E’ necessario ed urgente che il brutto spettacolo no-stop di natura pornografica cui siamo spettatori da oramai un mese e mezzo finisca al più presto. Si tratta della peggiore pornografia, quella della guerra, col suo seguito di atrocità di ogni genere. La guerra informativa che si accompagna a quella guerreggiata vede dalle nostre parti un netto prevalere delle fonti per così dire filo-occidentale, che tendono ad attribuire ogni responsabilità a Putin e al suo esercito, imputandolo dei crimini che ha commesso ma anche di quelli che hanno commesso gli ucraini, a volte nel deliberato intento di incrementare ulteriormente la tensione per ottenere più armi. Un esempio di questa mistificazione ha avuto certa eco con La Stampa, capofila al pari di altri “giornaloni” e della RAI di questa campagna di disinformazione, che ha pubblicato in prima pagina la foto coi cadaveri delle vittime del bombardamento ucraino di una città del Donbass, imputando Putin del crimine. Di fronte alla sacrosanta richiesta di rettifica proveniente da uno storico come il prof. Angelo D’Orsi, la reazione del giornalone filo-NATO in questione è stata quella di iscriverlo d’ufficio nella lista dei filoputiniani.

Il crescente e dimostrato coinvolgimento di forze appartenenti a paesi NATO e della stessa Legione straniera, che si finge indipendente ma è agli ordini di Parigi, rivela la natura internazionale della guerra. L’Ucraina, infatti, e la sua sovranità, appaiono terreno ipocrita e pernicioso destinato all’operazione di contenimento e riduzione a potenza regionale della Russia da parte della NATO.

Gli elementi emersi in questi giorni sulla presunta strage di civili nella città di Bucha fanno pensare in maniera sempre più convincente a una messa in scena delle forze di sicurezza ucraine. Per la stampa ufficiale in Occidente, invece, le immagini provenienti dalla località a nord di Kiev continuano in larga misura a essere usate come una prova inconfutabile della criminalità dei militari russi e del presidente Putin. Dietro a questo comportamento non c’è solo superficialità o servilismo, entrambi peraltro tratti comuni a quasi tutti i media “mainstream”, ma anche e soprattutto un’agenda ben precisa che collega la propaganda occidentale e ucraina all’evolversi delle vicende militari sul campo nel paese dell’ex Unione Sovietica.

L’opposizione ungherese, l’Unione Europea e gli Stati Uniti sono rimasti ancora una volta spiazzati dalla prestazione elettorale del primo ministro Viktor Orban e del suo partito Fidesz, in grado nel voto del fine settimana di conquistare molto nettamente un quarto mandato consecutivo alla guida del paese dell’ex blocco sovietico. I governi occidentali e i media ufficiali avevano previsto un’elezione equilibrata e addirittura qualche possibilità di successo per un’opposizione finalmente unita, favorita anche, a loro dire, dalla scelta impopolare di Orban di mantenere una posizione tutto sommato neutrale nel conflitto russo-ucraino. Queste previsioni sono invece miseramente fallite, anche se, per indovinare l’esito del voto, sarebbe stato sufficiente considerare, al di là di ogni considerazione ideologica o di merito, la proposta politica del premier ungherese, capace senza alcun dubbio di convincere gli elettori che soltanto Fidesz è in grado di difendere gli interessi del proprio paese.

Le accuse mosse nei confronti dell’esercito russo di gravissime violazioni del diritto umanitario che sarebbero state compiute a Boucha ed in altre località ucraine richiedono l’effettuazione di indagini approfondite da parte di organismi internazionali imparziali. La stessa esigenza si applica del resto a tutte le violazioni, compiute da tutte le parti belligeranti, a partire perlomeno dal 2014, data d’inizio del conflitto nel Donbass, poi generalizzatosi all’insieme del territorio ucraino colla  decisione del governo russo di lanciare un’offensiva militare il 24 febbraio 2022.


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