di Carlo Benedetti

MOSCA. Arriva un’altra porzione dell’eredità di Putin: una cortina di aerei in difesa della Russia. L’idea viene dai falchi che cominciano a volare alto su una Russia che si appresta al cambio della presidenza. Con un Putin che - tallonato dal suo vice Sergei Borisovic Ivanov (classe 1953) e sempre più coinvolto nelle strategie dell’industria militare - firma il decreto e annuncia che i piloti sono stati per troppo tempo inattivi, “seduti nelle basi” sin dal 1992... E’ ora di muoversi, quindi, tanto più che l’America di Bush non sta a guardare creando la sua cortina di basi attorno alla Russia. E così Mosca risponde con una mossa a sorpresa. Nel teatro della politica nazionale scende in campo lo stato maggiore dell’aviazione militare che fornisce (questa volta senza tanti misteri) i nomi degli aerei e le basi delle loro dislocazioni. Eccoli nell’aria i Tu-160, Tu-95MC, Tu-22m, Tu-22M3. Sono tutti bombardieri strategici a lungo raggio capaci di effettuare missioni di sorveglianza con elevate caratteristiche di penetrazione, ma anche pronti per attacchi nucleari, convenzionali, antinavali. Ora pattugliano i cieli ventiquattro-ore-su-ventiquattro, appoggiati da aerei da supporto e rifornimento. Il loro obiettivo è quello di “controllare le zone ad intensa attività marittima ed economica della Russia”. Il decollo delle “squadriglie” è avvenuto alla mezzanotte del 17 agosto da sette basi (dove, da anni, gli aerei a destinazione strategica erano in sonno negli hangar sotterranei) situate in diverse parti del Paese. Nessun segreto, quindi. E la Russia lancia così una sfida anche a quelle intelligence di un occidente fermo alle tecniche della guerra fredda di un tempo. E così escono i nomi delle località strategiche che ospitano i bombardieri di Mosca.

Ecco la base di Olenja nell’Estremo nord, nella regione della tundra artica chiamata Jamalo-Neneskij. Zona da sempre top-secret praticamente cancellata dalle carte geografiche. Seguono gli aereoporti delle tre basi situate nei pressi della città di Vorkuta, nella Repubblica autonoma di Komi, oltre il circolo polare e, sempre nel nord, nella regione di Murmansk, si scopre la base di Moncegorsk destinata ai bombardieri strategici. Una base analoga si trova a Tiski, area polare della Jacuzia, dalla quale partono ora i Tu-22M3. Altre stazioni strategiche per l’aviazione militare quelle di Anadyr, nella regione della Ciukotka, e di Engels, la città adagiata sulle rive del Volga. Nell’elenco fornito dallo stato maggiore (e precisamente dal colonnello Alekandr Drobsevskij) figura poi la base segreta di Sajkovka. Si è, quindi, ad una operazione di controllo dell’area russa a tutto campo con 50 missioni quotidiane per un totale di 400 ore complessive di volo: dall’Atlantico al Pacifico, dall’Artico al mare Nero.

Sin qui i “dati tecnici” di questa missione che porta il clima dei rapporti con gli Usa ad un livello di guardia, evidenziando sempre più che si è giunti ormai ad una politica di schieramenti contrapposti. Questo nonostante le tante dichiarazioni di amicizia e di collaborazione, mentre a Mosca si parla sempre più di un “punto di svolta” tra il Cremlino e la Casa Bianca.

Situazione a rischio? Putin non batte ciglio e con la freddezza e l’aridità che lo distinguono spiega che la decisione è stata presa per rafforzare la difesa della Russia. Ma non fa cenno al nome dell’avversario. Non denuncia spie ed informatori, non fa riferimento ai rapporti dell’intelligence del Fsb o del Gru. Con una precisione e concretezza militaresca sostiene che uno dei più gravi errori della Russia è quello di aver dato fiducia ad un occidente che ha mostrato solo un lato della sua medaglia, quello distensivo. Troppo credito, quindi, a paesi che hanno operato con la tattica del doppio-gioco.

E così arriva la inevitabile resa di conti, ma Putin vuole raggiungere i suoi obiettivi senza causare danni. Da poche ore ha stretto una nuova e solida alleanza con i paesi eurasiatici dando vita a manovre militari tutte tese a dimostrare che la lotta attuale è “solo” contro il terrorismo. Ma a Mosca si dice anche che il “terrorismo” può essere di varia natura. Del resto proprio all’incontro di Biskek dei giorni scorsi il leader iraniano Mahmud Ahmadinejad ha denunciato l’aggressività degli Usa. E lo ha fatto, non a caso, avendo come diretti ascoltatori, seduti attorno allo stesso tavolo, il russo Putin e il cinese Hu Jintao.

La geopolitica dell’Est, quindi, si arricchisce di una nuova pagina che induce a riflessioni e considerazioni di ordine strategico. In particolare c’è da interrogarsi sul “perchè” della mossa di Putin che non è certo distensiva. La sua decisione potrebbe essere stata provocata da una serie di informazioni allarmanti che giungono dall’intelligence russo in riferimento alla escalation militare della Casa Bianca? E se così fosse c’è da chiedersi perchè Putin ha atteso la conclusione del vertice di Biskek per sferrare il colpo? Ed è chiaro che avendo già in mente una mossa del genere ne aveva informato i colleghi seduti con lui al tavolo del vertice.

Ma ci si domanda anche se Putin non stia restando vittima dell’ala dei falchi che sono entrati a poco a poco al Cremlino anche su sua sponsorizzazione. Il caso più eclatante è quello del suo vice, Ivanov (laurea a pieni voti nell’università “Andropov” del Kgb di Minsk) che proprio in questi giorni si sta “agitando” particolarmente perchè si ritiene il delfino di Putin; pronto a saltare sulla poltrona presidenziale del 2008 non appena il suo vecchio collega di Kgb se ne andrà. Intanto di Ivanov si dicono molte cose e tutte di segno negativo, pur se si ammette che ha una intelligenza affilata come un rasoio. Ma è pur sempre un uomo abituato agli intrighi del Kgb, vecchio e nuovo.

Deve comunque a Putin la sua ascesa avvenuta in grande stile nel febbraio scorso. E’ stato allora, infatti, che il Presidente lo promosse suo vice, dopo che aveva ricoperto la carica di ministro della Difesa. E fu sempre Ivanov che, una volta arrivato al vertice, denunciò la pericolosità dell’avvicinamento delle strutture atlantiche ai confini della Russia “nei cieli del Baltico, in Polonia e nella Repubblica Ceka”. Ora si è al giro di boa. Ed è difficile capire se la colpa o il merito di quanto avviene con questi voli “difensivi” sia di Putin o di Ivanov. E’ ancora presto per valutazioni geopolitiche. Ma un fatto è certo ed è che la Russia di oggi accentua le linee della sua politica estera. Ed è anche questa una eredità che Putin consegna ai notai del Cremlino.

Intanto arrivano le reazioni del Dipartimento di Stato che definisce la mossa dei russi come un ritorno all'epoca della Guerra Fredda. Ma il portavoce Sean McCormack si affretta a minimizzare l’avvenimento perchè - dice - “la Russia dispone di velivoli antiquati che ora recupera tirandoli fuori da hangar pieni di naftlina”. Ricomincia una tragica telenovela fatta di disinformazioni, di menzogne, di vendita di merci avariate? Ai tempi della guerra fredda questo genere di conduzione della politica veniva definito come una somministrazione di “pasti al bario”. Cotolette avvelenate.


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