di mazzetta



Quasi centosettanta milioni di abitanti, attualmente considerato al nono posto nella classifica degli “stati falliti” (al decimo c’è l’Afghanistan), il Pakistan è un fondamentale alleato della “War on terror” di George W. Bush, il quale si è assicurato la collaborazione del dittatore Musharraf minacciando, nei giorni successivi all’undici settembre 2001, di “riportare il Pakistan all’età della pietra”. Nonostante le minacce e le pressioni il Pakistan ha una propria agenda politica e cerca di perseguirla pur tra mille difficoltà. La capacità di praticare il doppio e triplo gioco di Musharraf meriterebbe un posto nella leggenda, se non altro per il complesso quadro geopolitica all’interno del quale il dittatore riesce a mantenere il potere nonostante il suo paese continui ad essere la principale sorgente del terrorismo qaedista o “islamico” che dir si voglia. Musharraf era, ai tempi dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan, il comandante sul campo dell’ISI (i servizi pachistani) e operava fianco a fianco con Bin Laden.

di Bianca Cerri


Obama o Hillary? Non è ancora deciso chi guiderà il Partito Democratico statunitense alle prossime elezioni, come del resto nemmeno è stato deciso chi sarà il candidato repubblicano. Ma è proprio in questo momento, con la presidenza di George W. Bush ormai avviatasi verso il tramonto, costretta sempre più spesso a subire le bocciature del Congresso (a maggioranza democratica dalle elezioni di metà mandato) su temi fondamentali come la politica estera, è proprio adesso che le candidature prendono piede e iniziano a chiedersi come recuperare unità, coerenza e consenso di fronte agli americani e al resto del mondo. Tutte le ipotesi per le rispettive nominations sono valide e, in fondo, legittime, dal momento che le differenze tra i candidati sono spesso assai relative. Per il momento, quindi, solo ai chiromanti è dato sapere chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Per ora, quattro sono i nomi più noti: Hillary Clinton e Barack Obama tra i democratici da un lato, Rudy Giuliani e John McCain per i repubblicani, dall’altro.
Qualche piccolo ritratto anche degli altri candidati alla carica potrebbe essere illuminante circa quello che potrebbero attendersi gli elettori nordamericani dalla vittoria di una o uno di loro. Cominciando a leggere alla voce “finanziamenti” e ricordando che tutti gli aspiranti presidenti USA hanno l’obbligo di rivelare la ”fonte” degli stessi ricevuti in campagna elettorale, proviamo quindi a vedere tutto ciò che di solito non riusciamo a leggere sui giornali.

di Giuseppe Zaccagni

Era nota solo per il "voto bulgaro" inteso come monolitico e senza appello. Oggi si è conquistata un posto onorevole nel campo della destra, dei crimini e degli scandali. E i recenti risultati per le elezioni al parlamento europeo (le prime dopo l'ingresso del Paese nell'Ue destinate a portare in Europa 18 deputati) sono la prova della involuzione che sta caratterizzando la Bulgaria post-socialista. Perché - in un’atmosfera di inquietudine collettiva - si è registrato il successo del nuovo partito di centrodestra - Gerb con il 21,69% - che era già la seconda forza nazionale anche grazie al carisma del fondatore, il sindaco di Sofia Boiko Borissov. Il risultato elettorale generale, comunque, segna anche un processo di disaffezione della popolazione nei confronti della vita politica ed istituzionale. Alle urne, infatti, si è presentato appena il 28% degli aventi diritto ed è stato così raggiunto il minimo storico per questo leggendario voto bulgaro. Un segno di diffidenza e, forse, anche di rassegnazione. E se a tutto ciò si aggiunge che a perdere queste "europee" è il partito socialista - il Psb ora con il 21,41%, al governo con il premier Stanislav Stanishev - si comprende bene che la situazione comincia ad oscillare seriamente con un elettorato estremamente critico nei confronti di un’amministrazione che non è riuscita a fare fronte al carovita, alla corruzione ai livelli più alti e alla ondata di violenze urbane.

di Carlo Benedetti

Palate di fango su una Polonia che vuol sentirsi democratica ed europea e su un mondo intellettuale che rispetta i valori sociali, l’etica e la storia. Tutto avviene a Varsavia dove il grande polacco Ryszard Kapuscinski (il famoso reporter di guerra, autore di saggi conosciuti e studiati ovunque, nato nel 1932 a Pinsk nella Polonia Orientale e morto il 23 gennaio scorso) finisce sotto la mannaia dei gemelli della destra che monopolizzano il potere locale. Li conosciamo come personaggi che sembrano usciti da quel laboratorio genetico che il medico nazista Josef Mengele aveva costruito nel lager di Auschwitz: programmati per combattere contro tutti e scatenare il loro odio represso contro chi non li accetta e non li vuol seguire nelle campagne antidemocratiche, xenofobe, razziste e antisemite, affannati nella loro missione di riscrivere la storia. Ma è anche vero che sono patetici e più che assomigliare a costruzioni diaboliche - frutto di incredibili manipolazioni - sembrano una versione polacca di Gianni & Pinotto. Eccoli, quindi, sulla scena della storia di oggi. Attori e registi di un revisionismo che assume sempre più il volto della reazione.

di Fabrizio Casari

Un vecchio ma validissimo adagio rileva come la Banca Mondiale, lungi dal dover sostenere attraverso progetti ed infrastrutture le economie dei paesi emergenti, come da statuto, sia sostanzialmente il luogo dove si garantisce che i poveri dei paesi ricchi finanzino i ricchi dei paesi poveri. Falco tra i falchi, sarà per questo che Paul Wolfowitz era sembrato l’uomo giusto al posto giusto per la congregazione di petrolieri ed affaristi texani che hanno messo la mano destra sugli affari statunitensi, quella sinistra sul petrolio del resto del mondo e tutti e due i piedi sul diritto internazionale. Ma soprattutto doveva essergli sembrata una uscita di scena onorevole, una sorta di scivolo consentito dalla tragedia irachena ed afgana nella quale la Casa Bianca, trascinata da Wolfowitz, ha trascinato gli Stati Uniti. Perché proprio Paul Wolfowitz, con Donald Rumsfeld e Karl Rove, assistiti da John Dimitri Negroponte e con il sostegno della destra religiosa fanatica ed integralista, aveva formato l’orrido quartetto d’archi che resuscitò il pensiero reazionario con il quale la prima e la seconda Amministrazione Bush si sono presentate al mondo.


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