Con l’avvicinarsi della data ancora sconosciuta della controffensiva ucraina, le analisi in Occidente del possibile esito dell’attesa operazione che Zelensky dovrebbe ordinare stanno diventando sempre più pessimistiche. Più precisamente, tra la propaganda e le ricostruzioni di fantasia circa l’andamento della guerra, cominciano a circolare in maniera relativamente diffusa valutazioni più realistiche delle possibilità delle forze armate di Kiev. Per una serie di fattori, determinati dalla situazione venutasi a creare sul campo dopo oltre tredici mesi di guerra, le prospettive ucraine non sono esattamente incoraggianti e l’eventuale azione che potrebbe essere lanciata a breve rischia di risolversi in un nuovo e inutile bagno di sangue.

Gli stravolgimenti degli equilibri strategici in Medio Oriente procedono a passo spedito nonostante l’opposizione degli Stati Uniti a dinamiche che minacciano la loro posizione dominante nella regione. I nuovi scenari trovano il proprio motore soprattutto nelle iniziative dell’Arabia Saudita, legate in buona parte al rafforzamento delle posizioni di Cina e Russia in Asia occidentale, e incidono in primo luogo sui rapporti con l’Iran e sulla situazione siriana. Gli sviluppi più recenti in questa direzione sono stati la conferenza di Amman proprio sulla Siria e la notizia del possibile dialogo in corso tra i sauditi e Hezbollah in Libano.

La scena mediatica degli Stati Uniti è stata sconvolta questa settimana dal licenziamento improvviso di uno dei più popolari giornalisti televisivi americani, il conduttore di Fox News Tucker Carlson. Populista, demagogo, xenofobo, trumpiano sono alcuni degli attribuiti non esattamente lusinghieri che vengono di solito accostati alla figura di Carlson, a lungo l’opinionista conservatore di maggiore rilievo del network di (estrema) destra della famiglia Murdoch. Più recentemente, Carlson aveva però anche dato ampio spazio a giornalisti e commentatori indipendenti, inclusi quelli collocabili politicamente a sinistra, introducendo nel dibattito ufficiale dominato dalla stampa “corporate” una prospettiva più critica del comportamento del governo americano e degli affari internazionali in genere.

Le visite a Managua del ministro degli Esteri Russo e del presidente dell'Agenzia cinese per la cooperazione internazionale allo sviluppo, Luo Zhaohuii, hanno riproposto con forza il Nicaragua al centro dello scacchiere politico e strategico della regione centroamericana e ne hanno proiettato il ruolo politico sullo scacchiere internazionale più ampio.

L’attesa controffensiva delle forze armate ucraine continua a rimanere avvolta nel mistero e molti indizi che trapelano sulla stampa ufficiale sembrano prospettare sia una débacle da parte del regime di Kiev sia il venir meno dell’appoggio occidentale nel prossimo futuro. La pubblicazione quasi certamente coordinata nei giorni scorsi di due articoli, rispettivamente sul New York Times e sulla testata on-line Politico, lascia intendere che a Washington ci si stia in qualche modo preparando all’inevitabile sconfitta ucraina. Come questo scenario sarà presentato alla comunità internazionale e in che modo verrà gestita la prossima fase del conflitto Russia-NATO resta però ancora tutto da verificare.


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