di Cinzia Frassi

Il 23 dicembre scorso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha adottato all’unanimità la risoluzione 1737, con la quale impone sanzioni all’Iran per la mancata sospensione del suo programma nucleare. In base all’art 41, capitolo VII, della Carta delle Nazioni Unite, il Consiglio esorta l’Iran di Ahmadinejad a sospendere l’attività di arricchimento dell’uranio e a decidersi finalmente a cooperare con il Consiglio di Sicurezza e con l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Inoltre, il Consiglio vieta a tutti i paesi la commercializzazione con Tehran di tecnologie ed armi nucleari. In particolare, la risoluzione del Consiglio riguarda la sospensione dell’arricchimento dell’uranio, il trattamento delle scorie nucleari, i reattori ad acqua pesante ed i progetti di missili balistici. Dopo i risultati deludenti della risoluzione 1696 del 31 luglio scorso, che chiedeva all’Iran la sospensione delle attività di arricchimento dell’uranio, il Consiglio di Sicurezza interviene ancora tenendo vivo l’allarme sulle potenzialità in materia nucleare di un paese al centro delle tensioni in Medio oriente.

di Raffaele Matteotti

Il padre di Bush aveva lasciato l’operazione "Restore Hope" in eredità avvelenata a Clinton, varandola un attimo prima di lasciare la carica. Gorge Walker invece ha scelto l’attacco alla Somalia come utile mossa nella “global war on terror”. Le truppe etiopi che attaccano la Somalia lo fanno per procura. Non sono altro che marionette condotte sul campo dai “consiglieri militari” americani che in gran numero si trovano in Etiopia e Kenya. Una guerra tra poveri, perché nemmeno il gigante etiope è in forma smagliante, ma una guerra che reca l’inconfondibile marchio di fabbrica degli inquilini della Casa Bianca. Jendayi Frazer è una robusta signora afroamericana che da qualche tempo ricopre il ruolo di incaricato speciale per l’Africa dell’amministrazione Bush. La Frazer è una politica navigata o, ancor meglio, una funzionaria esperta. Conosce e ha trattato con tutti i leader africani, intrattiene ottimi rapporti con molti paesi africani ed i loro autocrati, una donna difficile da impressionare; ma quando si arriva alla Somalia la signora dice: “Il Consiglio delle Corti Islamiche è ora controllato da individui di una cellula di al Qaeda, individui della cellula di al Qaeda dell’Est-Africa”. E aggiunge: “Le figure di maggior spicco delle Corti sono estremisti. Sono terroristi. Stanno uccidendo le suore, hanno ucciso dei bambini e stanno chiamando alla jihad”

di Carlo Benedetti

Per la Russia di oggi Cernobyl è storia passata. Ora il nucleare vince su tutti i fronti e diviene un settore primario anche nel campo dell’esportazione. Nessuna paura, quindi, e nessun allarme, pur se non si cancella tanto facilmente dalla memoria il ricordo di quel 26 aprile del 1986, quando l'unità numero 4 della centrale nucleare di Cernobyl in Ucraina (all'epoca Unione Sovietica) registrò il più rilevante incidente nucleare della storia. Ora tutta quella tragica vicenda è coperta da un sarcofago pur se fa ancora sentire il suo ruggito. Ma è anche vero che la realpolitk del Cremlino vince su tutti i fronti. Con gli ambientalisti che sono avvertiti, perchè da oggi ogni azione di protesta verrà respinta nel quadro delle azioni della campagna di antiterrorismo. La scelta è fatta. In Russia sorgerà una holding energetica destinata a sconvolgere - quanto a potenza - le grandi industrie nucleari di tutto il mondo.

di Luca Mazzucato

Creare una Comunità Economica Mediorientale tra Israele e i suoi cinque paesi confinanti: Egitto, Giordania, Palestina, Siria e Libano. La road map e la ricetta dei "due popoli-due stati" sono inattuabili: a lungo termine si dovrà costruire un unico stato confederale con due cantoni palestinesi a maggioranza araba nell'attuale Israele e due cantoni ebraici in West Bank attorno ai
due maggiori insediamenti israeliani. E Gerusalemme capitale condivisa. Questa è la sola soluzione del conflitto mediorientale che a lungo termine garantisca pace e stabilità nella regione. A sostenerlo è Johan Galtung, fondatore dell’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace (PRIO) di Oslo, esperto in risoluzione dei conflitti e mediatore per le Nazioni Unite nelle zone calde del
pianeta. In una serie di conferenze e dibattiti a Tel Aviv e a Ramallah, Galtung ha recentemente esposto ai diretti interessati questa sua originale proposta per la soluzione del conflitto. All'innalzamento di barriere, oppone l'abbattimento della sovranità degli stati e la creazione di spazi comuni di tipo autonomo e federale, a sovranità condivisa. Cerchiamo di capire in profondità di cosa si tratta.

di Carlo Benedetti


MOSCA. La stampa, qui, le considera “Vulcani fumanti”; inviati speciali ed analisti le definiscono come aree dove si sviluppa una geopolitica del caos; gli autori di reportage e di guide turistiche parlano di regioni affascinanti e drammatiche. Ma la diplomazia si esprime in termini un pò più concreti affermando che si è in presenza di “Repubbliche non riconosciute”. E mentre la battaglia relativa alle definizioni va avanti, la realtà quotidiana supera ogni previsione, proprio perchè nella Georgia post-sovietica esistono ora regioni - Ossetia del sud, Abchasia ed Adzarja - dove soffia forte il vento della rivolta e dell’autonomia. Il distacco da Tbilisi si fa sempre più reale. Per Igor Ghiorgadze, capo dell’opposizione e attualmente alla macchia, tutto può sfociare in una nuova rivoluzione, anche per il fatto che appena il 12 per cento della popolazione appoggia il presidente Saakasvili. E le zone dove vivono azerbajgiani e armeni sono già sul piede di guerra contro il potere di Tbilisi. Dissensi anche in quelle regioni occidentali che prima appoggiavano la presidenza. Ed ora risulta che solo il vertice militare e circa 3000 funzionari statali sono dalla parte di Saakasvili.


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