteralmente asfaltato il Palermo, che pure aveva sconfitto il Milan nel turno precedente. Com’era facile immaginare, la sconfitta ha prodotto l’immediata e isterica reazione di Zamparini, che come con tutti i diciotto allenatori precedentemente assunti e licenziati, ha accusato Serse Cosmi di aver commesso errori elementari.

Nessuno sa a quale accademia del calcio abbia studiato Zamparini, ma aveva già dichiarato che il derby sarebbe stato “decisivo” per la sorte di Serse Cosmi; quindi non mancherà molto all’annuncio della sua sostituzione. Quello che sicuramente non dirà è che quello odierno è il quarto derby di fila perso dal Palermo e che Cosmi lo ha voluto proprio lui per sostituire Delio Rossi. L’emulo del fu Costantino Rozzi aiuterebbe molto il Palermo se davvero decidesse di farsi da parte o, almeno, tacere per un paio di mesi.

In attesa del licenziamento di Cosmi c’è già quello di Marino, che ha pagato la sconfitta casalinga del Parma contro il Bari. La squadra di Mutti, data ormai per spacciata, ha dimostrato di non voler lasciare la massima serie e che, se sarà costretta a farlo, ciò avverrà dopo aver lasciato l’anima sul campo: questo il messaggio del 2 a 1. Il Parma ripiomba invece nel pieno della lotta per la salvezza. Marino ha pure le sue attenuanti, giacché giocare senza quattro titolari squalificati non è semplice per un organico come quello del Parma, ma appariva comunque evidente un difficile rapporto di fiducia tra il tecnico e l’ambiente tutto, dai tifosi alla società. Tra Bari, Brescia, Cesena, Parma e Lecce sarà lotta all’ultimo respiro per decidere chi rimarrà in seria A.

La Fiorentina c’ha creduto e poi si è ricreduta. A proposito di condannati che non s’arrendono, il Cesena a fine gara è riuscita ad agguantare un pareggio prezioso e, senza una grande parata di Boruc, poteva addirittura sfiorare l’impresa. Sarebbe stato ingiusto per i Viola, ma anche giocare senza la necessaria concentrazione i finali di partita non lo é. Il Cagliari prende tre punti preziosi con Acquafresca, che castiga il Genoa ricordandogli la legge dell’ex, mentre tra Chievo e Samp si è consumato il pari annunciato. Dai flussi di scommesse, almeno.


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