di Fabrizio Casari

Il campionato ha ripreso la sua fisionomia classica, com’era inevitabile. Le grandi vincono, mentre le squadre rivelazione, che nelle prime giornate avevano illuso circa una possibile annata anomala e, per questo, entusiasmante, sono tornate nella parte bassa della classifica, rientrando nei ranghi e riproponendo nei numeri consueti il torneo. Dunque un campionato che si annuncia assolutamente normale, con i risultati prevedibili, i favori arbitrali consueti, le classifiche scontate.

Il Milan prova la fuga, ma senza Ibrahimovic e i favori arbitrali sarebbe nella parte bassa della classifica. La Juventus sta procedendo spedita e la vena di Aquilani (che ha liberato Felipe Melo dalla regia, che non gli appartiene, riportandolo a fare il mediano) e Krazic, alzano la qualità di una squadra comunque solida e da battaglia come tutte le squadre di Del Neri. Che ha la fortuna dalla sua: due pali diventati gol contro il Genoa, che ha anch’essa preso due pali divenuti nulla. Si vince anche così.

La Roma è tornata e, con un organico finalmente sazio di possibili ricambi in tutte le zone del campo, rimane una delle favorite per il titolo. Alla Lazio manca solo un goleador da doppia cifra; lo avesse, sarebbe in alto, solitaria. Il Palermo, che gioca forse il calcio più bello, avrebbe invece bisogno di un difensore di razza, giacché Pastore e il ritrovato Miccoli segnano, ma non impediscono di subire gol. Anche il Napoli sembra procedere speditamente, mentre la Fiorentina patisce eccessivamente l’assenza di Jovetic e Gilardino non fa miracoli.

In questo campionato così normale, l’unica eccezione dalla norma, roboante quanto inaspettata, è rappresentata dall’Inter di Benitez, ormai ufficialmente in crisi. La caduta di Verona ha confermato come ogni squadra che giochi contro i nerazzurri di questi tempi riesca a sfoderare un’ottima prestazione. La ricetta è semplice: aggressività fisica e velocità. L’Inter infatti è lenta e molle, arriva in ritardo su ogni pallone conteso e fatica a chiudere gli spazi. Protegge poco e male la difesa che, eccezion fatta per Lucio, di suo non brilla comunque. Infatti i nerazzurri prendono gol evitabilissimi a difesa schierata o a difesa superata in velocità.

Benitez ha molte colpe e alcune attenuanti. L’attenuante maggiore è quella degli infortunati. Su una rosa di 23 giocatori, l’Inter ha undici infortunati, dei quali sei (Julio Cesar, Maicon, Samuel, Chivu, Thiago Motta e Milito) titolari inamovibili. Tra le seconde linee sono infortunati Mariga, Obi, Coutinho e Suazo. Tutti insieme formerebbero una squadra di tutto rispetto e sono, comunque, la rappresentazione evidente di come alla squadra manchino titolari e rincalzi possibili. Nessuna squadra potrebbe risultare competitiva senza sei o sette titolari in campo e a Milan, Juve, Lazio e Roma basterebbe non averne due o tre per entrare in crisi.

La società, che conferma la fiducia nell’allenatore spagnolo (almeno per il momento) ha gravi responsabilità nella gestione della campagna acquisti: tenere ad ogni costo giocatori che avevano voglia di andarsene (Maicon e Milito su tutti) e lasciar partire Balotelli, non vendere pezzi inutili (Pandev) e acquistare altri giocatori non da Inter (Biabiany e Coutinho) non ha certo aiutato Benitez, che aveva chiesto due rinforzi e non li ha ottenuti.

Ma Benitez, da parte sua, ha dimostrato di non capire cosa fare, programmando una preparazione sbagliata e faticosa, per una squadra che oltre al Triplete - da cui era uscita stanchissima - aveva sul groppone i mondiali e rientrava in campo in anticipo per disputare la Supercoppa italiana ed europea. Oggi definisce i giocatori “spremuti”: e non poteva accorgersene prima? E non poteva evitare di sottoporli ad una preparazione pesante ed inutile, visti i risultati?

Il lavoro in palestra sulla muscolatura è stato un errore gravissimo: prova ne sia che 9 giocatori degli attuali ospiti dell’infermeria, più Cambiasso e Stankovic appena rientrati, si sono infortunati nello stesso punto, il bicipite femorale. Coincidenze? L’allenatore spagnolo farebbe bene ad assumersi le sue responsabilità e ad ammettere l’errore nella preparazione, invece che tentare di scaricare la colpa sulla passata stagione, anche perché se avesse lo stesso ruolino di marcia nessuno lo accuserebbe di nulla. E anche perché Obi e Coutinho l’anno scorso non giocavano con Mou.

Dulcis in fundo, Benitez non ha molte idee su come schierare la squadra, ma le poche che ha sono sbagliate. Chiedere ad una difesa di trentenni ed oltre, fortissimi ma poco portati alla velocità (se si eccettua Cordoba, non titolare però) di giocare alta, significa assumere un rischio notevole di subire ripartenze avversarie. E se s’insiste nel proporre un gioco fatto di passaggi brevi e laterali, oltre a togliere profondità all’attacco si aumentano i rischi proprio delle interdizioni e delle ripartenze avversarie con la squadra sbilanciata in avanti.

L’idea di giocare nella metà campo avversaria con una squadra alta, senza ali e con una velocità ridotta, è davvero ingenua. Ma soprattutto l’Inter, quando entra in possesso della palla, non sa cosa farci. Nessun movimento degli attaccanti a dettare il passaggio e, quindi, nessun gioco di prima, nessuna incisività offensiva. Non era per questo che Benitez è arrivato all’Inter, non sarà con questi risultati che continuerà ad occuparne la panchina. La sfida di Champions con il Twente rischia così di divenire la prova d’appello.

di Fabrizio Casari

L’Inter non è più quella dello scorso anno e il Milan nemmeno. La vittoria del Milan, con il solito rigore di Ibrahimovic, interrompe al numero 46 la fila di partite che l’Inter non perdeva a San Siro e riporta i rossoneri al comando della classifica. Le due milanesi, che negli ultimi quattro anni avevano dato luogo ad un film del campionato che vedeva i nerazzurri davanti a vincere e i rossoneri dietro a perdere, quest’anno sembrano aver invertito vittorie e, forse, destini.

Il Milan, come sempre, gode di una certa accondiscendenza arbitrale; solo l’affetto di Trefoloni, infatti, consente a Gattuso di rimanere in campo con solo un giallo dopo 5 falli consecutivi, di cui due su Eto’o che andava verso la porta. A nessuno sarebbe stato permesso, a Gattuso sì. Ma il Milan ha meritato di vincere; è stato più attento in difesa e più pericoloso in attacco, più rapido e ordinato a centrocampo. Anche quando è rimasto in dieci ha controllato la partita senza particolari affanni.

L’Inter è in crisi piena di gioco. Sebbene abbia mostrato progressi sul piano fisico-atletico, è proprio l’assenza di schemi e sincronismi che ingabbia il gioco dei nerazzurri in uno sterile susseguirsi di appoggi laterali. E’ lenta, totalmente priva di fantasia, non cerca mai di velocizzare il gioco e le fasce non sa nemmeno dove si trovino. Se questo era il modo con cui Benitez pensava di migliorare il gioco dei Campioni d’Europa, era meglio tenere lo spagnolo lontano da Milano. Aver perso il primato in classifica, la Supercoppa europea, l’imbattibilità del suo campo e aver cacciato uno straordinario dirigente come Oriali, è per ora il triste bilancio di una società che pare essere lei, più che i giocatori, orfana di Mourinho.

E ovviamente non poteva mancare un infortunio muscolare, non sarebbe l’Inter di quest’anno. Stavolta è toccato a Obi e sempre al bicipite femorale. E’ il 18esimo consecutivo. Speriamo che Benitez non dia anche a questo la colpa del mondiale e del Triplete. Ma parlare chiaro al tecnico spagnolo, che ha cambiato tre volte l’assetto della squadra senza mai capire molto cosa fare, è ormai questione che non può essere più rinviata. Il Mondiale per club è alle porte e l’Inter rischia di perdere anche quello.

Quello tra Juventus e Roma è stato un pareggio che rispecchia più i limiti che non la forza delle due squadre. Che si temevano e si sono controllate, fino a quando ci sono riuscite. Poi la Juve ha provato a vincere, ma la Roma ha controllato bene la partita dopo aver acciuffato il pareggio. L’aspetto fastidioso di una partita comunque non spettacolare - e a tratti piuttosto nervosa - è che l’arbitraggio è riuscito a condizionare il risultato. Ma non nel senso che ha denunciato la Juventus, che ha accusato Rizzoli di scarso “rispetto” (Marotta docet) per aver concesso un rigore alla Roma (realizzato da Totti) per un colpo di gomito di Pepe che ha impedito alla punizione dello stesso Totti di prendere la via dello specchio della porta juventina.

Il rigore fischiato alla Roma era sacrosanto e, semmai, ne manca un altro, per fallo di Chiellini su Mexes. Marotta, riferendosi probabilmente al rigore risparmiato al Milan contro il Palermo la settimana scorsa (ancora più netto di quello di Torino, va detto) ha ritenuto che un regalo al Milan doveva essere compensato da uno alla Juve. Così era uso, infatti, ai tempi di Calciopoli: una cosa a Moggi e un’altra a Galliani. Nostalgia dei tempi andati, probabilmente. Non a caso in settimana la società della famiglia Agnelli ha ritenuto di dover ritirare le querele contro il duo monnezza (Moggi e Giraudo) e ha colto l’occasione per far dire al suo ultimo rampollo quanto stimi Lucianone, nonostante qualche incidente di famiglia. Ma per quanto riguarda il campo, Marotta e Del Neri si ritengano fortunati: la Roma, di rigori, poteva averne due. Si consolino dunque con lo splendido gol di Iaquinta.

A proposito di professionisti del lamento, non poteva mancare Mazzarri, che accusa Zarate di aver toccato con un braccio il pallone, in occasione del gol laziale. Mazzarri dimentica che, tre giorni prima, il suo Napoli ha preso i tre punti con un gol viziato da un fallo e con un’estensione del recupero arbitrale oltre quanto annunciato. Se non si vince in campo è inutile tentare di vincere davanti alle telecamere. Se un giorno Mazzarri riuscirò a vincere qualcosa forse comincerà a tacere: dunque, temiamo, lo sentiremo ancora a lungo.

L’Udinese strapazza il Lecce, il Genoa passa a Cagliari, il Bologna batte il Brescia e la Fiorentina batte il Cesena. Per il Palermo ci pensa Pastore, che manda il Catania al pascolo. Con una tripletta straordinaria il fuoriclasse argentino ha risolto il derby regionale siculo. Delio Rossi ha dichiarato: “Dio ha dato il talento a Pastore e i grandi giocatori si vedono nelle partite importanti”. A fine partita Pastore, commentando le voci di mercato che lo riguardano, ha detto che il prossimo anno giocherà a Palermo. Davvero servirà dio o una grande banca perché ciò accada davvero.

La Lazio ha dato invece un segnale di ripresa importante e l’esito della partita non è mai stato in discussione. Zarate e Floccari vanno in gol per la gioia dei tifosi e per far tacere un allenatore che solo sul campione argentino sembra voler concentrare ogni sua critica. Sarebbe meglio lasciarlo giocare come sa.

 

di Fabrizio Casari

La Lazio non comanda più la classifica. Un missile terra-aria di Parola a pochi minuti dalla fine riporta l’aquila sul trespolo. Le scorie del derby non sono state ancora smaltite, evidentemente. Il Milan di Allegri, sospinto da arbitraggi al limite dell’indecenza, mette la freccia e vola in testa e il Napoli, che vince all’ultimo minuto di recupero sul campo del Cagliari con un contropiede pazzesco di Cavani e Lavezzi, si trova al terzo posto. Il rischio, ora, è che ci toccherà sentire vanesio Mazzarri in tutte le salse su tutte le reti.

Le inseguitrici - Inter e Juve - non vanno oltre un pareggio. Delle candidate a vincere mantengono quindi le previsioni solo Milan e Roma: la prima grazie all’arbitro, la seconda a se stessa. La Lazio quindi avverte i suoi tifosi: la festa è finita, ora ci toccherà sudarci tutto. La Roma, d’altro canto, avverte tutti: la vittoria nel derby è stato l’inizio della ripresa e appare all’orizzonte la zona Champions League..

Ne fa le spese la Fiorentina che lascia la pelle all’Olimpico. Un’ottima partita quella dei giallorossi, che rispetto alle prime cinque giornate dimostrano di voler provare a insediarsi stabilmente nei posti alti della classifica. I giallorossi, pure alle prese con qualche problema di assetto, sembrano aver trovato un buon livello di serenità e, soprattutto, hanno ricominciato a correre.

Già, correre. Cosa che non può certo dirsi dell’Inter che è, semplicemente, irriconoscibile. Il ritmo è quello di una partita di beneficienza e alcuni dei suoi giocatori - Pandev, Coutinho e Biabiany non sono all’altezza delle ambizioni di un club come quello nerazzurro. Se poi si aggiungono giocatori visibilmente fuori forma e svogliati, come Chivu, allora davvero tutto si fa più difficile.

Se l’Inter non perde è grazie ad una magia di Eto’o che mette Milito a pochi centimetri dalla porta. Se non vince è per colpa di Pandev che si divora un gol che avrebbe segnato anche un bambino. Il gioco non esiste: passaggi di pochi metri in orizzontale, nessuna profondità o verticalizzazione, meno che mai sovrapposizioni o inserimenti offensivi. Se non è colpa di Benitez sarà colpa delle stelle. Il derby che arriva, però, rischia di essere la prova decisiva per l’allenatore spagnolo che ha trasmesso la sua flemma a tutta la squadra.

La Juventus, prima in vantaggio con il solito Quagliarella, viene raggiunta da un gol bellissimo di Diamanti e ottiene quindi un punto che non cambia in alcun modo la sua classifica. Per soffrire ha sofferto, va detto; il primo tempo è stato di chiaro segno bresciano. Colpita duramente dagli infortuni, la squadra di Del Neri mostra comunque una buona condizione fisica e, in attesa dei rientri dei suoi giocatori infortunati, si accontenta di non perdere contatto con la zona alta della classifica.

Il Genoa di Ballardini, appena subentrato a Gasperini, batte il Bologna. Sorride anche il Catania, che ritrova la vittoria contro l’Udinese e il gol per Maxi Lopez. Pari in bianco a Verona tra Chievo e Bari. Domani si chiude con Sampdoria-Parma, i ducali al momento sono ultimi da soli con otto punti. Peggio di come stanno non potranno stare.

 

 

di Fabrizio Casari

La legge del derby non tradisce: la squadra favorita lo perde. Un po’ come le elezioni, che sono perse da chi le chiede, l’euforia laziale, pur giustificata da un’inizio di campionato straordinario, ha stranamente suggerito a Reja un cambiamento di modulo di cui la Lazio non aveva bisogno e che ha favorito la Roma. Può anche darsi che i moduli contino relativamente (e in assoluto non è vero, specie quando sono calibrati sulle caratteristiche dei giocatori e dallo studio degli avversari) ma qual’è il motivo per il quale si cambia un assetto fin qui vincente? Esperimenti? E proprio nel derby?

La vittoria giallorossa è però stata meritata e poco importa che sia arrivata con due rigori. E’ vero, anche la Lazio avrebbe avuto diritto perlomeno ad un penalty, ma la Roma con Morganti quest’anno è particolarmente fortunata…Ad ogni modo il risultato rispecchia quanto si è visto in campo: la partita è stata bella, in particolare nel secondo tempo, ma la Roma ha giocato di più e meglio e i tre punti conquistati dopo la vittoria a Basilea dovrebbero decisamente portare un clima migliore a Trigoria. La Lazio, comunque, non esce ridimensionata e continua a confermare di avere una difesa di ferro, difficile da superare con la palla in movimento. Se Reja abbandona presto la via delle invenzioni inutili, può riprendere il cammino già fra tre giorni. Anche perché tra le prime posizioni, la Lazio è l’unica che non ha l’incombenza delle coppe europee. Ed è tutt’altro che un dettaglio.

A proposito di rigori negati, anche il Brescia lamenta il penalty fischiato a favore dell’Inter per fallo su Eto’o. Rigore certo non nettissimo, ma nemmeno inventato, giacché il difensore del Brescia sposta con un’ancata l’attaccante dell’Inter, che scivola sul pallone dopo e non prima del contrasto. Certo, non era un rigore impossibile da negare, ma poco dopo Zebina ha scalciato impunemente Milito in area. Rigore questo sì solare, come però solare è stata l’indifferenza della terna arbitrale.

Ad ogni modo, molto più che il risultato della partita, che non cambia il campionato del Brescia né quello dell’Inter, il dato preoccupante è rappresentato dai due (ennesimi) infortuni nerazzurri. Quello più grave per Samuel, che dovrà operarsi ai legamenti del ginocchio: purtroppo, ha concluso con la partita di sabato il suo campionato 2010-2011. Muscolare, invece, quello di Maicon, che si porta peraltro dietro un problema al ginocchio per un infortunio al Mondiale. Se poi si aggiunge lo svenimento di Snejider nell’intervallo, gli infortuni dell’Inter arrivano a 18. Mai visto niente di simile.

Benitez avrà certamente molte qualità e alcune particolarità, ma certo la fortuna non lo frequenta. Bravo è bravo, la sua carriera l’ha ampiamente dimostrato e che sia un signore nei modi lo si è ripetutamente verificato. Ma certo fortunato non é, assodato. Ma la sfortuna abita certo nei tanti infortuni, nei gol subiti per colpa di rimbalzi o errori arbitrali, ma anche nell’invocarla per spiegare cose che, invece, una spiegazione a monte ce l'hanno. A cominciare anche dallo schieramento con cui l’allenatore spagnolo la dispone in campo: semplicemente privo di logica, nella convinzione che la squadra sia la stessa che con Mourinho e che, anzi, possa cambiare in meglio quanto giò fatto. Proprio lo Special One, giustamente festeggiato nei giorni scorsi al suo ritorno a Milano, aveva invece fornito la ricetta: non cambiare nulla nell’assetto tattico e nella preparazione per continuare a vincere. Benitez ha fatto tutto il contrario per cominciare a perdere.

Si deve poi tentare di capire quanto l’ormai drammatica sequela d’infortuni sia frutto della sfortuna e quanto invece, di errori marchiani da parte di società e staff tecnico nella preparazione della stagione, oltre a quelli clamorosi di alcuni giocatori; primo fra tutti Milito che, con i due gol già fatti e invece sbagliati oltre che e le tante palle perse, ci mette del suo. Ma è proprio la squadra che non gira, fisicamente e tecnicamente. Alcuni giocatori - Pandev e Coutinho tra tutti - sono visibilmente inutili, soprattutto il macedone. Così i campioni d’Europa si avviano ad un’annata mesta e piena di delusioni.

Il Milan e la Juventus approfittano volentieri dello scivolone laziale e vincendo rispettivamente a Bari e a Torino contro il Cesena. I rossoneri si pongono così al secondo posto in classifica, scavalcando l’Inter e a soli due punti dalla Lazio capolista. Il Bari resta così ultimo in classifica a soli otto punti e la situazione comincia a farsi seria per i ragazzi guidati da Ventura. La Juve tira fuori una prova di carattere e, nonostante le assenze, azzera il cesena, che pure era andato in vantaggio.

Vince la Fiorentina soffrendo e vince anche il Napoli che arriva al quarto posto insieme ai bianconeri di Del Neri. Il Palermo, per sua fortuna, non ha solo Zamparini, ma anche Cavani, che da solo stende con una doppietta il Parma ed aggancia Eto’o al vertice della classifica cannonieri. La Samp senza Cassano pareggia col Catania e il Cagliari strappa un buon punto a Udine. Mercoledì si replica, e non è una buonissima notizia per Inter, Juventus, Milan e Roma, tutte in qualche modo falciate dagli infortuni. Ma con sorti diverse, pare.

di Fabrizio Casari

Una giornata di campionato giocata quasi ovunque sotto una pioggia battente, che ha dimostrato come i pronostici servono solo per essere contraddetti dai risultati. Diverse le vittorie esterne affatto prevedibili; prima tra tutte quella della Juventus contro il Milan al Meazza, quella della Lazio in casa del Palermo e quella dell’Inter incerottata contro il Genoa a Marassi, per non dire della trasferta vittoriosa del Napoli a Brescia, dell’Udinese a Bari e della Sampdoria a Cesena, pure se in recupero. Insomma, gli scommettitori più audaci avranno avuto di che festeggiare.

La gabbia di Brocchi e Ledesma a Pastore ha bagnato le polveri del Palermo, che quando non gode delle invenzioni straordinarie del fuoriclasse argentino si riduce ad essere una discreta squadra di calcio, anche se definire discreta qualcosa di Zamparini può sembrare un ossimoro. Ma il fatto è che i biancocelesti hanno dato una lezione di tattica ai rosanero e la cosa era tutt’altro che semplice. Magari non sarà una fuga defintiva, ma intanto la classifica vede la Lazio ancora al comando con 22 punti, seguita dall’Inter a diciotto e dal Milan a 17, con alle spalle la Juventus in coppia con il Napoli a 15. Più scontate le vittorie casalinghe del Cagliari contro il Bologna e della Roma contro il Lecce, che almeno riporta un minimo di serenità nell’ambiente giallorosso.

Fino a un certo punto comunque, perché c’è da dire che la reazione isterica di Francesco Totti dopo la sua espulsione certifica una volta di più l’estrema immaturità psicologica e la fragilità di nervi del capitano della Roma. Sarà anche un momento delicato per il giocatore e per il club, ma quello contro il Lecce é il cartellino rosso numero 14 in carriera ed è chiaro che le giustificazioni valgono solo per i suoi tifosi e le radio a sostegno. Totti salterà il derby e, probabilmente, anche le successive due giornate; non solo per il rosso (diretto) ma soprattutto per la reazione spropositata e ingiustificabile all’uscita dal terreno di gioco.

Certo, vedremo all’opera i perdonatori ufficiali e ufficiosi, quelli attenti al business della comunicazione che ha come target il tifo romanista; né più né meno di quelli che a Torino argomentavano la settimana scorsa la richiesta di non sanzionare Krazic per condotta antisportiva. Del serbo si sosteneva che è “un bravo ragazzo” - ma l’accusa non era di rapina a mano armata, ma di condotta antisportiva - e di Totti si sosterrà che è stato provocato: ma stavolta non potrà accusare Balotelli e non potrà dire di aver difeso “l’onore di Roma”, per giunta senza che la città glielo abbia mai chiesto.

La rottura tra il presidente della Sampdoria Garrone e Cassano ha prodotto i commenti che ci si attendeva. Cassano è stato messo fuori rosa e gli “esperti di mercato” (categoria estranea sia all’esperienza, sia al mercato) sono già a distribuire quote sulla futura collocazione di Fantantonio da Bari. Sulla lite tra il giocatore ed il patron si sa poco. Da un lato c’è chi ha sottolineato come Cassano non riesca ad emanciparsi da se stesso, riproducendo cassanate anche quando sembrerebbe aver definitivamente abbandonato l’impervia strada del suo ego infantile che gli ha impedito una carriera altrimenti straordinaria. Dall’altro lo stesso giocatore, che ha detto di aver chiesto scusa a Garrone ma ribadisce il rifiuto a presenziare ad una serata con Garrone per non meglio precisati problemi in famiglia.

Stando alla ricostruzione fatta dalla Gazzetta dello Sport, quali che siano i problemi che ognuno ha, quelle di Cassano sono state offese gravi e pesanti, prodotto autentico del tasso di nota eleganza del giocatore. Davvero nel caso di Cassano sembra potersi dire come la natura sia stata generosa nel fornirgli piedi straordinari ma che purtroppo si sia fermata lì. Peccato. Ad ogni modo, la Samp, ove non dovesse reintegrare Cassano, è pronta a rimetterci 18 milioni di Euro subito, salvo recuperarli in mancati stipendi e premi.

Il Milan si avvia al confronto con il Real Madrid in condizioni tutt’altro che eccelse. Non bastano i gol di Ibrahimovic (peraltro non frequentissimi) e l’infortunio di Thiago Silva, la scarsa forma di Pato, i dubbi su Robinho e le perplessità su Ronaldinho indicano nei brasiliani il ventre molle della squadra. Un assetto ancora da trovare, una fisicità ridotta e, soprattutto, una difficoltà nel creare gioco e fantasia che pochi avevano previsto. Partita delicata, quindi e non solo per il blasone dell’avversario, la società più vittoriosa di tutti i tempi. Certo, giocare al Meazza non è come giocare al Bernabeu, ma Mourinho al Meazza è di casa e non c’ha mai perso.

Ma le caratteristiche di questo turno, oltre ai numerosi segni “due” sulla schedina, sono stati gli infortuni verificatisi in campo. In primo luogo quelli più duri, traumatici, di Martinez e De Ceglie in Milan-Juventus; poi quelli muscolari di Julio Cesar e Cambiasso in Genoa-Inter. Per i due giocatori juventini si parla di stop di due e tre mesi, mentre per i nerazzurri si tratta dell’ennesimo stop. Quella degli infortuni all’Inter sta diventando il problema principale di Benitez. Sono certamente prodotto di un’annata straordinariamente intensa sotto il profilo atletico e psicologico, certo, ma anche frutto di un cambio dei metodi di allenamento.

La preparazione atletica che aveva scelto Mourinho negli ultimi due anni prevedeva solo il lavoro con il pallone tra i piedi: il resto era tattica e studio dell’avversario. Metodo intelligente, giacché è perfettamente inutile lavorare sui carichi muscolari quando si gioca ogni tre giorni e ci si aggiungono anche gli impegni con le nazionali. Chiaro che il lavoro di scarico non può essere svolto e la muscolatura indurita è esposta pericolosamente sia ai traumi che al freddo e all’umidità.

Non si capisce perché Benitez abbia ritenuto di riportare la squadra in palestra, visto che - tolto Coutinho o Snejider - l’Inter è muscolarmente dotata. Semmai il limite strutturale è l’età media molto alta, ma proprio questo imporrebbe un lavoro atletico impostato sulla brillantezza e non sul fondo. A riprova di ciò, la squadra gioca lentamente, non è certo la velocità la sua caratteristica.

Le difficoltà dei nerazzurri in campo sono evidenti, ma questo sarà materia per un ragionamento da farsi più avanti. Per adesso c’è che all’Inter è in scena un’incredibile catena d’infortuni, sono ormai 15 i giocatori che hanno frequentato l’infermeria in questi due mesi: Julio Cesar, Cordoba, Samuel, Chivu, Zanetti, Cambiasso, Mariga, Stankovic, Thiago Motta, Milito, Pandev, Suazo, Mancini. Solo Lucio, Eto’o, Biabiany e Coutinho non si sono mai fermati. Ma l’aspetto peggiore è che ben sette di essi si sono fermati per il bicipite femorale, cosa che testimonia proprio quanto esposto precedentemente.

A Londra, contro il Tottenham, mancheranno Julio Cesar, Cambiasso, Stankovic, Thiago Motta e Mariga. Il terso portiere sarà Alberto Gallinetta, classe ’92, come Coutinho. Il giovanissimo Biabiany si sentirà quasi uno zio, visto che di anni ne ha 22. E tra i ventuno giocatori partiti per l’Inghilterra molti non sono certo al top, come Milito, Pandev e Lucio.

Benitez farà bene a cambiare direzione, perché la relazione tecnica inviata al presidente, che come minimo è seccato, non è che un’analisi tesa a difendere scelte già rivelatesi sbagliate o, quanto meno, incaute. A Londra l’Inter non potrà comunque perdere, pena rischiare di finire il girone al secondo posto e ritrovarsi quindi in una situazione complicata, affrontando al girone successivo le squadre piazzatesi al primo posto, cioè le più forti. Sì, dovrà darsi da fare Benitez, prima che Moratti non interiorizzi definitivamente di aver commesso un errore nello scegliere il pacioso spagnolo per continuare a vincere dopo la grande fuga dello Special One di Setubal.

 


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