Sorprendendo non poco la comunità internazionale, il Nicaragua ha deciso di riallacciare al massimo livello i rapporti diplomatici con la Cina e, di conseguenza, rompere i rapporti diplomatici con Taiwan, che sono stati sempre di natura commerciale, mai politica. Non è un caso che Taiwan non si sia mai espressa a sostegno di Managua nelle diverse fasi del suo agire politico e non abbia mai tentato di esercitare pressioni sul suo grande sponsor – gli Stati Uniti – ai quali hanno sempre ricordato come la relazione fosse solo di affari. La zona franca è l’unica porzione di territorio nicaraguense che interessava ai taiwanesi, che ora risultano essere riconosciuti solo da 13 Paesi, oltre al Vaticano, sui 197 che conformano l’intera comunità internazionale.

Non pare abbiano sortito effetti i colloqui telefonici tra Joe Biden e Vladimir Putin. Quella che si sviluppata al confine tra Russia e Ucraina è una crisi costruita politicamente e mediaticamente. Alla complessiva quanto conclamata ostilità tra Kiev e Mosca non si era aggiunta nessuna particolare tensione e la stessa intelligence militare del regime filo-nazista di Kiev non segnalava nessun pericolo da parte russa.

Il tentativo di rovesciare il governo centrale nelle isole Salomone e il durissimo scontro politico che continua ad attraversare il paese del Pacifico meridionale sono un riflesso della competizione sempre più accesa che sta mettendo di fronte la Cina agli Stati Uniti e ai loro alleati in questa remota area del globo. Per quanto periferica, la posizione dell’arcipelago a nord-est dell’Australia ricopre un’importanza strategica rilevante, come confermano anche gli eventi accaduti durante la Seconda Guerra mondiale, e le potenze coinvolte nelle vicende interne di questo e di altri paesi dell’Oceano Pacifico investono risorse tutt’altro che trascurabili per fare in modo che i propri interessi vengano garantiti dalle classi dirigenti indigene.

Il nodo dei negoziati sulla questione del nucleare iraniano, ripresi questa settimana a Vienna dopo cinque mesi di stallo, sembra a prima vista piuttosto semplice: il governo americano guidato dal presidente Biden dovrebbe semplicemente invertire la decisione presa da Trump nel 2018 e rientrare nell’accordo stipulato tre anni prima con Teheran e altri cinque paesi (Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, Germania). In realtà, i colloqui in corso sono complicati da svariati fattori, principalmente di ordine strategico, che rischiano di far saltare le trattative e accelerare l’escalation dello scontro nella regione mediorientale.

Come ogni sondaggio aveva previsto, Xiomara Castro, candidata della sinistra, è la nuova Presidente dell’Honduras. Dodici anni dopo il colpo di stato voluto da Hillary Clinton che estromise dal governo il legittimo Presidente Mel Zelaya, oggi alla guida del Partito Progressista Libero, Xiomara - che di Mel è moglie - ha riposto le cose nel loro ordine naturale, che vede il consenso popolare al governo e il golpismo all’opposizione. I tentativi disperati di impedire la vittoria di Xiomara ad opera del governo statunitense e dell’Unione Europea, per mano della OEA, sono risultati inefficaci.

Il margine straordinariamente ampio della vittoria di Xiomara ha impedito ogni frode possibile per quanto riguarda la presidenza e, sebbbene sulle elezioni dei sindaci la destra stia tentando operazioni sporche, l’impressione è che queste possano ridursi ad azioni di disturbo, che poco condizioneranno la proclamazione dei risultati effettivi.


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