"Negoziare, finirla con il pensiero unico e la propaganda, aiutare l’Ucraina a ritrovare la ragione e la Russia ad uscire dal tunnel della sindrome da accerchiamento non con le chiacchiere ma con atti concreti." E' il pensiero di Fabio Mini, generale di Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano, già Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione internazionale in Kosovo. "E quando la crisi sarà superata, sperando di essere ancora vivi, Italia ed Europa dovranno impegnarsi seriamente a conquistare quella autonomia, dignità e indipendenza strategica che garantisca la sicurezza europea a prescindere dagli interessi altrui".

La crisi ucraina esplosa il 24 febbraio scorso con l’inizio delle operazioni militari russe sembra essere caratterizzata, da un lato, dall’avanzata relativamente lenta ma efficace delle forze di Mosca e dall’altro da una certa ambivalenza dei governi occidentali nel loro sostegno a Kiev. Questi ultimi continuano ad adottare misure economiche punitive di ampia portata, sia pure risparmiando in alcuni casi il settore energetico, ma sottraendosi da iniziative militari che comporterebbero uno scontro diretto con la Russia. Ciononostante, le provocazioni occidentali e il trasferimento di armamenti al regime ucraino continuano senza sosta, mentre anche su altri fronti nei giorni scorsi gli eventi collegati alla guerra hanno fatto segnare sviluppi decisamente interessanti.

Dietro alla retorica di molti governi europei impegnati ad appoggiare l’Ucraina non c’è, come si vorrebbe far credere, la volontà di difendere un governo democratico attaccato senza ragione dalla Russia, ma piuttosto una serie di calcoli strategici che, oltre al contenimento di Mosca, puntano a dare un impulso fortissimo al militarismo sul fronte domestico. Questi piani sono più che evidenti soprattutto in Germania, dove la guerra in corso ha fornito alla sua classe dirigente un’occasione unica per liquidare definitivamente il pacifismo e l’immagine di paese pragmatico dedito agli affari per accelerare un processo di riamo in preparazione da tempo.

Il massiccio invio di armi al regime di Kiev, per cercare di resistere alle operazioni militari russe, sta sollevando con estrema urgenza, anche se non per governi e media occidentali, il problema dei destinatari di questi equipaggiamenti, visto che lo stato e le forze di sicurezza ucraine sono pervasi da elementi apertamente neo-nazisti e di estrema destra in genere. Lo stesso presidente,Volodymyr Zelensky, nonostante le origini ebraiche e una carriera politica decollata grazie alle promesse di pacificazione con Mosca, ha da tempo accettato l’influenza neo-nazista sul suo governo, tanto da rendere insignificanti le rassicurazioni occidentali circa la natura democratica delle forze su cui si baserebbe la “resistenza” anti-russa.

Quito. L'Unione europea riferisce di aver approvato per l'Ucraina 450 milioni di euro per l'acquisto di armamenti. I paesi della NATO armano l'esercito ucraino, che rappresenta un chiaro impegno per il prolungamento della guerra e quindi per la maggiore sofferenza della popolazione civile. La Germania ha raddoppiato il suo budget militare, sapendo che ha recentemente smantellato le cellule naziste all'interno del suo esercito e della sua polizia, e conoscendo la vocazione militarista delle sue forze armate.

Non dimentichiamo il suo ruolo nella distruzione dell'antica Jugoslavia. Non dimentichiamo nemmeno che solo 80 anni fa, la  sua guida nelle mani di un malato mentale, ha portato all'olocausto a 6 milioni di esseri umani nei  campi di sterminio o che è costato la vita a 22 milioni di persone nell'ex Unione Sovietica, aggiungendosi per un totale compreso tra 50 e 60 milioni di morti nella seconda guerra mondiale.


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