di Carlo Benedetti

“Il dissenso è stimolato e finanziato dall’Ovest”, “I dissidenti sono nemici del Paese e fanno della dissidenza una vera professione”, “Nelle file del dissenso si infiltrano agenti di potenze straniere”… Erano questi, in sintesi, i punti centrali della propaganda e delle polemiche che il Cremlino, negli anni sovietici, rivolgeva a coloro che si rifiutavano di seguire i dettati della “società socialista”. Il passato torna. Perché il capo della Russia (che ha studiato, in piena era Urss, i manuali della lotta alla dissidenza) risponde alle manifestazioni di piazza - che mettono in stato d’accusa la sua gestione - sfoderando tutto l’armamentario della vecchia epoca. E’, in pratica, la “fase uno”. Fa circondare i giovani che lanciano accuse, fa strappare i cartelli che alzano e poi fa sfoderare i manganelli. Botte, quindi. E subito i commissariati del centro di Mosca e di San Pietroburgo si riempiono di “dissidenti”. Verbali e processi in vista. Poi, immediata, scatta la “fase due”. Quella della diffamazione e delle accuse di collisione con “potenze straniere”. Ecco i fatti.

di Carlo Benedetti

Tra la Russia e l’Estonia c’è un brutto stato di tensione. Il governo di Tallin sta organizzando in queste ore lo spostamento di un monumento che fu costruito in onore dei soldati dell’Armata rossa che liberarono il Baltico. Il gesto è chiaro. L’Estonia attuale – quella nazionalista e antirussa – non tollera al centro della sua capitale un monumento che ricorda il periodo sovietico. L’operazione di demolizione dovrebbe avvenire di notte con la città praticamente bloccata e con la zona centrale isolata. Si temono “disordini” e proteste. Ma già i russi dell’Estonia, stanchi per gli insulti e le vessazioni del regime, sono scesi nelle strade della capitale per far sentire la loro voce al paese e all’Europa. Manifestano per difendere il monumento agli eroi dell’Armata e per chiedere rispetto nei confronti di quei soldati che diedero la loro vita per cacciare i nazisti e vincere la seconda guerra mondiale. E così, dopo tante e dure polemiche dei mesi scorsi, si è arrivati agli scontri di piazza con i nazionalfascisti locali che vogliono eliminare il sacrario (è chiamato il “Milite di bronzo”) e i russi che si oppongono.

di Daniele John Angrisani

Parafrasando Marx, uno spettro s’aggira per l'Europa. Lo spettro della Guerra Fredda. Avevano detto tutti che si era conclusa nel lontano 1989 con la caduta del Muro di Berlino eppure, ancora oggi a 18 anni di distanza, sembra essere ben viva nelle mente di chi decide i destini del nostro pianeta. La goccia che ha fatto traboccare il vaso questa volta è stata la decisione da parte americana di costruire basi radar ed intercettatori in Repubblica Ceca e Polonia nell'ambito dell'ambizioso progetto dello "scudo stellare", tanto caro al presidente Bush ed alla sua Amministrazione fin dal primo giorno dell'insediamento alla Casa Bianca. La motivazione addetta da parte americana per questa decisione è stata quella di difendere il territorio europeo ed i Paesi membri della NATO da possibili attacchi missilistici (nucleari?) da parte degli Stati canaglia, Iran in primis. Ma evidentemente a Mosca non la pensano così, e con qualche ragione.

di Alessandro Iacuelli


Il ministero dei Beni Culturali ha pubblicato le "Linee Guida per l'inserimento degli impianti eolici nel paesaggio". Si tratta di una piccola guida, di 70 pagine, che ha come scopo dichiarato "l’obiettivo di fornire criteri e indirizzi a tutti coloro che si apprestano a programmare, a progettare o a valutare le opere di trasformazione”. Si pone un forte accento sulla percezione sociale del paesaggio e di come dipingere i grandi "mulini eolici" per mimetizzarli. Il tutto ricade nell'applicazione dei principi sanciti dalla Convenzione Europea del Paesaggio. Convenzione che è stata recepita in Italia, ma diversamente da regione a regione, senza un vero piano nazionale. La regione Toscana aveva inserito, per esempio, il criterio della frequentazione per valutare l'impatto visivo di un parco eolico, partendo dal principio non sempre valido che mettere un impianto in un posto poco frequentato crea meno disagi che metterlo in uno dove regolarmente circola un elevato numero di persone.

di Elena Ferrara

Le guerre dei grandi – oltre venti conflitti in tutto il mondo – vedono impegnati mezzo milione di bambini e bambine. E’ la tragedia del secolo con ragazzini che sono utilizzati in combattimento sia da parte delle forze governative che di quelle dei movimenti di opposizione. Piccoli armati di kalashnikov e di bombe a mano, impegnati al fronte o come killer e kamikaze. Spesso restano feriti o sottoposti ad efferati abusi. Molti sono fuori del conto delle guerre e dei morti. Personaggi “minori” dei quali non si parla e sui quali è steso un velo di silenzio. I paesi della vergogna sono tanti. Afghanistan, in primo luogo. E poi Angola, Sierra Leone (dove già 40mila sono stati smobilitati), Costa d’Avorio, Sudan, Kosovo, Cecenia, Burundi, Ruanda e Myanmar nazioni, tutte, che hanno mandato bambini sulla linea del fronte. Altri governi, come quelli di Colombia, Uganda e Zimbabwe, hanno appoggiato formazioni paramilitari che impiegano bambini soldato. E in paesi come Indonesia e Nepal i bambini sono usati come informatori, spie o messaggeri.


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