Se da qualche parte nelle stanze del potere in Occidente si è infilato un dubbio sull’opportunità di continuare ad appoggiare “per quanto necessario” il regime ucraino nella guerra contro la Russia, le notizie che filtrano sulla stampa in questi giorni non sembrano fornire molte indicazioni in questo senso. I segnali di allarme per gli sviluppi della situazione sul campo sono in realtà molteplici, come ad esempio gli avvertimenti per il rapido svuotamento delle riserve di armi in Europa e negli Stati Uniti. A tenere banco sono tuttavia due notizie di segno opposto, come l’imminente invio a Kiev di batterie di missili Patriot americani e la conferma dell’impiego in battaglia in Ucraina di uomini dei reparti speciali britannici.

 

Zelensky chiede da tempo sistemi anti-aerei occidentali per cercare di far fronte al devastante martellamento missilistico di Mosca, aumentato sensibilmente dopo gli attacchi ucraini delle scorse settimane contro alcune infrastrutture civili russe. Dopo un lungo periodo di riflessione, l’amministrazione Biden avrebbe così deciso di dare il via libera alla consegna dei missili difensivi Patriot già entro questa settimana. Se ciò dovesse effettivamente avvenire, si tratterebbe delle armi con il maggiore raggio d’azione fin qui nelle mani dell’Ucraina, quindi ampiamente in grado, oltre che di intercettare in teoria i missili in arrivo, di raggiungere il territorio russo.

È abbastanza evidente come di per sé l’iniziativa della Casa Bianca rappresenti l’ennesima escalation nei confronti di Mosca, con le altrettanto chiare conseguenze sia in termini di rischi per un conflitto diretto Russia-NATO sia per la probabile intensificazione delle operazioni militari russe che ne deriverebbe.

La stampa ufficiale – la notizia è stata diffusa in “esclusiva” dalla CNN – ha disegnato un quadro in buona parte inverosimile in merito ai benefici che i Patriot comporteranno per il regime di Zelensky. Questo atteggiamento non è d’altra parte inedito, visto che aveva già caratterizzato le precedenti forniture di equipaggiamenti occidentali di livello superiore ai precedenti, come gli ormai notissimi sistemi di lancio “HIMARS”, tutti o quasi descritti come decisivi per invertire le sorti del conflitto, ma mai rivelatisi tali.

L’articolo della CNN ha descritto in questo modo i missili Patriot, creature del colosso bellico Raytheon: “Questo sistema è ampiamente considerato come una delle armi a lungo raggio più efficaci per la difesa dello spazio aereo contro missili balistici e da crociera, così come contro alcuni velivoli”. Grazie a queste caratteristiche, i Patriot saranno in grado “potenzialmente” di abbattere i missili russi “lontano dai loro obiettivi in territorio ucraino”.

Se saranno utili o meno, Zelensky e i vertici militari ucraini potrebbero chiederlo ad esempio ai regnanti sauditi. I Patriot in dotazione a Riyadh fallirono miseramente nell’intercettare i missili lanciati dai “ribelli” sciiti Houthis dallo Yemen qualche anno fa. La serie di attacchi risultò devastante e del tutto inaspettata, causando serissimi danni ad alcune installazioni petrolifere del regno. I Patriot furono considerati talmente inefficaci da spingere l’Arabia Saudita a sondare la Russia per l’acquisto del sistema anti-aereo S-400. Anche un’analisi sui fatti pubblicata nel 2017 dal New York Times aveva individuato il fallimento dei Patriot nell’evitare l’attacco degli Houthis yemeniti.

L’analista militare russo Andrei Martyanov ha spiegato sul suo blog come la decisione di inviare i missili Patriot in Ucraina sia più che altro un’operazione di “pubbliche relazioni”. Questo sistema di fabbricazione americana non ha nessuna utilità, secondo Martyanov, nel contrastare missili in grado di eludere il fuoco di difesa del paese attaccato (“standoff weapons”). Né, tantomeno, Kiev può aspettarsi di limitare con i Patriot gli effetti dei missili supersonici e ipersonici russi.

Un’altra considerazione riguarda le difficoltà logistiche nel trasferire i sistemi Patriot all’Ucraina, che diventeranno subito un bersaglio dell’artiglieria russa, per non parlare della necessità di addestrare adeguatamente i militari che dovranno manovrarli. La CNN ha scritto che le istruzioni verranno impartite in una base USA in Germania, ma non è chiaro quando gli addetti ucraini saranno in grado di operare autonomamente le batterie di Patriot. Una normale sessione di addestramento a questo scopo richiede di solito “parecchi mesi”.

Il fattore tempo non gioca però a favore di Zelensky. Le forze ucraine stanno perdendo almeno centinaia di uomini ogni singolo giorno, per non parlare del materiale bellico e delle infrastrutture distrutte. Un bilancio che si è fatto più drammatico con l’offensiva russa in corso contro la località strategica di Bakhmut (o Artemovsk), nella regione di Donetsk.

I Marines di Sua Maestà

L’altra “rivelazione” di questa settimana circa il coinvolgimento occidentale nella guerra russo-ucraina riguarda le forze speciali britanniche. In questo caso è il Times di Londra a citare un ex comandante dei “Royal Marines”, secondo il quale uomini di questi reparti sono stati impiegati sul campo in Ucraina con incarichi operativi. Il generale Robert Magowan sostiene che all’inizio dell’anno circa 350 “marines” dell’unità “45 Commando Group” erano stati inviati in Ucraini per scortare l’evacuazione dei diplomatici britannici da Kiev in Polonia.

I militari erano poi ritornati per riaccompagnare e proteggere gli stessi diplomatici quando Londra aveva riaperto la propria ambasciata in Ucraina nel mese di aprile. Il loro compito non era però limitato a questo, ma, racconta il generale Magowan, i “marines” britannici avevano partecipato ad altre “operazioni discrete in un ambiente altamente sensibile e con un alto livello di rischio politico e militare”. Dettagli precisi a proposito degli incarichi ricoperti in Ucraina non sono stati rivelati, ma è evidente che si trattava di missioni speciali di guerra, condotte in autonomia o in supporto delle forze ucraine.

Magowan ha inoltre confermato la notizia già emersa tempo fa sulla presenza di militari britannici in Ucraina per addestrare i colleghi indigeni. In merito alle operazioni speciali portate a termine nel teatro di guerra, è invece la prima volta che esse vengono ammesse da una fonte militare del Regno Unito. La notizia non è comunque sorprendente. La stampa indipendente e il governo russo ne parlano da tempo. Putin, ad esempio, lo scorso mese di settembre aveva affermato che in Ucraina “ci sono intere unità militari sotto il comando di fatto di consiglieri occidentali”.

Gli uomini dei reparti speciali britannici non sono le uniche forze occidentali che stanno partecipando attivamente al conflitto. Oltre ai mercenari che quasi quotidianamente diventano vittime dell’offensiva russa, c’è un numero imprecisato di militari NATO in veste ufficiale con svariati compiti. Anche il governo di Washington aveva in qualche modo confermato questa realtà, quando a ottobre un funzionario del Pentagono aveva ammesso che un certo numero di sodati americani erano in Ucraina per “ispezionare” i carichi di armi in arrivo dagli USA.

Il Ministero della Difesa britannico non ha rilasciato commenti sulla notizia riportata dal Times, ma è semplicemente impensabile che l’ex comandante dei “Royal Marines” abbia agito di sua iniziativa. Per questo, l’elemento cruciale è rappresentato dalla ragione per cui Londra abbia deciso di rendere pubblica un’informazione che aggrava ancora di più i rapporti con Mosca.

Non ci sono ovviamente dati concreti per trarre conclusioni a questo riguardo. Tuttavia, le ipotesi sul tavolo non prospettano nulla di rassicurante. Secondo alcuni, il governo britannico potrebbe essere venuto allo scoperto per cercare di normalizzare, agli occhi della popolazione, l’idea del coinvolgimento del paese nella guerra in Ucraina. Questo obiettivo è da collegare a un possibile prossimo impegno diretto del Regno Unito e dei suoi alleati NATO nel conflitto contro la Russia, resosi inevitabile in assenza di una “exit strategy” diplomatica e in vista dell’imminente tracollo di quello che resta delle forze armate del regime di Zelensky.

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