di Carlo Benedetti

MOSCA. Il Baltico sempre più a destra. Anzi: sempre più filonazista. In Lettonia erano stati i reduci delle "Ss" a marciare per le strade di Riga con l'appoggio del nuovo governo. Ora è la volta dell'Estonia che annuncia la costruzione di alcuni monumenti in onore delle "Ss" e anticipa l'idea di organizzare un raduno internazionale di tutti gli ex delle "Ss". E non c'è solo questo. Perché anche l'Estonia segue la stessa strada: il governo di Tallin - cogliendo l'occasione di questo processo generale di revisione storica e di riabilitazione dei maggiori criminali di guerra - concede le più alte onorificenze statali a coloro che, durante la seconda guerra mondiale, si unirono nella "Ventesima divisione delle SS" per lottare, a fianco dei nazisti, contro l'Armata Sovietica. E mentre si sviluppa questa ondata di fascismo si arriva anche a decretare come "giornata di lutto nazionale" la ricorrenza della liberazione del Baltico.

di mazzetta

Parlando di guerre che non interessano a nessuno nel nostro paese, sembra avviarsi verso una relativa stabilizzazione la situazione in Ciad.
All'inizio della primavera il presidente Idriss Deby era stato sfiduciato da esponenti della sua stessa etnia (dominante nel paese) e quasi la metà dell'esercito aveva disertato, in aperta polemica con l'organizzazione delle imminenti elezioni, organizzate chiaramente per permettere la riconferma del vecchio dittatore. I ribelli sembravano destinati ad avere la meglio e, dopo essersi organizzati per alcuni mesi nella parte orientale del paese, sconfinando anche nella regione del Darfur, nel vicino Sudan, avevano dato l'assalto alla capitale. Deby aveva denunciato di essere vittima di un complotto sudanese e interrotto le relazioni diplomatiche con il vicino, allineandosi alla politica della destra americana, ma sul piano militare era molto debole. Ad aiutarlo hanno provveduto militari francesi su precise indicazioni di Parigi, che hanno fermato le colonne dei ribelli che convergevano sulla capitale. Per Parigi, Deby è un capo di stato "democraticamente eletto"; poco importa che in Ciad nessuna delle prove elettorali sotto Deby sia mai stata considerata meno di una farsa dalle organizzazioni internazionali.

di Carlo Benedetti

Ravil Gajnutdin MOSCA. E' considerato una "mina vagante" nel complesso e variegato mondo dell'Islam della Russia. Battitore libero, autorevole e rispettato. Si caratterizza per uno stile severo. Asciutto e scevro da incursioni nel passato. Guarda al futuro e le sue prediche sono sempre in bilico tra la ricostruzione oggettiva dei fatti e l'analisi dei moventi più profondi dell'intera storia del Paese. Putin lo guarda con diffidenza, ma cerca di non contrastarlo. Anche quando le posizioni che esprime ad alta voce sono in netta opposizione alla gestione politico-diplomatica del Cremlino. E l'ultima e più eclatante manifestazione di totale indipendenza si è registrata alla vigilia dell'inizio della guerra americana contro l'Iraq. Allora, senza tanti giri di parole, fece appello alla "guerra santa" contro gli americani, mettendo in imbarazzo le autorità di Mosca che non avevano ancora dimenticato la santificazione religiosa del conflitto ceceno in chiave, ovviamente, anti-islamica.

di Bianca Cerri

Appoggiate sul ripiano dei mobili ci sono ancora le foto che ritraggono Linda Milford e il marito Fred in varie fasi del loro felice matrimonio. Durato fino a quel dannato giorno che lui tornò a casa sorretto da uno degli addetti alla discarica industriale di cui era super-visore. Al General Hospital di Akron scoprirono che Milford aveva un tumore con evidenti segni di metastasi che in pochi mesi l'avrebbe trasformato da uomo forte e vigoroso a essere emaciato e senza forze. Un destino identico a quello che attendeva altri 15 operai della stessa discarica. Ma la storia dei lavoratori dell'Impianto 36, poi ribattezzato ironicamente 666, era iniziata molti anni prima, quando l'area era occupata da uno stabilimento della Goodyear che seppelliva nel terreno i residuati chimici. Nel 1978 la multinazionale decise di trasferirsi altrove e le autorità locali acquistarono lo spazio rimasto libero al prezzo simbolico di un dollaro per trasformarlo in discarica industriale.

di Fabrizio Casari

Un accordo, proprio in quanto tale, é sempre un compromesso tra le parti. Compromesso onorevole, ma pur sempre un compromesso. Che tiene conto delle ragioni e delle esigenze di tutti i firmatari, ma che solo nella breve e media prospettiva si rivela nella sua lungimiranza politica. Sotto questo aspetto succede, a volte, che chi incassa di più non è attore diretto, ma indiretto, del conflitto per la cessazione del quale il compromesso è stato raggiunto. Ma ogni accordo è, in primo luogo, la fotografia politica e militare dello stato del conflitto che intende far cessare. Quello raggiunto all'Onu, votato all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza, è per l'appunto la certificazione nero su bianco, con mille morti di ritardo ed un paese distrutto, di una situazione de facto che vede la sconfitta d'Israele e l'idiozia politica degli Stati Uniti da un lato, la vittoria di Hezbollah e del radicalismo arabo e dell'Iran dall'altro. La sostanziale uscita di scena della Lega Araba, prigioniera delle sue contraddizioni, è una ulteriore sconfitta delle posizioni moderate e rappresenta invece la conferma delle convinzioni delle forze radicali del mondo arabo che considerano ormai l'organismo come vuoto a perdere.


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