di Fabrizio Casari

Non era certo il Cesena l’addetto al ripristino del fascino del campionato. E così non è stato. Il Milan ha strappato con i denti la vittoria, mantenendo le distanze con le inseguitrici e guadagnando punti nei confronti di Lazio, Inter e Juventus. Quanto visto al Meazza dice che i rossoneri avrebbero meritato tutto, ma non di vincere, come spesso succede in questo campionato, dove il lato B e qualche aiutino hanno regalato punti importanti.

Ibrahimovic continua ad essere il 90% del valore complessivo della squadra: un autogol per impedirgli di segnare e un gol (pur se fortunoso) ne fanno il giocatore decisivo per il Milan e per gli avversari. Resta un dato: i rossoneri sono primi in classifica e, il fatto che lo siano con relativo merito, non gli riduce le possibilità di arrivare al titolo. Per il resto gara solita, tutt’altro che entusiasmante, ma i tre punti arrivano lo stesso.

La Roma alza i toni del campionato: batte il Cagliari con un sonoro 3 a 0 e “vendica" il rovescio pesante (5 a 1) subito all’andata al Sant’Elia. Torna così al terzo posto e ricomincia a guardare il campionato con occhio diverso, anche perché l’Inter, che l’aveva raggiunta, sconfitta ad Udine perde l’occasione per tenere il passo. Non incanta la Roma, è vero: ma prende punti. Ha battuto la Lazio quasi distrattamente in coppa Italia e l’ha poi superata in classifica e ha sistemato la pratica Cagliari senza mai rischiare. Se non ricomincia a dedicare più energie ai contrasti nello spogliatoio e mantiene la concentrazione sul campo, con l’organico di cui dispone non può che arrivare fino in fondo a disputarsi il titolo.

Tutt’altro discorso per la Lazio, che sembra non sappia più vincere e, dopo aver perso il derby di coppa Italia, le prende anche a Bologna: tre, per la precisione. La rissa nel finale ad opera di Zarate e Dias non fa certo onore al chiacchierone Lotito che dissemina perle analfabete sui valori del calcio. Quella della squadra di Reja appare ormai come un’evidente involuzione. La Lazio non sembra più nemmeno lontana parente di quella vista scorazzare nella prima parte del campionato.

Il Napoli di Mazzarri, invece, anche con qualche passo falso, continua comunque la sua corsa e non ci pensa nemmeno a mollare il secondo posto in classifica: Lavezzi segna, offre assist a Cavani e si sbarazza agevolmente anche del Bari di Ventura. Il Milan è a 4 punti e tutto è ancora da giocare. La Juventus, invece, non va oltre il pareggio con la Samp e ottiene solo di dividere la posizione con l’Inter, a sei punti dalla vetta.

La testa di serie della classifica rimane comunque una zona trafficata, con pochi punti e tante squadre in uno spazio stretto, ma fra tre o quattro turni comincerà il rush decisivo e allora, in attesa di ciò, accumulare punti ora è fondamentale, quasi quanto perderne. Come ha fatto l’Inter che vede interrompersi bruscamente la sua rincorsa, avendo lasciato punti allo stadio Friuli, dove l’Udinese ha impartito una lezione di agonismo ad una squadra visibilmente stanca e, soprattutto, lenta. Già contro il Cesena s’erano avvertiti i primi scricchiolii di tenuta fisica per una squadra che sta giocando ogni 3 giorni e più delle altre.

Certo, l’Inter ha numerose scusanti, prima tra tutte quella di avere la sua colonna dorsale assente per infortunio. Quando mancano Julio Cesar, Samuel, Snejider e Milito, si fa fatica a riconoscere la squadra che ha vinto tutto. Nessuna squadra italiana vincerebbe contro nessuno senza quattro titolari, meno che mai contro l’Udinese di queste ultime settimane. Ma, soprattutto, l’Inter ha una panchina priva di campioni - al massimo buoni giocatori - e un paio di titolari non certo all’altezza di una squadra che deve vincere.

Castellazzi tra i pali appare indeciso, confuso, comunque capace di parare solo quello che chiunque facesse il portiere parerebbe, ma non certo in grado di offrire il valore aggiunto che un grande portiere, come un grande attaccante, offrono in dote alle squadre vincenti. Per non parlare di Biabiany, buono davvero solo per squadre che devono salvarsi, non certo per chi deve vincere. E altrettanto chiaro dovrebbe risultare come Pandev sia non solo inutile, ma dannoso, comunque lo si schiera. Esterno fa meno danni, ma non si ricorda un contrasto vinto o un avversario anticipato.

Leonardo qualche responsabilità ce l’ha: magari Motta è uscito per motivi fisici, ma poteva far entrare Mariga  al suo posto o Santon, spostando Chivu a centrocampo. Non certo Biabiany. E Ranocchia non può continuare a vedere le partite dalla panchina per un Cordoba visibilmente non in grado di giocare il pallone. Ma l’Inter di ieri ha soprattutto documentato come nel calcio alcuni aspetti siano decisivi: la squadra più giovane del campionato gioca più veloce di quella più anziana. O Moratti prende atto di questo, o il 2010 resterà un anno straordinario, ma anche l’ultimo di questo ciclo. E non serve andare ad acquistare giovanissimi, ma giocatori che abbiano esperienza pur essendo ancora giovani, gente di 24-26 anni con fame di vittorie. Anche perché a Ibrahimovic prima e a Cassano poi, non si può comunque rispondere con Biabiany e Coutinho.

E’ vero: c’era un rigore netto a favore dell’Inter per un calcione a Cambiasso in area e i due gol dell’Udinese sono riultato di due punizioni discutibili, soprattutto sul secondo la barriera viene spostata da un fallo si sfondamento che le impedisce di saltare a intercettare il tiro (comunque bellissimo e letale) di Di Natale. Detto ciò, l’Udinese è straordinaria. Il suo centrocampo è solidissimo e di ottima qualità, giacché Inler, Asamoah e Isla sono di assoluto livello e Pinzi, il meno dotato, riesce comunque a giocare in modo utile.

L’attacco è straordinario, una gara di bravura continua tra Di Natale e Sanchez, un giocatore che solo vale il prezzo del biglietto. Il fatto che la difesa abbia invece solo Zapata e Handanovic ad un livello alto, viene compensato da una squadra che in fase difensiva vede 9 giocatori dietro la linea della palla e si dimostra capace di coprire adeguatamente ogni zona del campo. Pressing alto, ripartenze veloci e ottimo controllo palla completano il profilo di una squadra ottimamente allenata da Guidolin, maestro di calcio. Nelle ultime 17 gare, l'Udinese ha fatto 8 punti più di quanti ne abbia fatti l'Inter e nelle ultime due gare ha rifilato 7 gol a Milan e Inter.

Il Genoa, come la Samp, prende solo un punto contro il Chievo e il povero Bari, sconfitto, si trova davvero in una situazione di classifica ormai drammatica. E, per restare nelle Puglie, il Lecce, che pure s’era illuso, non va oltre un pari a Firenze, ma probabilmente alla vigilia i salentini avrebbero firmato per un punto a Firenze. Se non altro, serve a staccare il Cesena e il Brescia dalle ultime tre.

di Fabrizio Casari

Si avvicinano, perché questo è l’imperativo di chi insegue e anche perché chi dovrebbe allontanarsi non ci riesce del tutto. I Galliani boys subiscono infatti il pareggio a difesa schierata; lo subiscono dall’ultima in classifica che in un’altra occasione prende anche un palo. Squadra stanca, che senza Ibrahimovic non è niente di speciale. Lo svedesone ha realizzato 11 gol in undici partite e qui nasce e muore il primato rossonero. Anche l’arrivo di Cassano, per ora, non pare sufficiente a garantire i sonni tranquilli di Milanello.

La storia del Milan capolista e delle inseguitrici alla fine è tutta qui: i rossoneri hanno ottenuto solo cinque punti nelle ultime quattro partite. Non certo un passo travolgente: negli ultimi 3 turni la squadra di Allegri ha perso dai 3 ai 4 punti nei confronti delle inseguitrici. Lazio, Juventus e Roma prendono i tre punti che gli erano necessari per rimanere in scia contro Sampdoria, Cesena e Bari. La caduta del Palermo a Cagliari, causa arbitro e autoreti e lo stop del Napoli, fermato dalla Fiorentina di Mihajilovic, unitamente alla vittoria dell’Inter contro il Bologna, hanno poi ulteriormente contribuito a smuovere la parte alta della classifica.

Nell’anticipo di sabato, l’Inter ne aveva rifilati 4 al Bologna, che pure arrivava a San Siro in buone condizioni e dopo alcuni risultati utili. La storia della partita non dice niente di particolare, il 4 a 1 finale rispecchia abbastanza quanto visto in campo. Il gol di Stankovic vede l’alluce del piede del serbo di duecentimetri in fuorigioco, ma un rigore grande come una casa in area del Bologna ai danni di Milito non viene fischiato. Ormai sono quattro su quattro le partite vinte dai nerazzurri con Leonardo sulla panchina e quello che appare evidente è la trasformazione della squadra. Il grigiore del caporale di giornata venuto da Liverpool è diventato gioia di giocare al calcio e l’Inter segna a valanga. Detto ciò, Leonardo dovrà lavorare anche sulla parte meno emotiva e dedicare particolare attenzione al posizionamento della squadra nei calci d’angolo. Tutti i gol incassati in queste quattro partite vangono da rimpalli su corner o punizioni al limite dell’area.

Certo, Mancini costruì una delle armi micidiali della sua Inter proprio con l’imbattibilità sulle palle alte; ma non ci sono più Ibrahimovic, Vieira e Balotelli, Materazzi gioca poco e Samuel è fuori per infortunio. Dunque andranno registrati posizionamento e movimenti in uscita, perché comunque i centimetri non mancano e tantomeno la classe.

Nel frattempo, comunque, Eto’o si conferma un fenomeno (23 gol in 26 partite quest’anno), assolutamente superiore ad ogni altro centravanti in giro per l’Europa e anche “el principe” Milito pare aver ritrovato la via del gol. E’ chiaro che i nerazzurri - se dovessero vincere le due partite da recuperare con Cesena in casa e Fiorentina in trasferta - sarebbero secondi in classifica a solo meno 3 dal Milan, che giocherebbe da lì in avanti senza poter permettersi mai un errore, avendo l’alito dei campioni del mondo sul collo.

La Lazio vince a fatica per uno a zero nei minuti finali, grazie ad un gol di Kozac  che sfrutta un bel cross di Ledesma e ad un Curci distratto che si fa sorprendere. All’Olimpico è però andata in scena una partita che certo porta tre punti vitali per mantenersi in solitudine al secondo posto, ma che ripropone ancora una squadra in affanno e con una scarsa propensione realizzativa. E’ possibile che i biancazzurri non dispongano di un ariete d’area, di un centravanti capace di andare in doppia cifra, di uno di quei giocatori che risolve le partite che non si sbloccano, ma la sensazione è che Reja non riesca a trovare la quadra dell’assetto in campo.

Perché seppure la mancanza di una punta decisiva si sente, Floccari, Rocchi e Zarate sono giocatori che in gol sanno andare. Urge recarsi al mercato delle occasioni di Gennaio se non si ritiene che la dote in possesso sia sufficiente: un’occasione come quella determinatasi quest’anno, con Inter, Roma e Juve partite con ritardo e indietro nei punti, rispetto al valore oggettivo di cui dispongono, non si presenterà facilmente nei prossimi anni. Spendere ora una decina di milioni di Euro sul mercato, potrebbe voler dire entrare in Champions e riprenderli così con gli interessi.

Anche la Roma a Cesena fatica parecchio ad aver ragione dei romagnoli. Il campo non era dei più favorevoli alla tradizione, visto che nelle ultime dieci partite c’erano stati otto pareggi e due sconfitte per la Roma. I giallorossi hanno raggiunto il gol nei minuti finali grazie ad un fuorigioco di pochi centimetri di Adriano e di una sbadataggine difensiva della difesa del Cesena, che ha sbucciato un pallone verso la propria porta al momento di rinviarlo. Ma la Roma non potrà riprendersi rapidamente senza che la società veda chiudersi in un modo o nell’altro la transizione proprietaria.

La società vera, quella che ci mette i pochi piccioli che si spendono, non appare incline a prendersi responsabilità pertinenti a chi sarà il nuovo proprietario. Ma almeno Unicredit dica con chiarezza chi vuole e chi non vuole nella squadra che ha in mente. Dica per esempio, oltre a declamare l’urgenza di abbassare il monte stipendi e i costi di gestione in generale, se Ranieri dovrà o no vedersi rinnovato il contratto.

Le polemiche in casa giallorossa, Totti, Pizzarro, Doni, Mexes, Vucinic, Borriello; ogni scelta dell’allenatore viene vista come un esclusione e diventa motivo di polemica. Ieri é toccato al montenegrino. Ranieri, che non appare più sostenuto da squadra e tifosi, paga di persona ogni capriccio delle primedonne. Così la Roma non ha nessuna certezza di finire il campionato nelle zone alte della classifica e sarebbe un peccato, dal momento che per organico è inferiore solo all’Inter e al Milan.

La Juventus si riprende dai tre sganassoni presi a Napoli e rimedia - ma anche qui nel finale - superando il Bari, ultimo in classifica. Le assenze di Quagliarella, Toni e Iaquinta vengono risolte dalla capacità balistica di Del Piero, capace di trasformare le punizioni in dardi avvelenati. Poi Aquilani, uno dei pochi giocatori di alto livello della squadra di Del Neri, riesce a indirizzare in rete un gran tiro che somigliava tanto a quello della disperazione e tiene così la Juventus nelle zone alte della classifica.

L’Udinese cambia trasferta ma si ripete: se la precedente partita con il Milan l’aveva vista segnare 4 reti, stavolta ne ha rifilate altre quattro a Genova. Ma se il Milan ne aveva segnate altre 4 (di cui uno, come di prammatica, irregolare) il Genoa riesca a farne solo 2. La quantità di gol che il genoa ha subito nelle ultime due partite (Interin Coppa Italia e Udinese in campionato) non può essere spiegata solo con la partenza, pure importantissima, di Ranocchia. Ballardini, che già aveva inguaiato la Lazio, rischia di fare il bis con la squadra di Preziosi. Che forse dovrebbe riflettere sulla cacciata di Gasperini e fare due operazioni: chiedere scusa e richiamare l’ex tecnico sulla panchina della squadra.

Importantissima la vittoria del Brescia sul Parma, che consente di staccare di due punti l’ultima in classifica. La situazione resta complicata, ma sarà importante giocarsi la salvezza negli scontri diretti con Chievo, Bologna, Lecce e Bari. D’altra parte, l’organico bresciano non può risultare competitivo sul piano della tecnica, ma solo su quello della volontà e dell’agonismo. L’abitudine a navigare nel mare in tempesta delle ultime posizioni, potrebbe dare quell’energia calma di cui c’è bisogno per tenere la rotta.

 

di Fabrizio Casari

Un Napoli eccellente con un Cavani stellare stende la Juventus nel posticipo. Un 3 a 0 che non offre alibi alla squadra di Del Neri, che mai ha dato l’impressione di poter riprendere in mano la partita. Gli azzurri mantengono così il secondo posto in classifica e ora sono a quattro punti di distanza dal Milan capolista. Il tutto grazie ad una prestazione maiuscola che ha annientato i bianconeri, una reazione decisa alla sconfitta contro l’Inter.

La tripletta di Cavani è la prima notizia, il fatto che Krazic non si è tuffato in area avversaria è la seconda notizia. Per la Juventus si tratta della seconda sconfitta negli ultimi due turni: sette gol incassati in due partite ed un solo gol fatto, spiegano bene quanto le ambizioni della Juve siano destinate ad incontrare più miti consigli. Inutile comprare Toni, per quanto a prezzi di saldo.

Quello del San Paolo è comunque uno dei pochi risultati previsti, ma nel complesso quella di ieri è stata una giornata al cardiopalma, con risultati inattesi. Vittorie come quella del Lecce a Roma contro la Lazio e sconfitte come quella del Brescia che si trovava in vantaggio di due reti sono abbastanza indicative della particolarità del turno di campionato. La reazione dell’Inter che vince dopo essere andata in vantaggio su un campo difficile come quello di Catania e quella della Sampdoria, che batte la Roma dopo esser stata sotto di un gol, come quella della Fiorentina che ha ribaltato la partita contro il Brescia che la vedeva sotto di due reti in casa, hanno messo sufficiente pepe alla classifica; ma addirittura l’Udinese che va a San Siro, sfida il Milan, gli segna quattro gol e però non riesce a vincere, racconta bene la straordinaria storia del pomeriggio pallonaro.

Che la partita di San Siro non sarebbe stata agevole per i rossoneri lo s’immaginava. Il Milan, del resto, arrivava assai rimaneggiato all’appuntamento con la squadra di Guidolin, che non regala niente a nessuno e che ha in Di Natale e Sanchez due gioielli di assoluto valore. Ma non c’è dubbio che se sulla carta i rossoneri avrebbero dovuto approfittare del tonfo di Roma e Lazio e Juventus  per ampliare le distanze, alla fine del match al Meazza a poter recriminare è solo l’Udinese.

Certo che un attacco con Cassano, Ibrahimovic e Pato prima o poi deve segnare, ma la difesa è decisamente tre spanne sotto il livello dell’attacco. Presa in velocità soffre tremendamente. Si può anche vendere Ronaldinho, ma senza l’arrivo di almeno un difensore di livello, si confermerà quanto ormai noto. Se aggredisce, il Milan fa paura; se è aggredito, il Milan ha paura. Gattuso dice che “se non vinciamo quest’anno non vinciamo più e l’Inter che può arrivare a cinque punti preoccupa, perché Leonardo o no, è una grandissima squadra e la rispettiamo moltissimo”.

La Lazio, tronfia e vanitosa, riteneva probabilmente che incontrare una squadra in crisi nera significasse poter passeggiare sul velluto. Invece, il terreno dell’Olimpico di velluto non ha niente e i pugliesi glielo hanno dimostrato. I primi 45 minuti di gioco in campo c’era solo il Lecce. Stavolta non é bastata l’aquila e nemmeno le celebrazioni del centenario hanno dato la spinta vitale alla squadra di Reja. Spinta e concentrazione che, a dire il vero, mancano da qualche partita. La partita di Milano poteva consentire alla Lazio di avvicinarsi sensibilmente alla capolista, ma l’occasione è stata sprecata. Se la Lazio non ritrova il gioco spumeggiante, l’attenzione e l’aggressività fisica che ha caratterizzato il suo eccellente girone d’andata, difficilmente potrà centrare l’obiettivo del quarto posto, considerato dalla società e dagli osservatori alla portata della squadra allenata da Reja.

La Roma paga caro due errori di Juan (che solitamente ne commette pochissimi) e sperpera il vantaggio del solito Vucinic subendo il gol su rigore di Pozzi e l’espulsione di Julio Sergio prima e il gol dell’ex Guberti nel finale. E pensare che il difensore brasiliano era entrato dalla panchina, segno che il destino è maligno o che Ranieri è sfortunato. La Samp, del resto, aveva Pazzini in panca, dunque le unghie dei doriani risultavano spuntate. Nel primo tempo i giallorossi hanno offerto momenti di ottima qualità calcistica, ma nella ripresa la Samp ha deciso che non poteva perdere senza almeno tentare di vendere cara la pelle. E dopo più di mezz’ora di grande intensità, a sei minuti dalla fine un altro errore di Juan mette in condizione Guberti di siglare il vantaggio definitivo. Un’altro paio di espulsioni e il forcing finale non cambiano il risultato. Nel dopo partita Guberti si è detto “felice” di aver segnato alla sua ex-squadra: “Fa piacere segnare ad una squadra che non ha creduto in te”. Meglio il gol delle parole: almeno quando si vince sarebbe però opportuno un minimo di fair play.

L’Inter, vince a Catania limitandosi a controllare la partita e colpendo solo perché finita in svantaggio; probabilmente, se il Catania non avesse segnato per prima, la partita poteva finire zero a zero. Inter lenta e macchinosa, senza cambi di passo. La squadra di Giampaolo era ben schierata in campo, tutti e undici dietro la linea della palla ma con un pressing insistente sui portatori di palla dell’Inter e ripartenze insidiose, anche se raramente pericolose per tutto il primo tempo. Nella ripresa, però, Catellazzi ha dovuto guadagnarsi lo stipendio con almeno due ottimi interventi. Ma alla lunga la classe e la differenza di valori tecnici in campo viene fuori e il Catania esce così immeritatamente sconfitta sul suo campo.

L’Inter accorcia comunque di due punti sul Milan e Palermo, tre su Roma e Lazio. La classifica quindi non solo si muove, ma proietta in neroazzurri di Leonardo (oggi a - 11 dal Milan, ma con due partite non difficilissime da recuperare) ad una possibile situazione di 5 punti di distacco dalla capolista ed al possibile superamento di Palermo, Juventus, Roma e Lazio. Se non per lo scudetto, che solo il Milan può perdere, almeno per le prime tre posizioni l’Inter è seriamente candidata. Le possibili incognite sono solo l’alto numero di partite in breve tempo e, con esse, la statistica e la stanchezza. L'entusiasmo e la voglia di continuare a vincere rappresentano invece gli stimolanti leciti dell'impresa.

La Fiorentina vince in casa contro il Brescia dopo essersi ritrovata sotto di due gol. I fischi - ingenerosi - della curva Fiesole indirizzati alla famiglia Della Valle sono rientrati nella casistica delle idiozie domenicali dopo la realizzazione del terzo gol dei viola che ha ribaltato la partita. I tifosi fiorentini dovrebbero leggere con attenzione l’organico della squadra, poi sottrarre Jovetic e Mutu (per motivi decisamente diversi ma out entrambi) e chiedersi finalmente dove si pensa sia possibile arrivare. Se si chiede ai Della Valle d’investire si deve anche ricordare che di giocatori in grado di cambiare il volto della squadra ne servirebbero almeno quattro. Insomma, servirebbero tra i trenta e i quaranta milioni di euro da mettere nelle mani di Corvino. Nessuna società potrebbe spenderli, meno che mai una comunque non in grado di raggiungere obiettivi che ipotizzino anche solo un parziale ritorno degli investimenti. Forse, allora, è il caso di tarare le ambizioni con le dimensioni e i soldi con il portafogli.

Il Palermo pareggia con il Chievo, ma altre due trasferte diventano imprese: quella del Cagliari che batte il Parma che ne aveva rifilati 4 alla Juve solo tre giorni prima e quella del Bologna, che va a Bari e batte la squadra di Ventura. Il Genoa pareggia a Cesena, ma la differenza è che per i rossoblu di Preziosi cambia poco, mentre per gli emiliani la classifica comincia a non essere più tanto tranquilla; la zona retrocessione si trova ad solo un punto di distanza.

di Fabrizio Casari

L’Inter torna a recitare il ruolo dell’Inter e batte 3 a 1 il Napoli. La classifica vede dunque ridurre alcune delle distanze tra le grandi e, in attesa delle due partite da recuperare, la squadra di Leonardo sembra voler annunciare un suo ritorno da protagonista nel campionato. Il Milan, che ha rischiato di perdere, ha vinto per il rotto della cuffia ad un paio di minuti dalla fine, mantiene inalterato il suo vantaggio in classifica e si laurea campione d’inverno.

La Roma si porta avanti in classifica e scavalca la Juventus battendo il Catania per 4 a 2, ma due dei gol dei giallorossi sono un gentile regalo della Befana della terna arbitrale: sul gol del 2 a 2 di Borriello il cross di Riise viene effettuato con la palla già oltre la linea di fondo e il 3 a 2 vede il suo autore - Vucinic - in fuorigioco.

Per quanto riguarda l’Inter, se qualcuno non aveva ancora chiara la decisione di Moratti di lasciar andare Benitez, dovrebbe vedere il film della partita. Niente più passaggi laterali corti all’infinito, niente più una sola punta al centro dell’attacco. La squadra di Leonardo gioca il pallone spesso di prima e raramente all’indietro, per saltare il primo pressing e affondare verso il centro. Verticalizzazioni, pressing, controllo palla e grande dominio del centrocampo: l’Inter di Leonardo è decisamente altra cosa da quella di Benitez.

L’allenatore brasiliano è tornato a San Siro, ma con una maglia diversa e la tifoseria dell’Inter l’ha accolto festante. Idem per i giocatori, che diversamente da quanto accadeva con Benitez, si sono prodigati in abbracci plateali al nuovo allenatore in occasione dei gol. A dire il vero il clima di festa c’era già prima della gara, perché prima dell’inizio della partita il club nerazzurro ha esposto per tutti i suoi tifosi le cinque coppe vinte nel corso del 2010. La vittoria contro il Napoli ha quindi degnamente coronato la serata. Leonardo per primo, nel dopo partita, ha detto che “questa Inter è la più forte di tutti i tempi”. Chissà se Benitez avrà sentito..

Il rientro di molti dei titolari ha ovviamente cambiato la squadra, ma anche contro il Napoli mancavano tre giocatori come Eto’o (squalificato), Sneijder e Julio Cesar infortunati, oltre a Samuel. L’Inter però ha tirato fuori l’anima, la corsa, la tenacia, affrontando un Napoli che ha disputato - a dispetto del punteggio - una buona partita con la calma tipica alla quale aveva abituato l’Inter di Mourinho. Quello che si è visto è un’Inter con voglia di giocare al calcio e fiducia nei propri mezzi, proprio le due componenti che con Benitez erano state messe fuorilegge.

Il Napoli occupa comunque la terza posizione in classifica, semmai è Mazzarri che non mantiene la calma e il senso delle proporzioni nelle sue esternazioni verbose. Nelle ore che hanno preceduto il match del Meazza il tarantolato allenatore del Napoli si era sentito Mourinho, parlando di “nemici”. Peccato però, che Mourinho i nemici li nominava nelle conferenze stampa prima e li sconfiggeva sul campo poi, mentre Mazzarri non ci riesce. Eppure il suo Napoli gioca un grande calcio e il progetto tecnico è di notevole spessore. Il Napoli è terzo in classifica pur disponendo solo di un grande attacco e un buon centrocampo, ma con una difesa su cui il presidente De Laurentis dovrebbe investire denari, non chiacchiere. Dunque conviene che Mazzarri continui a fare il suo lavoro eccellente e De Laurentis pensi a rinforzare gli azzurri.

La Lazio gioca con il freno a mano e il Genoa la blocca sul pari. E’ seconda in classifica grazie alla sconfitta patita dal Napoli. Il Palermo stende la Sampdoria con un 3 a 0 che non lascia dubbi circa i diversi valori in campo, mentre tra Fiorentina e Bologna finisce in parità. Ma se il Bologna deve ancora venire fuori del tutto dalle difficoltà in cui versano società e squadra, la Fiorentina davvero non aveva bisogno dell’ultima grana con Mutu. L’Udinese batte 2 a 0 il Chievo con gol di Sanchez e Di Natale, il Cesena affonda il Brescia e il Bari vince il derby regionale con il Lecce grazie ad un gol del neo arrivato Okaka.

Il crollo di questo turno è quello della Juventus, che perde 4 a 1 con il Parma e in inferiorità numerica causa solita follia di Felipe Melo, perde anche Quagliarella per un infortunio grave che lo terrà lontano dai campi per almeno un paio di mesi. La squadra di Del Neri dovrà per forza tornare sul mercato, anche se sostituire Quagliarella non sarà semplice. Sembra sia Toni il possibile arrivo; non una grande idea, ma per segnare qualche gol in più di Amauri andrebbe benissimo anche la controfigura del giocatore del Genoa. Se Andrea Agnelli smetterà di fare la voce grossa sui giornali di famiglia per lasciare spazio alla progettazione di acquisti di livello, i risultati miglioreranno. La Juventus, al momento, non appare in grado d’insidiare né il Milan, né la Roma, né la Lazio né il Napoli.

 

di Fabrizio Casari

La vittoria della Roma contro il Milan a Milano e quella del Napoli in casa contro il Lecce, cui si aggiunge la vittoria casalinga della Lazio contro un’Udinese mai doma e castigata solo da un autogol nel finale di partita, agitano sufficientemente la classifica. Solo la Juventus non coglie l’occasione per accorciare le distanze dalla vetta, facendosi fermare sul pari da un Chievo gagliardo.

Stessa sorte per il Palermo, fermato sul pareggio a casa del Bari. Ora Napoli e Lazio sono a tre punti dalla capolista e a tracciare il perimetro di un campionato tutt’altro che chiuso si osserva che in cinque punti si trovano quattro squadre. Il girone di ritorno sarà dunque quello nel quale dovranno arrivare conferme, sorprese e verdetti, dal momento che quello d’andata ha solo sussurrato probabilità. De Laurentiis e Mazzarri sono euforici ma il torneo é lungo. Però se Cavani continua a giocare come nel girone d'andata, con i partenopei dovranno farci i conti tutti.

Il derby tra Genoa e Sampdoria è stato rinviato causa impraticabilità del campo. Marassi sembrava un tappeto di neve. Magari la ripresa vedrà un tempo più clemente. Si tornerà in campo il 6 Gennaio e le vacanze natalizie serviranno alle società per ottimizzare le rose, ai giocatori per riposarsi e ai tifosi per ritemprarsi. E in attesa del recupero delle due partite dell’Inter, assente causa Mondiali ad Abu Dhabi e comunque a 13 punti dal Milan, la testa della classifica non appare quindi più così solida: Ibramilan stavolta non basta e i rossoneri si fermano.

L’ormai consueta incombenza della zona Cesarini (che ha cambiato due risultati, consegnando due punti in più alla Lazio e al Napoli e togliendone due alla Juve (oltre che all’Udinese e al Lecce) sembra voler assegnare uno scudetto alla pervicacia e alla fortuna. La vittoria della Roma a Milano conferma quanto il Meazza sia uno stadio tradizionalmente favorevole ai giallorossi e conferma anche quanto già affermato: il Milan è Ibrahimovic e poco più.

Se lo svedesone chiacchierone si ferma, se si mangia un paio di gol o se, semplicemente, trova la giornata storta, la squadra di Allegri diventa immediatamente una squadra di medio livello. Triste serata per Ibra che perde e vede vincere la squadra che aveva lasciato per vincere tutto; la quale, invece, tutto ha vinto proprio da quando lui è andato via. E triste anche la serata dei tifosi rossoneri: perdore in casa mentre l’Inter diventa campione del mondo per club somiglia ad uno dei peggiori incubi mai temuti.

La Roma, invece, pur in credito con la fortuna e con una difesa che davvero dovrebbe essere registrata nei movimenti, trova la vittoria grazie al gol dell’ex, quel Borriello che è stato ritenuto inutile dagli strateghi di Milanello e che invece si dimostra fondamentale nei successi della squadra di Ranieri.

Per i giallorossi si è trattato della prima vittoria in trasferta di questo campionato (solo il derby era formalmente una trasferta); comunque, pur con 4 punti in meno dello scorso anno, i giallorossi hanno sconfitto alcune pretendenti allo scudetto - Milan, Inter, Lazio - e pareggiato a Torino con la Juve. Ma si deve far notare anche come la Roma sia stata, nel corso dell’anno solare, la squadra che ha ottenuto il maggior numero di punti.

Il Catania batte il Brescia, ormai altra squadra da quella delle prime giornate, mentre il Cesena espugna Cagliari e tra Parma e Bologna non si è andati oltre un pareggio. La coda della classifica vede anch’essa quattro squadre in cinque punti: Bari, Lecce, Cesena e Brescia. Il girone di ritorno sarà, per tre di esse, una sentenza senz’appello.

 


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