Tra venerdí 29 e sabato 30 ottobre, Twitter ha chiuso improvvisamente centinaia di account di attivisti nicaraguensi legati al partito sandinista che governa il Paese da circa 14 anni. Il giorno dopo, la stessa operazione è stata fatta da altri due colossi dei social network “made in Usa”, Facebook e Instagram, alla faccia della tanto decantata libertà d’espressione.

Il Texas ha bandito centinaia di detenuti da ogni basilare diritto umano. Nello stato della Rosa Gialla, a chi sbaglia, toccano punizioni più dure che altrove. Le guardie irrompono improvvisamente nei vari reparti e ammanettano i reclusi per trasferirli in isolamento. Legati l’uno all’altro in tragiche cordate, uomini e donne vengono avviati verso i furgoni che li porteranno in altre strutture dove passeranno giorni molto duri.

Il 7 novembre, il Nicaragua tornerà alle urne. Sarebbe insufficiente spiegare l'appuntamento con le urne come fosse solo un'elezione, perché non lo è. Certo, certifica il grado di consonanza politica con il Sandinismo, al potere da 14 anni, ma non è solo una celebrazione del rito fondamentale della democrazia, l'appuntamento ricorrente con la verifica popolare del governo e dei partiti. No, non è un'elezione come le altre. Il prossimo 7 novembre in Nicaragua è una data in cui si certifica molto più di un bilancio, è un voto che acquista un valore contestuale e prospettico: è, senza alcuna enfasi, una data con la storia.

La normalizzazione dei rapporti tra gli Stati Uniti e Bashar al-Assad sembra essere ancora un’ipotesi estremamente inverosimile, ma l’evolversi degli scenari nel paese in guerra e nel resto del Medio Oriente sta mettendo di fronte all’amministrazione Biden l’imperativo di riformulare il proprio approccio alla crisi siriana, con la possibilità non del tutto remota di prendere in considerazione iniziative all’insegna del pragmatismo nei confronti del governo di Damasco.

Le indagini del Congresso americano sull’assalto dei seguaci di Trump a Capitol Hill il 6 gennaio scorso stanno provocando le prime scintille tra i membri della speciale commissione incaricata dei lavori e lo stesso ex presidente repubblicano e i suoi collaboratori. Nei giorni scorsi sono stati emessi alcuni ordini di comparizione nei confronti di personalità di spicco dell’ex amministrazione repubblicana, chiamati a testimoniare davanti alla commissione della Camera dei Rappresentanti, assieme a richieste di consegna di documenti utili all’indagine.


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