di Giuseppe Zaccagni

Sedici paesi asiatici - la metà della popolazione del mondo - uniti per sviluppare le fonti di energia rinnovabile e per ridurre l’immissione nell’atmosfera di quei gas che producono l’effetto serra. E questo, in sintesi il risultato raggiunto al secondo vertice dell’ Asean (Association of South-East Asian Nations) che si è svolto nei giorni scorsi a Cebu, nelle Filippine. Si è raggiunta così una nuova ed importante tappa nell’ambito di quel programma mondiale teso a sviluppare ed utilizzare, attraverso uno sforzo congiunto, fonti energetiche alternative che possano far fronte ai bisogni delle crescenti economie regionali, in vista di una diminuzione delle riserve petrolifere.

di Carlo Benedetti

Bush non molla, con il suo processo a tappe. Ed ora piazza altre basi sul fronte dell’Est, favorito da governi compiacenti come quelli di Varsavia e di Praga che gli facilitano quel percorso di guerra che è pur sempre particolarmente accidentato. La notizia è delle ultime ore e riguarda la dislocazione, da parte del Pentagono, di impianti radar e di sistemi missilistici in regioni della Polonia e della repubblica Ceca. Attrezzature e basi che vanno ad aggiungersi alle stazioni “Echelon” di Vilnius in Lituania, di Tallin in Estonia e di Ventspils in Lettonia gestite e coordinate dal Comando generale statunitense della NSA (National Security Agency) di Fort Meade (nel Maryland) ed organizzate in cooperazione con i servizi segreti britannici del GCHQ (Government Communications Head Quarters), con i canadesi del CSE (Communications Security Establishment), con gli australiani del DSD (Defence Signals Directorate) e con i neo-zelandesi del GCSB (Government Communications Security Bureau).

di Giuseppe Zaccagni

La scelta filoeuropea, filoccidentale e di rinuncia alla sovranità di Belgrado sul Kosovo è stata bocciata dagli elettori serbi, i quali hanno deciso di premiare - almeno con il voto - quelle forze nazionaliste sempre ancorate ai miti patriottici del passato e alle idee della “Grande Jugoslavia”. Il risultato della consultazione di queste ore (con 6 milioni e 600mila elettori, chiamati a scegliere tra 3.795 candidati ripartiti in 20 formazioni politiche, che si dividono i 250 seggi del Parlamento con il sistema proporzionale e con lo sbarramento al 5 per cento) lascia però aperte varie soluzioni, in quanto non c’è una maggioranza capace di gestire il nuovo governo. Tanto che si può dire che la vittoria è dei nazionalisti - orfani della Jugoslavia di un tempo - ma che il potere resta ai democratici. E non è un gioco di parole: parlano i dati usciti dalle urne.

di Fabrizio Casari

Lo avevano definito con due letture contrapposte: una che lo voleva “demonio” e l’altra che lo trovava aspirante angelo del paradiso del compromesso. Daniel Ortega, neopresidente del Nicaragua, ha subito la singolare sorte di non piacere a nessuno al di fuori dei sandinisti, che corrispondono più o meno a quel 39 per cento di nicaraguensi che l’hanno votato e che, con il determinante contributo della divisione fratricida dei liberali, gli hanno aperto le porte alla vittoria elettorale dopo tre sconfitte. Ortega ha dato inizio al suo mandato nel modo che pochi si aspettavano. Persino i suoi detrattori di estrema destra, tenutari dell’animo somozista che alberga nelle case ricche della borghesia compradora nicaraguense, avrebbero comunque giurato di vedere il neo presidente indossare i panni dell’agnello per nascondere bene il pelo del lupo. Gli altri, quelli della sinistra sempre “oltre”, indice puntato e naso all’insù, (molti residenti in Italia) erano del resto convinti che i concetti di “amore e riconciliazione” fossero entità sostitutive di quelli di riscatto popolare e giustizia sociale nel lessico del neosandinismo. Spiazzati.

di Bianca Cerri

Chi pensava che le campagne elettorali americane avessero toccato il fondo, aspetti di vedere cosa accadrà l’anno prossimo, quando Hillary Clinton darà l’assalto alla Casa Bianca e non baderà a spese pur di aggiudicarsi il tanto agognato traguardo. L’ex-first lady, che passa da pacifista a guerrafondaia a seconda dei luoghi dove tiene i suoi comizi, conta soprattutto sul supporto delle donne e di quella parte dell’elettorato rimasto fedele ai Clinton. Quando il gioco si fa duro, cambia velocemente la maschera di abortista con quella di anti-abortista per schierarsi a fianco dei cosiddetti gruppi pro-life, i cui voti possono sempre servire. Ma chi finanzierà la corsa alla Casa Bianca di Hillary, a parte Rupert Murdoch, che le ha già fornito generosi aiuti economici? Probabilmente le grandi lobbies e i gruppi finanziari ebraici, ad iniziare dalla ING Holland, appartenente ad un tal Louis Sussman, da sempre nell’orbita dei Democratici USA.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy