di Carlo Benedetti

La spy-story sull'omicidio di Litvinenko si arricchisce di un nuovo capitolo. La Procura della Corona ha infatti deciso di incrimare l'uomo d'affari e ex agente segreto Andrei Lugovoi per l'uccisione dell'ex spia del Kgb morta il 23 novembre scorso a Londra avvelenata dal polonio. La magistratura britannica ha spiegato che ci sono "prove sufficienti" per l'atto di accusa nei confronti dell'uomo che, insieme ad altre due persone, aveva incontrato Litvinenko all'albergo Millenium di Londra. La vedova dell'ex agente russo, Marina Litvinenko, si è detta soddisfatta della decisione della procura di Londra e ha auspicato che i colpevoli vengano assicurati alla giustizia. "Non vedo l'ora di vedere che giustizia sia fatta e che il signor Lugovoi sia estradato e portato in tribunale". Dalla Russia però non arrivano segnali confortanti. Secondo l'agenzia Ria Novosti, che cita una fonte della procura generale di Mosca, Lugovoi non sarà estradato. "In base alla Costituzione della Federazione di Russia, i suoi cittadini non possono essere estradati per essere processati in altri Paesi e Lugovoi è un cittadino della Federazione russa". Nel frattempo, oltre che materia per gli investigatori, la vicenda di Litvinenko sembra diventare anche materia per i cineasti.

di mazzetta



Quasi centosettanta milioni di abitanti, attualmente considerato al nono posto nella classifica degli “stati falliti” (al decimo c’è l’Afghanistan), il Pakistan è un fondamentale alleato della “War on terror” di George W. Bush, il quale si è assicurato la collaborazione del dittatore Musharraf minacciando, nei giorni successivi all’undici settembre 2001, di “riportare il Pakistan all’età della pietra”. Nonostante le minacce e le pressioni il Pakistan ha una propria agenda politica e cerca di perseguirla pur tra mille difficoltà. La capacità di praticare il doppio e triplo gioco di Musharraf meriterebbe un posto nella leggenda, se non altro per il complesso quadro geopolitica all’interno del quale il dittatore riesce a mantenere il potere nonostante il suo paese continui ad essere la principale sorgente del terrorismo qaedista o “islamico” che dir si voglia. Musharraf era, ai tempi dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan, il comandante sul campo dell’ISI (i servizi pachistani) e operava fianco a fianco con Bin Laden.

di Bianca Cerri


Obama o Hillary? Non è ancora deciso chi guiderà il Partito Democratico statunitense alle prossime elezioni, come del resto nemmeno è stato deciso chi sarà il candidato repubblicano. Ma è proprio in questo momento, con la presidenza di George W. Bush ormai avviatasi verso il tramonto, costretta sempre più spesso a subire le bocciature del Congresso (a maggioranza democratica dalle elezioni di metà mandato) su temi fondamentali come la politica estera, è proprio adesso che le candidature prendono piede e iniziano a chiedersi come recuperare unità, coerenza e consenso di fronte agli americani e al resto del mondo. Tutte le ipotesi per le rispettive nominations sono valide e, in fondo, legittime, dal momento che le differenze tra i candidati sono spesso assai relative. Per il momento, quindi, solo ai chiromanti è dato sapere chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Per ora, quattro sono i nomi più noti: Hillary Clinton e Barack Obama tra i democratici da un lato, Rudy Giuliani e John McCain per i repubblicani, dall’altro.
Qualche piccolo ritratto anche degli altri candidati alla carica potrebbe essere illuminante circa quello che potrebbero attendersi gli elettori nordamericani dalla vittoria di una o uno di loro. Cominciando a leggere alla voce “finanziamenti” e ricordando che tutti gli aspiranti presidenti USA hanno l’obbligo di rivelare la ”fonte” degli stessi ricevuti in campagna elettorale, proviamo quindi a vedere tutto ciò che di solito non riusciamo a leggere sui giornali.

di Giuseppe Zaccagni

Era nota solo per il "voto bulgaro" inteso come monolitico e senza appello. Oggi si è conquistata un posto onorevole nel campo della destra, dei crimini e degli scandali. E i recenti risultati per le elezioni al parlamento europeo (le prime dopo l'ingresso del Paese nell'Ue destinate a portare in Europa 18 deputati) sono la prova della involuzione che sta caratterizzando la Bulgaria post-socialista. Perché - in un’atmosfera di inquietudine collettiva - si è registrato il successo del nuovo partito di centrodestra - Gerb con il 21,69% - che era già la seconda forza nazionale anche grazie al carisma del fondatore, il sindaco di Sofia Boiko Borissov. Il risultato elettorale generale, comunque, segna anche un processo di disaffezione della popolazione nei confronti della vita politica ed istituzionale. Alle urne, infatti, si è presentato appena il 28% degli aventi diritto ed è stato così raggiunto il minimo storico per questo leggendario voto bulgaro. Un segno di diffidenza e, forse, anche di rassegnazione. E se a tutto ciò si aggiunge che a perdere queste "europee" è il partito socialista - il Psb ora con il 21,41%, al governo con il premier Stanislav Stanishev - si comprende bene che la situazione comincia ad oscillare seriamente con un elettorato estremamente critico nei confronti di un’amministrazione che non è riuscita a fare fronte al carovita, alla corruzione ai livelli più alti e alla ondata di violenze urbane.

di Carlo Benedetti

Palate di fango su una Polonia che vuol sentirsi democratica ed europea e su un mondo intellettuale che rispetta i valori sociali, l’etica e la storia. Tutto avviene a Varsavia dove il grande polacco Ryszard Kapuscinski (il famoso reporter di guerra, autore di saggi conosciuti e studiati ovunque, nato nel 1932 a Pinsk nella Polonia Orientale e morto il 23 gennaio scorso) finisce sotto la mannaia dei gemelli della destra che monopolizzano il potere locale. Li conosciamo come personaggi che sembrano usciti da quel laboratorio genetico che il medico nazista Josef Mengele aveva costruito nel lager di Auschwitz: programmati per combattere contro tutti e scatenare il loro odio represso contro chi non li accetta e non li vuol seguire nelle campagne antidemocratiche, xenofobe, razziste e antisemite, affannati nella loro missione di riscrivere la storia. Ma è anche vero che sono patetici e più che assomigliare a costruzioni diaboliche - frutto di incredibili manipolazioni - sembrano una versione polacca di Gianni & Pinotto. Eccoli, quindi, sulla scena della storia di oggi. Attori e registi di un revisionismo che assume sempre più il volto della reazione.


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