Le televisioni e i giornali americani hanno aperto mercoledì con la notizia di una mega denuncia per frode intentata contro Donald Trump dalla procura generale dello stato di New York. La causa riguarda il cuore stesso del business dell’ex presidente repubblicano, il mercato immobiliare, visto che documenta una rete vastissima di operazioni attuate sistematicamente per truffare il fisco e per ottenere prestiti a condizioni favorevoli. I guai legali per Trump si stanno rapidamente moltiplicando e sono in molti a pensare che, al di là del merito delle accuse, i procedimenti abbiano risvolti politici collegati alle elezioni di “metà mandato” nel mese di novembre e alla possibile ricandidatura dello stesso ex presidente alla Casa Bianca nel 2024.

Il discorso di Putin di mercoledì mattina alla Russia ha segnato molto probabilmente quel punto di svolta nella crisi ucraina che si attendeva dopo il drammatico aumento degli aiuti militari occidentali al regime di Kiev, con conseguente impennata delle vittime civili nel Donbass, e la “controffensiva” delle forze ucraine nella regione di Kharkov. La serie di iniziative annunciate dal Cremlino possono essere lette e spiegate in vari modi, ma prospettano quasi certamente una pericolosa escalation della “guerra per procura” già in atto con i paesi della NATO.

Se tre indizi fanno una prova, il quarto dovrebbe quasi garantire l’esistenza di un determinato evento o intenzione. Così dovrebbe valere anche per il presidente americano Biden, il quale nel fine settimana ha appunto per la quarta volta espresso nel corso del suo mandato l’intenzione esplicita di intervenire militarmente a sostegno di Taiwan se l’isola dovesse essere oggetto di un’aggressione militare cinese. Questa “dottrina” ostentata dall’inquilino della Casa Bianca è altamente controversa, perché non solo smentisce la posizione ufficiale degli Stati Uniti sulla cosiddetta politica di “una sola Cina”, ma così facendo minaccia di mandare in archivio anche quella “ambiguità strategica” che per quattro decenni ha garantito stabilità nello stretto di Taiwan, col rischio di far precipitare lo scontro tra Pechino da una parte e Washington e Taipei dall’altra.

Per chi avesse avuto il piacere o, a seconda dei casi, la sventura di imbattersi nello storytelling della scomparsa di Elisabetta II, non avrà potuto fare a meno di notare la peculiarità bi-dimensionale dell’evento. Nello spazio dello skyline tipico di Londra, spicca la solennità anacronistica della Famiglia Reale. Intorno al castello scozzese, immerso nel verde della campagna circostante, sfilano troupe televisive e sferraglianti carrozze guidate da cavalli, in un progressivo costante aumento della folla, ordinata e silenziosa, che si riversa a rendere omaggio alla corona.

I sudditi, come spudoratamente vengono definiti e in maniera ancora più spudorata si autodefiniscono.

Le crisi internazionali, l’impasse del sistema economico occidentale, l’acutizzarsi dei problemi di riassetto internazionale dell’economia a seguito della pandemia e in conseguenza dei diversi conflitti che minacciano la pace nel mondo, sono stati i temi sui quali si è sviluppata la discussione ed il confronto tra i paesi aderenti alla SCO. Nata ufficialmente nel Giugno del 2001, la SCO è l'alleanza regionale guidata da Cina e Russia, di cui fanno parte Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, India e Pakistan, ai quali si aggiunge ora l’Iran. Gli stati osservatori sono Afghanistan, Bielorussia e Mongolia, mentre i partner del dialogo sono Azerbaigian, Armenia, Cambogia, Nepal, Turchia e Sri Lanka. E’ un meccanismo di cooperazione attivo da dieci anni in Asia centrale e la cui rilevanza, specie dal punto di vista geopolitico, è in continua crescita.

Nato per favorire la risoluzione di dispute territoriali tra i sei paesi aderenti - Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan - l’organizzazione è andata progressivamente istituzionalizzandosi, intensificando la cooperazione tra i suoi membri tanto su questioni di sicurezza quanto in ambiti come quello economico, energetico e culturale.

Il piano militare e di sicurezza dell’organizzazione è senz’altro quello più rilevante, all’insegna della comune volontà degli aderenti di contrastare tre fenomeni che sono identificati come le principali minacce alla sicurezza regionale: il terrorismo, l’estremismo e il separatismo, così come recitò il primo documento ufficiale dell’organizzazione, la “Shanghai Convention on Combating Terrorism, Separatism and Extremism”.


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