Pare davvero bizzarro e paradossale che il diritto internazionale sia oggi invocato contro la decisione russa di riconoscere l’indipendenza delle Repubbliche autoproclamate del Donbass, da chi, governo statunitense in testa, il diritto internazionale ha ripetutamente e consapevolmente violato più volte negli ultimi anni, come dimostrato fra l’altro dalle aggressioni militari contro Libia e Iraq e dalle sanzioni contro Cuba, Nicaragua, Venezuela e altri stati.

In attesa della mediazione francese, del colloquio tra Putin e Biden, delle prese di distanze tedesche, delle paure italiane, delle incertezze spagnole e della contrarietà dell’ex blocco dell’Est, delle scadenze regolarmente sbugiardate di improbabili invasioni russe, la guerra sempre annunciata e mai cominciata ha avuto un primo esito. Con una decisione che ha spiazzato le cancellerie occidentali, Vladimir Putin ha firmato il protocollo diplomatico che riconosce le repubbliche indipendenti di Lugansk e Donetsk. Al riconoscimento ha fatto immediatamente seguito la firma di un accordo di cooperazione e reciproca assistenza, il che comporterà la presenza militare russa a difesa delle due repubbliche e, contestualmente, un avvertimento chiaro a Kiev e ai suoi suggeritori interessati.

Capita, in questi temi grami, di dover dare ragione perfino a Draghi e – orrore - a Salvini, che in merito alla pericolosissima crisi ucraina hanno preso posizione in modo non del tutto ligio ai desideri del padrone d’oltreoceano. Il primo in una telefonata con Putin e il secondo con un suo intervento. Bello sforzo, si potrebbe obiettare: a qualunque essere ragionevole risulta evidente come una guerra per l’Ucraina tra NATO e Russia costituirebbe una catastrofe per tutto il pianeta, più nello specifico per l’Europa e, ancora più nello specifico, per l’Italia.

A fronte però dell’esasperato  atlantismo di Letta e del PD, anche le cose di buon senso dette da Salvini e da Draghi possono costituire un segnale non trascurabile. Segnale peraltro in sintonia con la stragrande maggioranza del popolo italiano, che di morire per Kiev non ha proprio voglia.

Le richieste russe di garanzie di sicurezza sono state sostanzialmente ignorate dalla NATO. Non solo non sono state accolte ma gli Stati Uniti hanno provocatoriamente dispiegato in Polonia altri 8.000 loro soldati con relativi sistemi d’arma, tanto per ribadire l’interesse statunitense al possibile conflitto. L’idea di fondo che permane a Bruxelles e a Washington è che i soldati statunitensi e dell’alleanza atlantica possano andare a stabilirsi dove vogliono, fino ai confini con la Russia, mentre i militari russi non possono muoversi nemmeno all’interno del loro paese. Esiste un tema di sicurezza per l’Ucraina ma non per la Russia. Questo perché la sicurezza russa non può essere messa in agenda, dal momento che tutta l’operazione politico-militare è esattamente finalizzata ad un attacco esteso e profondo alla stabilità politica e militare di Mosca.

La costruzione ad hoc della crisi ucraina prosegue incessante. Indifferenti al lavoro di mediazione della Francia, presidente di turno della UE, ed ai colloqui in corso tra i Paesi coinvolti sin dal 2014 nel reset dell’area, gli USA alzano la tensione oltre i livelli di guardia. Un atteggiamento provocatorio denunciato persino dal Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha invitato l’Occidente a smetterla di alzare la tensione sulla pelle dell’Ucraina.

Gli Stati Uniti temono che dai colloqui del Gruppo di contatto emerga uno stop all’escalation e anche la verità dei fatti, ovvero che la Russia non ha mai pensato di invadere l’Ucraina e che la stessa Kiev ne sia perfettamente conscia, come ha tentato di dire sin dall’inizio. L’intera narrazione di questa crisi, del resto, viaggia su un rovesciamento completo della realtà: si racconta una inesistente invasione dell’Ucraina, mentre è vero il contrario: Mosca mobilita il suo esercito in chiave difensiva di fronte all’ammassamento di militari, rampe missilistiche, navi, aerei da combattimento e droni della NATO alle porte di casa, fino a tutto il Mar Nero.


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