La gigantesca macchina della propaganda creata da governi e media occidentali in concomitanza con l’esplosione del conflitto in Ucraina sta accelerando sensibilmente il processo di (auto)censura in atto da tempo sulla stampa “mainstream”. L’invasione russa ha trasformato giornali, siti e canali radio-televisivi in veri e propri organi di diffusione della versione ufficiale, imposta dal regime di Kiev e dai suoi sostenitori, dei fatti relativi alla guerra. Ogni minimo scostamento da questa linea è perciò oggetto di una feroce azione repressiva che riconduce qualsiasi frammento di verità a una presunta campagna di disinformazione orchestrata dal Cremlino. Questo è in sostanza il contesto della vicenda che riguarda il giornalista di Radio New Zealand (RNZ), Michael Hall, la cui unica colpa è stata di offrire al pubblico del suo paese un’informazione più equilibrata e oggettiva degli eventi ucraini.

Nel 2011, di nuovo in concomitanza con un nuovo strategic concept della NATO, che apre alla guerra ibrida e agli interventi globali - e di nuovo abusando del significato del tema dei diritti umani, alcuni Stati utilizzano il principio della R2P per portare avanti azioni di aggressione unilaterale, e non solo militari in senso stretto, le cui conseguenze ancora destabilizzano il nostro presente. Lo hanno fatto sempre in nome della Human Security, masticata e assorbita però, da un’alleanza militare di difesa collettiva che serve gli interessi di una parte e non del tutto. Anche a causa di questo, la locuzione HS non rappresentava quell’idea di sicurezza cooperativa, del raggiungimento di una pace rispettosa e duratura ottenuta attraverso lo sviluppo, ma l’ennesimo tentativo di riprodurre pratiche di dominio di pochi che pretendono di mascherarle da norme universali.

Il dato più importante emerso dall’appena conclusosi Foro di San Pietroburgo, è che l’annunciata crisi economica e finanziaria russa, pronosticata dall’Occidente tramite i suoi organismi finanziari e le sue agenzie di rating, si è rivelata una speranza e non una previsione economicamente fondata. Lo stesso nei confronti della Cina, per la quale si prevedeva una forte contrazione dell’economia mentre Pechino vanta un PIL con il segno positivo del 4,5%. Si rinnova la confusione concettuale dell’Occidente Collettivo, che scambia l’isolamento da sé con l’isolamento tout-court.

Il concetto di Human Security ha permeato di se gran parte del dibattito internazionale su pace e sicurezza globale nel periodo immediatamente successivo alla Guerra Fredda, grazie anche al ruolo svolto dalle Nazioni Unite e dall’elaborazione generata dal dibattito sul diritto allo sviluppo, in cui i Paesi in Via di Sviluppo (PVS) hanno svolto un ruolo centrale, veri e propri incubatori dell’ idea innovativa del legame concausale tra pace e sviluppo.

A partire dalla Conferenza di Bandung, i PVS hanno imposto una virata culturale rivoluzionaria al concetto di sviluppo, che attraverso la loro elaborazione si emancipa dalla sua dimensione meramente economica, legata al prodotto interno lordo di un Paese o di reddito pro-capite degli individui tipica della dottrina degli “aiuti allo sviluppo” egemone fino agli anni 70 - ed inizia ad esprimere pienamente il suo senso di contenitore e connettore di più diritti.

Il bombardamento subito dalla centrale idroelettrica di Kajovka subisce lo stesso destino del gasdotto North Stream 2, dell’assassinio di Daria Dugina e di altri attentati terroristici dell’esercito ucraino. Ovvero, il tentativo di addossare la responsabilità ai russi e soltanto a loro.

Per gli attentati passati, a mesi di distanza si è scoperto che la versione russa era quella vera: Mosca non aveva nulla a che fare con gli attentati terroristici, concepiti a Kiev ed eseguiti da reparti nazisti dell’esercito ucraino con l’aiuto di commandos di paesi NATO.

Nei mesi scorsi si è tentato di addossare alla Russia ogni attentato, inventando una serie teorie astruse che avrebbero visto Mosca distruggere i suoi impianti, sparare sulle centrali nucleari da lei conquistate, uccidere i propri sostenitori intellettuali e, adesso, distruggere una diga le cui funzioni sono molto più importanti per la campagna militare russa che non per l’Ucraina.


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