di Fabrizio Casari

Totti, Del Piero e Di Vaio decidono il punteggio finale di Juventus, Roma e Bologna. Siamo nel 2011 ma sembra di tornare indietro di diversi anni. Eppure sono loro, alcuni dei vecchietti terribili, a risultare decisivi nella giornata odierna di campionato. Che registra, oltre allo stato di grazie dei campioni appena citati, un sensibile smottamento di classifica ai piani alti. L’Inter casalinga sembra somigliare a quella d’esportazione e se il Lecce di Di Canio, pur buona squadra, non è certo il Bayern Monaco, il Meazza di ieri alla fine della partita che ha vinto la squadra di Leonardo vittoriosa, sembrava l’Allianz Arena di cinque giorni prima.

La partita con il Lecce, infatti, pur non semplice, ha portato in dote un bottino importantissimo: tre punti in più in classifica e avvicinamento determinante a due dalla capolista, fermata a Palermo. Leonardo ha ripresentato il modulo fantasia, con tutti i suoi vantaggi e tutti i suoi limiti. Il vantaggio è certamente quello di una squadra che corre meno a coprire ogni spazio del campo e corre anche a velocità ridotta, privilegiando scambi stretti, possesso palla e verticalizzazioni che portano i campioni come Eto’o, Snejider e Pazzini a piazzare, prima o poi, il colpo decisivo. L’aspetto negativo è invece rappresentato dallo scarso filtro che i due centrocampisti sono in grado di esercitare a protezione della difesa, al quale si aggiunge lo scarso rendimento di alcuni che rende ancor più complicata la situazione.

Ma l’Inter arriva comunque al derby con soli due punti di svantaggio, dopo che al rientro dal mondiale la distanza era di 13 punti. Merito della squadra e del nuovo allenatore e demerito del Milan, che ha ceduto punti su punti. Tra questi, fondamentali quelli di sabato sera lasciati alla Favorita. Alla vigilia del derby, infatti, il Milan é inciampato addosso al Palermo, che tra le mura amiche è riuscito con un gol a ritrovare i tre punti che da diverso tempo non riusciva a portare a casa. I rossoneri dispongono ormai di soli due punti di vantaggio sull’Inter e il derby diventa quindi un appuntamento tremendo.

Il Napoli di Mazzarri é ad un'incollatura sotto l'Inter, a tre punti dal Milan, sola al terzo posto. La vittoria in casa contro un buon Cagliari e aver ritrovato Cavani nelle vesti di goleador consente di crederci. A meno tre dal Milan con il derby di Milano da giocare, con l'Inter che dovrà affrontarla al San Paolo, sarebbe impossibile non pensarci. Poi, com'é noto, la scaramanzia é parte notevole del mondo del calcio e dunque giocatori, allenatore e società faranno a gara per evitare di pronunciare la parola scudetto. Ma sognano, eccome se sognano..

L’Udinese, dal canto suo, non perde il vizio di vincere; ne segna due anche al Catania e vola al quarto posto a sei punti dal Milan. Alzi la mano chi immaginava a inizio stagione una simile posizione, un simile gioco e simili risultati. Non si possono che fare i complimenti a Guidolin, fresco di rinnovo contrattuale quanto consapevole che, bene che vada, riuscirà a tenere Di Natale, ma non certo Sanchez. E trovare un altro Sanchez, non sarà facile, dal momento che la valigia di soldi che Pozzo otterrà dalla vendita del “nino maravilla” non verrano reinvestiti se non in minima parte per l’acquisto di altri giovani di talento da far sbocciare nel campionato italiano. Questa, del resto, è sempre stata la politica societaria friuliana, a meno che l’eventuale ingresso in zona Champions (al momento più che alla portata) non porti con sé un cambio di programmi. In questo caso, vendere Sanchez potrebbe anche comportare un investimento importante per uno o più giocatori di livello alto.

La Roma di Montella strappa un punto importante in casa di una Fiorentina che veniva da uno score importante di punti. La doppietta di Totti permette ai giallorossi di portare a casa un risultato utile e vede il capitano giallorosso tagliare il traguardo dei 200 gol in serie A e 256 con la maglia giallorossa.

Non sono pochi, tutt’altro; non sono in tanti ad aver raggiunto questo traguardo e, se pure spesso non hanno permesso alla squadra di ottenere i trofei cui aspirava, hanno consentito comunque alla Roma di rimanere nell’olimpo del calcio italiano degli ultimi 15 anni. Con Zanetti, Maldini e Del Piero, Totti è uno di quei giocatori che sembrano imprescindibili dalla loro squadra e, contemporaneamente, rendono la squadra imprescindibili da loro.

La Lazio batte il Cesena. Non un’impresa grandiosa, ma quanto basta per riprendere un po’ di colore. Il gol è di Zarate, evento non frequente da quando Reja allena i biancazzurri. Altro evento non consueto è la vittoria della Juventus, che con il gol decisivo di Del Piero (bellissimo, tra l’altro) batte il Brescia e torna al sorriso. Ma sarà bene che Del Neri non s’illuda: il suo destino è comunque segnato.

Il Chievo espugna il campo del Bari. E’ da dodici partite la squadra di Bartolo Mutti non riesce a vincere. Tre mesi senza vittorie non potevano che generare le proteste dei tifosi come quelle viste sugli spalti del San Nicola e persino negli spogliatoi, nei confronti di Almiron. Ma l’imputato principale, per i tifosi, è il presidente Matarrese. Il problema, ormai, non è tanto quello della posizione in classifica alla fine del campionato, che nemmeno un miracolo potrebbe portare a rimanere in serie A, ma quello dell’ambiente attorno alla squadra, che rischia davvero di divenire incandescente.

Ennesima sconfitta, poi, per la Sampdoria. La sconfitta, maturata in casa ad opera del Parma, lascia la squadra di Garrone a 31 punti. Tre punti più in basso e comincia la zona retrocessione. Davvero un mesto tramonto per una squadra che meriterebbe, per storia e immagine, per tifo persino, un altro passo e un altro posto in classifica.

di Fabrizio Casari

Il capitano della Roma mette il suo doppio timbro sul derby e dedica la sua doppietta contro la Lazio (la prima in tutta la sua carriera) alla famiglia Sensi. Un modo affettuoso di proporre il brindisi ad un'avventura che in molti ritengono conclusa, ma che per altri ha tutte le condizioni per ricominciare. E nemmeno la lotta per lo scudetto sembra concludersi. Il Milan non ha saputo approfittare del mezzo passo falso dell’Inter e, sovvertendo tutti i pronostici della vigilia, si è fatto fermare in casa da Bari.

I cultori della democrazia calcistica saranno anche lieti del risultato: la capolista gioca in casa e, oltre a dover recuperare lo svantaggio, non riesce a battere l’ultima in classifica. Ma i tifosi milanisti contenti lo sono molto meno, dal momento che alla mancata vittoria si è aggiunta anche l’espulsione di Ibrahimovic, che ha ritenuto di dover assestare un colpo in risposta ad un contrasto.

Un fallo di reazione che rischia di costare caro al fuoriclasse svedese, evidentemente nervoso per il fatto che non segna da un mese: se il giudice sportivo deciderà di utilizzare la mano ferma come in altre precedenti occasioni, Ibrahimovic salterà il derby decisivo con l’Inter. Se invece Galliani saprà imporre alle istituzioni calcistiche i suoi interessi, come spesso è successo in passato, allora la punizione sarà più blanda, quasi un turno di riposo.

L’Inter, dal canto suo, soprattutto alla luce del pareggio tra Bari e Milan, ha perso una grande occasione per ridurre decisamente le distanze dalla vetta. Il pareggio di Brescia è stato il risultato di tre fattori: l’errore di Leonardo nel procedere ad alcune sostituzioni, la tragedia di Cordoba, che ha regalato al Brescia un gol, un rigore e la superiorità numerica, e lo straordinario Julio Cesar che, parando un rigore a tre minuti dalla fine, ha evitato la sconfitta dei nerazzurri.

Leonardo ha privato la squadra di Lucio, Pazzini e Nagamoto per inserire Cordoba, Karjia e Materazzi. I tre entrati sono visibilmente giocatori non all’altezza di una squadra di vertice: due per evidente mancanza di forma e raggiunti limiti d’età, il terzo per inadeguatezza tecnica e agonistica. E se si comprende l’uscita di Lucio, infortunato, non si capisce davvero perché far uscire Pazzini (che non potrà giocare con il Bayern) per far entrare il franco-marocchino, impalpabile e molle. Certo, l'uscita del fuoriclasse brasiliano ha messo in crisi una difesa fino a quel momento ottima; Ranocchia non era in grande serata e Materazzi a sinistra e Cordoba in mezzo hanno fatto il resto.

Le sostituzioni hanno confuso l’assetto tattico della squadra, (già priva di Cambiasso, Samuel, Chivu, Thiago Motta e Milito per infortuni vari) e l’hanno schiacciata davanti alla propria area permettendo il forcing finale del Brescia. Solo appunto grazie a Julio Cesar, non ha trasformato una vittoria utilissima in una sconfitta rovinosa. Non erano due o tre i gol di vantaggio e non c’era da rilassarsi. E se si pensava al Bayern, perché far uscire Pazzini? E se si voleva difendere il risultato, Obi e lo stesso Mariga non sono forse più adatti al contenimento di quanto non lo sia Karjia?

Scendendo giù per la classifica, non si può non guardare al 4 a 0 con il quale la sempre più straordinaria Udinese ha asfaltato il Cagliari in casa. Sanchez e Di Natale si dimostrano la coppia di attaccanti più in forma del campionato, godendo per di più, oltre dei loro straordinari mezzi tecnici e dell’intesa raggiunta, di un gioco di squadra che è veloce, spumeggiante, a tratti bellissimo e che ha nei due attaccanti dei veri e propri terminator. La squadra di Guidolin gioca davvero il miglior calcio del campionato e il bottino di reti collezionato fino ad ora racconta di un attacco stellare. Senza contare che, dopo lo sbandamento dell'inizio del campionato, successivamente un numero di risultati utili come quelli colti dai friuliani hanno fatto assumera la caratteristica di un cammino da scudetto. Altro che provinciale di lusso.

Ovviamente Pozzo gongola due volte: la prima guardando la posizione di classifica della sua squadra che, scavalcando di due punti la Lazio, si è portata al quarto posto subito dietro al Napoli, vincitore nel posticipo per 3 a 1 sul Parma. La seconda pensando al pacco di milioni di euro che riscuoterà con la vendita di Sanchez a Giugno. Il bomber cileno, ha infatti diversi e facoltosi pretendenti, su tutti il Manchester United e l’Inter. Sarà quindi una vera e propria asta a definire il futuro del “nino maravilla”.

Il derby romano se l’è aggiudicato la Roma, battendo per 2 a zero la Lazio. Due gol su calcio piazzato, ma soprattutto due gol di Totti. Si è così materializzato l’incubo peggiore per i laziali: quinta sconfitta consecutiva nei derby e, per giunta, per opera del capitano romanista. La partita è stata decisamente bruttina; per tutto il primo tempo si è sostanzialmente giocata a centrocampo e, in generale, ha avuto un tasso di agonismo superiore a quello dello spettacolo. Colpa soprattutto della Lazio, che è sembrata credere poco alla possibilità di vincere la partita. La squadra di Reja ha confermato la sua stiticità in zona gol; la sua permanenza nelle zone alte della classifica è infatti resa possibile da un grande rendimento della sua difesa. Non a caso i biancazzurri non hanno subìto gol su azione, ma non hanno nemmeno fatto un tiro in porta degno di nota in 90 minuti.

La Roma invece, che ha lasciato in panchina Borriello (mister 25.000 gol, come si è autodefinito con evidente modestia) pur dispensando diversi errori in fase d’impostazione per tutto il primo tempo, ha mostrato più cattiveria agonistica e maggiore esperienza nella gestione della partita, due elementi rivelatisi decisivi ai fini del risultato. Ancora una volta è risultato decisivo Pizarro, che ha dato i tempi e i ritmi della manovra senza mai buttare un pallone e si è anche procurato la punizione che ha sbloccato il risultato, oltre ad aver colpito una traversa con un gran tiro. L’augurio, per Montella, è che il clima nello spogliatoio migliori una volta per tutte e che la Roma accolga i nuovi proprietari con un posto in Champions League.

La Juventus sembra proprio non saper più vincere. Quale che sia l’avversario, a casa o in trasferta, la squadra di Del Neri non riesce più a ottenere i tre punti. L’area Europa League, pure ancora alla portata, rischia però di divenire scivolosa, dal momento che le squadre che la precedono cominciano ad assumere la configurazione di una brigata e quelle che potrebbero superarla (Fiorentina innanzi tutto) sembrano attraversare un buon momento. Farsi rimontare a Cesena non ha certo contribuito alla stabilità dello spogliatoio, ma sembra evidente che l’allenatore non ha più in mano le redini della squadra. Esonerare un allenatore a campionato in corso non è una soluzione alla quale la Juventus ricorre abitualmente, ma in questo caso è possibile che la prossima gara sia il definitivo esame d’appello.

Nel posticipo, come si diceva, il Napoli ha sconfitto il Parma per 3 a 1. Il rientro di Lavezzi ha permesso a Mazzarri di riproporre il tridente d'attacco e ora i partenopei si trovano ad un solo punto di distanza dall'Inter, che sarà ospite tra qualche settimana proprio al San Paolo. Il finale si annuncia agitato. La Fiorentina sembra ormai definitivamente sulla strada della ripresa e l’uno a zero con cui conquista i tre punti sul campo del Chievo (normalmente tutt’altro che facile impresa) la portano a soli due punti in classifica dalla Juventus. Il Catania di Simeone trova finalmente la vittoria contro la Sampdoria, che ormai colleziona solo sconfitte e si trova a soli tre punti dalla zona retrocessione. Sembra invece far bene la cura Morandi al Bologna, che espugna Lecce portandosi in zona sicurezza, mentre il Palermo di Zamparini e Serse Cosmi perde anche in trasferta contro il Genoa, attestandosi a 40 punti. La differenza tra il Palermo del girone d’andata e questo, è drammaticamente evidente, Quasi come quella tra un tecnico preparato come Delio Rossi e Cosmi; quasi come quella tra un presidente e Zamparini.

di Fabrizio Casari

A dieci giornate dalla fine, il campionato continua a riservare poche sorprese. Il Milan, superata anche la Juventus, mantiene stretto il suo vantaggio di punti sull’Inter. Il gol di Gattuso ha definito con chiarezza la rabbia agonistica dei rossoneri, che sentono il fiato sul collo dei nerazzurri, ed ha anche inviato un messaggio chiaro a chi insegue: non ci pensiamo per niente a mollare proprio sul più bello. Perché appaiono sempre più importanti quei cinque punti che separano la prima dalla seconda, soprattutto quando dovranno misurarsi tra tre settimane in un derby che si annuncia decisivo.

Ma la vittoria del Milan porta con sé anche un altro verdetto: l’uscita della Juventus dalla zona Champions. La partita non è stata bella, ma agonisticamente giocata con grande furore. Ma la differenza tra le due compagini è apparsa chiara. Ed è di scarso rilievo il fatto che il gol milanista sia stato soprattutto una grande papera di Buffon, perché si è vista in campo una Juventus incapace di tirare in porta una sola volta in porta durante tutto l’arco della partita. Non sono servite le buone e le cattive maniere; non sono bastati gli appelli e i rimproveri. La Juventus paga il fatto di non avere una compagine in campo, in tribuna e in società all’altezza della sua storia e delle sue ambizioni. Ovvio che i tifosi chiedano l’esonero di Del Neri, ma non avrebbe molto senso, ora, se non per prendere subito l’allenatore “top” cui affidare un progetto, prima ancora che una squadra. Altrimenti meglio aspettare Giugno.

L’Inter, obbligata a vincere comunque per non perdere di vista le luci posteriori della locomotiva Milan, ha asfaltato il Genoa per 5 a 2. Nonostante il primo tempo si sia chiuso in vantaggio per i grifoni, grazie al fatto che i nerazzurri avevano lasciato la testa negli spogliatoi, la ripresa ha visto l’immediato cambio di rotta. Alla fine, la lezione è questa: se hai in squadra un calciatore come Eto’o, puoi anche permetterti il lusso di giocare 45 minuti su 90. Il fuoriclasse camerunense in un quarto d'ora sdraia il Genoa con le sue prodezze, firmando tra l’altro il 3 a 1 dei nerazzurri con un gol semplicemente pazzesco.

Il Napoli perde ulteriori due punti al cospetto delle milanesi, pareggiando in casa con il Brescia. Mazzarri viene espulso per proteste causa un mancato rigore per i partenopei e questa è la notizia più saliente dell’incontro. Villareal e Milan sembrano aver spento la cenere che covava sotto il Vesuvio. La Roma, grazie ad un rigore nel finale, riesce ad avere ragione del Lecce, portando a casa tre punti che non dicono niente di diverso da quanto detto fino alla  vigilia. I problemi sono rimasti intatti, ma almeno la classifica si muove.

La Lazio s’impone all’Olimpico contro il Palermo del neo arrivato Serse Cosmi. L’allenatore nuovo non fa una squadra nuova, a maggior ragione se il ruolo prefissato è quello del traghettatore; sarà infatti compito di Gasperini quello di sedersi sulla panchina rosanero per il prossimo anno. L’ex-allenatore del Genoa, nonostante le smentite di prammatica, ha già firmato l’accordo con Zamparini.

Gasperini è un ottimo tecnico, ma non si capisce se sia stato scelto solo per questo o, anche, per essere uno dei pochi in circolazione che Zamparini non ha ancora assunto e licenziato. E se Delio Rossi ha dovuto lasciare il Palermo, probabilmente anche Di Carlo dovrà lasciare Genova, sponda Samp. La sconfitta dei doriani contro il Cesena sembra essere stata decisiva per una decisione in tal senso. Anche qui, non si capisce come si possa pensare di vendere Cassano e Pazzini e chiedere poi all’allenatore un cammino di successi.

La Fiorentina schianta il Catania con una doppietta di Mutu e un gol di Gilardino. Al Catania non basta aver chiamato Diego Simeone sulla sua panchina; aprire un supermercato estero serve a poco se poi si acquistano giocatori più adatti alla serie cadetta. Il Bologna raggiunge il pareggio in zona Cesarini, contro un Cagliari che, obiettivamente, avrebbe meritato i tre punti e tra Chievo e Parma finisce a reti inviolate. Un risultato che fa comodo a entrambe. L’Udinese, da parte sua, continua a vincere e a guadagnare posizioni in zona Europa League. La vittima di ieri è stata il Bari, che anche senza Ventura non pare ritrovare motivazioni e qualità tecniche per riprendersi. Il miracolo dell’anno scorso è già stato archiviato nel faldone delle nostalgie.

di Fabrizio Casari

Che il Milan sia primo in classifica, quest’anno non stupisce. Che seconda, a cinque punti, vi sia l’Inter, fino ad un paio di mesi orsono sembrava invece impossibile. Ma la lotta scudetto è tra le due milanesi, anche se cinque punti di differenza non sono pochi, pur essendoci un derby di mezzo. Intanto il Milan contro il Napoli ottiene una vittoria schiacciante, persino oltre il già rotondo punteggio di 3 a zero.

E se il rigore che apre la strada al successo milanista risulta un aiutino ben confezionato, la vittoria rossonera viene ratificata da una serataccia del Napoli, che non effettua nemmeno un tiro in porta nell’arco dei 90 minuti. L’assenza di Lavezzi non basta a spiegare la debacle della squadra di Mazzarri: Hamsick e Cavani hanno le polveri bagnate e la difesa partenopea non ha classe e tecnica sufficienti a fermare uno scatenato Pato e Ibrahimovic. Seppure Mazzarri troverà nella concessione del rigore conferma ai suoi sospetti (anticipatamente ed abbondantemente diffusi) circa la delicatezza della vicenda arbitrale in ordine alla lotta-scudetto, altre saranno e risposte ad una debacle che sembra confermare come il Napoli sia temibile soprattutto in casa, mentre fuori accusa evidentemente un calo di personalità.

L’Inter supera il Napoli in classifica riuscendo ad avere ragione di una Sampdoria tutta corsa, muscoli e contrasti grazie a due dei suoi fuoriclasse, Snejider ed Eto’o. La Samp si è difesa cercando il colpaccio in contropiede; difendeva con dieci uomini e ripartiva con tre. Ma la coppia di centrali dell’Inter, soprattutto Ranocchia, non ha in Maccarone l’uomo in grado di metterli alle corde.

La difficoltà dell’Inter in fase di costruzione aveva una sua spiegazione logica nell’assenza di Thiago Motta e Cambiasso, mentre l’assenza di Maicon (seppur supportata da una buona prova di Nagatomo) ha tolto ai nerazzurri il loro schema preferito, che vede il brasiliano involarsi sulla fascia e creare la superiorità numerica nella zona destra dell’attacco utile a scambi ravvicinati e a cross dal fondo. C’è quindi voluta una magia dell’olandese ed uno spunto del camerunense a formare il k.o. finale. Il risultato di Milan-Napoli ha quindi determinato una nuova testa della classifica.

La vittoria per 7 a zero dell’Udinese sul Palermo, consegna al campionato l’ennesima cacciata di un allenatore. E’ toccato, infatti, a Delio Rossi lasciare la panchina del Palermo. Che pure, per tutta la prima parte della stagione, aveva mostrato un grande gioco e degli ottimi risultati. Ma l’irruenza e l’incompetenza di Zamparini, che ha ormai il record assoluto di allenatori licenziati e di teorie bislacche spacciate come verità assolute, si é così manifestata. Erano settimane che il patron cercava un “casus belli” per potersi disfare di Delio Rossi, tra i tecnici più preparati della serie A, dopo essersi liberato di Sabatini, ottimo manager di calcio. Zamparini è davvero singolare: vende ogni pezzo pregiato, da Cavani a Krjiaer, e poi chiede all’allenatore di migliorare il rendimento.

Non solo: ogni sconfitta o pareggio diventa occasione per parlar male del tecnico, indebolendolo così nello spogliatoio; ma la vanità patologica del patron ha bisogno di parole ed atti che lo portino all’attenzione mediatica. Allenare a Palermo con Zamparini significa dover fare le nozze con i fichi secchi e, per giunta, dover sopportare umiliazioni e cafonerie d’ogni tipo. Andando avanti così, non ci saranno più nomi disponibili sulla piazza e Zamparini, autoconvintosi di essere un grande intenditore di calcio, dovrà prendere un diploma di allenatore a Coverciano, per poi allenare e licenziarsi da solo.

L’Udinese, invece, è splendida per come macina gioco, ma sarebbe solo una discreta compagine senza Sanchez e Di Natale, due autentici gioielli. Però, per una volta, non ci sommiamo ai complimenti di tutti: vincere è bello, umiliare no. Infierire su una squadra visibilmente alle corde non è spettacolo che ci piace. Sul 4 a zero, a risultato definitivamente acquisito, una dose buona di fair play sportivo non avrebbe guastato. Sarebbe bene che la società guidata da Pozzo, che ama autocelebrarsi senza sosta, apprendesse e poi trasmettesse ai suoi giocatori una dose di classe e di stile superiore a quella presente nelle giocate.

Finisce prima di cominciare, pare l'effetto Montella sulla Roma. La rimontella, stavolta, l’ha fatta il Parma. Hai voglia a parlare di assetto tattico in campo: gli invasati della modulistica argomentano su schemi e disposizioni sul terreno di gioco buone solo per discutere a Coverciano, ma gli schemi contano poco quando gli interpreti hanno finito la benzina. La Roma non ha mai dato l’impressione, neanche sul 2 a 0, di poter agevolmente controllare la partita fino al 90°. La squadra, che con l’uscita di Pizarro ha visto uscire anche idee ed equilibrio, ha dimostrato un difetto di tenuta atletica, oltre ad una scarsa concentrazione. Peraltro, godere dell’infelice titolo di terza classificata nell’infausta classifica delle difese più violate, mal si sposa con i nomi - quasi tutti di spessore - che quella difesa compongono.

Il nuovo allenatore, prematuramente individuato come il demiurgo delle piaghe manifestatesi con Ranieri, avrà molto da lavorare. Assetto difensivo, tenuta atletica, concentrazione ed equilibrio tra i reparti sono presupposto e insieme conseguenza di uno scarso rendimento dei suoi singoli più importanti. E pensare che il problema sia Menez è una follia. Inoltre, l’uscita di scena di Ranieri ha tolto l’ultimo alibi. Il quarto posto è ancora possibile, anzi doveroso: difficile spiegare ad una compagine straniera che si appresta a sbarcare in Italia che la loro squadra non sbarcherà nell’Europa che conta.

La Juventus ormai è questione che esula dal campo. Del Neri è tecnico abitualmente capace di far giocare con velocità ed intensità  le sue squadre, ma il suo curriculum parla chiaro: ottimo allenatore con giocatori di scarso e medio valore, coscienti di essere tali. Del Neri sa motivarli, sa plasmarli, sa renderli un corpo unico, trasformando scarse doti tecniche in notevoli capacità tattiche ed agonistiche. Ma quando le squadre sono composte da giocatori “top”, e soprattutto quando credono di esserlo e non lo sono, difficile riuscire a fargli macinare chilometri e rapidità; se sono convinti di essere tecnicamente superiori, difficilmente accettano di giocare come gregari. O almeno Del Neri non arriva a tanto e non è un caso che le sue due esperienze con squadre di vertice siano fallite, mentre il suo Chievo e la sua Sampdoria hanno realizzato campionati di alto profilo.

Del Neri, insomma, sembra essere più adatto a squadre di scarso-medio valore con ambizioni di buon piazzamento: sa valorizzarle e fargli rendere al massimo, mentre non riesce ad imporre - anche per mancanza d’esperienza - identico start alle grandi. Il segreto sta tutto qui: serve un allenatore capace, per carisma personale, per storia di successi e “tituli”, sia in grado di azzerare auto convincimenti fallaci e riportare tutti sulla terra: questi, però, non è e non può essere Del Neri, che ha vinto nulla rispetto a molti dei suoi giocatori cui dovrebbe imporre un diverso profilo.

E tantomeno può avere successo un personaggio come Marotta, sopravvalutato e privo di curriculum adatto ad ottenere il rispetto e la considerazione di una piazza “pesante” come quella di Torino. Non c’è più l’Avvocato, non c’è più Moggi e non c’è più Capello (ben più di Lippi). Come potrebbe essere la stessa Juventus? Ma trecento milioni di euro in cinque anni avrebbero almeno dovuto proporre un rendimento migliore. Invece di assumere e licenziare allenatori e Dg, si dovrebbe avere il coraggio di pescare un leader della panchina e poi, con lui, rifare una Juventus all’altezza della sua storia.

 

di Fabrizio Casari

Claudio Ranieri non è più l’allenatore della Roma. Dopo la sconfitta dei giallorossi a Verona, l’allenatore testaccino ha deciso di gettare la spugna “per il bene della Roma”. Un gesto di generosità e, insieme, una resa di fronte ad una situazione che evidentemente non riesciva più a gestire. Non è solo l’ennesima panchina che salta: solo una settimana prima Ranieri aveva chiesto - inutilmente - due anni di contratto alla proprietà (Unicredit), che aveva però fatto orecchie da mercante. Ranieri non controllava più lo spogliatoio e non aveva più la fiducia della società; andarsene è stato un gesto d’onore, che lo mette ben al di sopra di un signore come Benitez, che per tigna e denari aveva atteso di essere dimissionato incurante dei disastri che aveva determinato.

La parte più significativa dell’ultima domenica pallonara è qui. Per il resto il Milan, grazie all’arbitro, porta a casa i tre punti sul campo del Chievo e risponde così all’Inter. Che, grazie all’arbitro, aveva domato il Cagliari la sera prima. E se l’Inter può comunque recriminare un evidente rigore a suo favore non concesso, il Milan nemmeno quello. Ad ogni modo, il distacco tra le due milanesi rimane di cinque punti, pur avendo di fronte un calendario ben diverso (molto più difficile quello rossonero) da qui al derby, quando cioè i tre punti in palio diverranno decisivi per la corsa finale.

Comunque si fa preferire Leonardo che non ricorda a tutti il mancato rigore e non nasconde che il gol vittoria dell’Inter sia irregolare, rispetto ad Allegri che a giustificare la vittoria con il gol irregolare di Robinho sostiene che i brasiliani usano stoppare la palla con il braccio, dunque va bene lo stesso: l’irregolare diventa regolare. A forza di frequentare Galliani il modestissimo Allegri sta diventando un piccolo esempio di cosa non far vedere in fascia protetta.

Semmai, la preoccupazione di Milan e Inter dovrebbe essere quella del calendario di Champions, visto la condizione fisica delle due compagini. Il Milan si è già fatto male da solo, perdendo uno a zero in casa contro il Tottenham e servirà dunque un’impresa a Londra, mentre l’Inter riceverà il Bayern Monaco che avrà molta voglia di vendicare la finale di Champions di Madrid dello scorso Maggio. La speranza di Allegri è che il mago Ibrahimovic tiri fuori, almeno una volta, la capacità di essere decisivo in Europa, mentre quella di Leonardo è che il ritmo da convalescenza con il quale gioca l’Inter sia una scelta non pubblicamente dichiarata di risparmiare energie per l’Europa.

Il Napoli batte il Catania e ciò gli consente di mantenere il secondo posto in classifica. Le vittorie di partenopei, Milan, Inter e Lazio non producono così particolari sussulti nella zona alta della classifica, che vede sostanzialmente delinearsi la corsa per le prime quattro posizioni. Ma se alle vittorie di Milan e Inter si toglie l’aspetto determinante degli errori arbitrali e se alla Lazio non si riconosce altro che l’ottenimento scontato dei tre punti, ospitando sul proprio campo l’ultima in classifica, a caratterizzare la ventiseiesima giornata di campionato sono state soprattutto le sconfitte.

Due le più clamorose: quelle della Roma a Genova e della Juventus a Lecce, cui si aggiunge anche quella del Palermo a Bologna. Nel caso della Juventus si è assistito ad una prova opaca, con gambe molli e testa altrove, condita da una prestazione difensiva imbarazzante. Se la scorsa settimana gli errori di Eto’o sotto porta avevano salvato la Vecchia Signora dall’ennesima sconfitta in casa, stavolta sono stati quelli di tutta la squadra a certificare una qualità complessiva ben al di sotto di quanto necessario.

Forse a Torino dovrebbero occuparsi meno di Calciopoli e più di costruire una compagine complessivamente all’altezza, dalla dirigenza fino ai calciatori. Se il trand della squadra è questo, la Juventus potrà al massimo guadagnarsi un posto in Europa League, dove vengono allocati gli scarti della Champions. Dunque, se Marotta e Del Neri vorranno dimostrare di essere in grado di dirigere un club di prima fascia, faranno bene a mettere il giusto pepe nella squadra.

La Juventus sembra invece solo preoccupata di quanto avviene nel Palazzo, dove sta tentando con ogni mezzo di ottenere la revoca dello scudetto 2006 all’Inter. L’aria in Federcalcio sta nuovamente cambiando e la nostalgia del malaffare e del “tutti sono colpevoli” trova ogni giorno che passa le vedove di Moggi di nuovo pimpanti. La verità storica dice invece cose diverse, e cioè che se tutti parlavano con i designatori, solo uno gli dava ordini e indicazioni e che se le altre società parlavano con gli arbitri nei modi consentiti, solo una lo faceva con schede telefoniche non intercettabili.

Forse otterranno lo sconto sulla sentenza (che per i loro stessi avvocati fu mite) e forse troveranno così la loro vendetta penosa contro chi, stanco di subire furti, decise di reagire per se e per il sistema tutto. Ma siamo in Italia, dove imputati diventano le vittime e i giudici, non chi commette reati, dunque il sistema calcio non può non omologarsi al sistema politico. Se otterranno la revoca dello scudetto all’Inter sarà comunque il loro unico successo negli ultimi 5 anni, perché il campo, invece, li ha condannati e li condanna senza appello esattamente da cinque anni.

Quello della Roma a Genoa è un risultato suicida. Trovarsi in vantaggio per 3 reti a 0 e vedersi superare 4 a 3, ha una sola spiegazione: la Roma è uscita dal campo 40 minuti prima del fischio finale e non ci sono giustificazioni o ragioni per spiegare la debacle. I soliti idioti che hanno scatenato incidenti a Trigoria sanno ora una cosa: instaurare un clima di minaccia costante nell’ambiente non produce maggiore concentrazione e, dunque, migliori risultati. Al contrario, l’ansia e il timore di sbagliare producono smarrimento e incapacità di reazione.

Si tratta ora di capire come attendere l’arrivo dei nuovi proprietari; dal momento che di scudetto non si può certo parlare, tanto vale abbassare il range delle aspirazioni e provare ad entrare nella lotta per un posto in Europa. Il rischio, altrimenti, è che nemmeno gli americani trovino la voglia per sperdere denari nella città eterna. In questo senso, le dimissioni di Ranieri possono costituire un elemento di facilitazione: è noto, infatti, che i rumors della capitale indicavano già dalla scorsa settimana Montella come soluzione ponte per arrivare ad Ancelotti nella prossima stagione. Ma sarà davvero così facile comporre il puzzle?

Per quanto riguarda il Palermo, sconfitto da un gol all’ultimo minuto di gioco, si deve parlare di una squadra in evidente involuzione. Una buona parte di gara passata a difendersi strenuamente dal Bologna (che - non ingannino le maglie - non ha nulla del Barcellona..) porta a due sconfitte nelle ultime due partite e ad un brusco allontanamento dell’area Europa. La Lazio ottiene i tre punti con il minimo sforzo, grazie a un gol di Hernanes, il pezzo pregiato della casa; ma a vederla giocare non si riconosce la squadra d’inizio stagione.

Annotazioni a margine. Perché Lavezzi dovrebbe avere sconti sulla punizione inflittagli per essersi scambiato sputi in campo con Rosi? A che titolo il giocatore del Napoli dovrebbe ricevere un trattamento di favore che non hanno avuto altri? E a che titolo l’Uefa dovrebbe avere la mano leggera con Gattuso, che in preda a una crisi isterica ha aggredito tutti quelli che incontrava in campo e ai bordi del campo? Galliani, che contro il centravanti della Lazio Kozac aveva invocato tribunali speciali, nei confronti del suo fedele randellatore invoca invece scusanti, affermando che non è solito aggredire nessuno.

C’è un’evidente idiozia nell’affermazione: nessuno è “solito” aggredire, ma ciò non toglie che quando lo fa diventi colpevole di averlo fatto, non innocente perché non l’aveva fatto prima. Nel caso di Gattuso, poi, vale la legge Mediaset e Lega Calcio: con la maglia rossonera si possono commettere falli che con altre maglie sarebbero duramente penalizzati. Ma, come accadeva alla Juve di Moggi e al Milan di Galliani, lo strapotere si ferma ai confini nazionali. In Europa si parla un'altra lingua: se ne accorsero alla Juve, se ne accorgeranno anche al Milan.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy