Nel 2011, di nuovo in concomitanza con un nuovo strategic concept della NATO, che apre alla guerra ibrida e agli interventi globali - e di nuovo abusando del significato del tema dei diritti umani, alcuni Stati utilizzano il principio della R2P per portare avanti azioni di aggressione unilaterale, e non solo militari in senso stretto, le cui conseguenze ancora destabilizzano il nostro presente. Lo hanno fatto sempre in nome della Human Security, masticata e assorbita però, da un’alleanza militare di difesa collettiva che serve gli interessi di una parte e non del tutto. Anche a causa di questo, la locuzione HS non rappresentava quell’idea di sicurezza cooperativa, del raggiungimento di una pace rispettosa e duratura ottenuta attraverso lo sviluppo, ma l’ennesimo tentativo di riprodurre pratiche di dominio di pochi che pretendono di mascherarle da norme universali.

 

Come reazione al discredito causato dalla messa in pratica operativa del concetto, prende forma in sede ONU il concetto di approccio incentrato sulle persone. Nel tentativo di ristabilire anche concettualmente la primazia del concetto di inviolabilità della sovranità statale e fare chiarezza nel ruolo degli Stati nel mantenimento della pace e della sicurezza nella cornice delle Nazioni Unite, nel 2012 l’Assemblea generale, con risoluzione 66/290, ha espressamente definito la Human security come “un approccio che aiuti gli Stati membri ad identificare e contrastare quelle minacce diffuse e trasversali che impattano sulla sopravvivenza, qualità della vita e  dignità del proprio popolo”. Lo Stato viene così espressamente richiamato e chiaramente identificato come soggetto medium del rapporto tra ONU e popolazione, anche - e di nuovo - nella prospettiva della sicurezza. La sicurezza incentrata sulle persone, perciò, non è un concetto nuovo e diverso rispetto a quello originale della Human security, bensì piuttosto una ridefinizione più accurata, che cerca di eliminare le criticità affrontate in passato dall’interpretazione operativa del concetto effettuata da parte di alcuni attori.

Con la pubblicazione dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, nel 2015, le NU hanno ribadito chiaramente il nesso tra sicurezza e sviluppo, stabilendo che "lo sviluppo sostenibile non può essere realizzato senza pace e sicurezza; e la pace e la sicurezza saranno a rischio senza uno sviluppo sostenibile". Così enfatizzando nuovamente la necessità di un approccio inclusivo e  cooperativo alla sicurezza, che passi attraverso il confronto e non la competizione, il rispetto ed il riconoscimento reciproco inceve che la ricerca del dominio.

E’ una elaborazione che mette al centro il ruolo dell’ONU e l’ordine legale internazionale che ne deriva, come  luogo istituzionalmente deputato  - per preciso scopo statutario - al mantenimento della pace. Una visione che non rifugge la complessità delle sfide del presente, che sono trasversali e diffuse e possono essere affrontate solo attraverso un impegno comune, ma solo se lo si fa nell’interesse di tutti, non solo di alcuni.

La sicurezza di uno non può essere pretesa a discapito della sicurezza di altri, così come lo sviluppo di uno non può essere raggiunto a discapito di altri. "La sicurezza umana è il diritto delle persone a vivere in libertà e dignità, libere dalla povertà e dalla disperazione. Quando le persone temono per la propria vita, le loro comunità, società e Paesi sono sempre più a rischio. Quando le persone sono sicure, lo sono anche i loro Paesi e il mondo intero”.Sicurezza umana, sicurezza nazionale e sicurezza globale sono indivisibili".

Anche la NATO ha continuato con la propria elaborazione. Partendo dagli stessi presupposti, e usando - o abusando - le stesse parole, arriva però a conclusioni operative del tutto opposte. La pubblicazione del concetto strategico del 2022 rappresenta un punto di svolta nella postura globale dell’Alleanza. Stabilisce la multidimensionalità del dominio strategico allargando a dismisura la sua competenza operativa e con la guerra ibrida trasforma ogni cosa in una potenziale minaccia: lo spazio extraatmosferico, la moneta e la finanza, lo spazio web, l’informazione: tutto viene militarizzato. Nonostante le decisioni dell’Alleanza non siano formalmente vincolanti, si richiamano con vigore gli alleati al rispetto delle decisioni assunte anche quando ciò significhi andare contro i propri interessi e quelli della propria popolazione.

In questa cornice la Human Security riceve un’attenzione specifica ed una definizione formale: lo Statuto dell’Alleanza non è cambiato, per cui il suo scopo statutario rimane quello di tutelare lo stile di vita chiamato libertà dei pochi membri dell’Alleanza. La NATO esplicitamente afferma di fare propri i principi espressi in ambito ONU sul concetto di HS, e in tale prospettiva identifica 5 aree, molto diverse dalle 7 individuate dall’ONU al riguardo ed elencate prima: protezione dei civili; prevenzione e risposta alla violenza sessuale legata ai conflitti; lotta al traffico di esseri umani; bambini e conflitti armati; protezione dei beni culturali. In questa manipolazione del concetto sparisce ogni riferimento al nesso tra sicurezza e sviluppo che caratterizza l’elaborazione ONU, di fatto svuotandolo di significato e annichilendo tutta la sua portata innovativa.

Per la NATO e il suo strategic concept  la sicurezza si costruisce non attraverso la cooperazione, ma bensì attraverso l’annientamento di qualsiasi potenziale minaccia che possa arrivare dall’esterno del suo club ristretto, all’interno del quale promette pace. Il diritto alla sicurezza è previsto solo in capo ad alcuni, tutti gli altri sembrano essere visti solo come pericoli da neutralizzare. Chiunque non sia accecato dall’ideologia può comprendere quanto questo approccio sia non solo irrealizzabile, ma anche pericoloso ed assolutamente controproducente rispetto all’obiettivo.

La connessione tra pace e sviluppo è invece chiaramente espressa nel concept paper sulla Global Secuirty Iniziative presentata come carta concettuale dalla Repubblica Popolare Cinese a febbraio 2023.

In linea con quanto elaborato in sede ONU, si impegna ad aggredire le vere e profonde radici dei conflitti internazionali, e cioè la disuguaglianza economica, pertanto una pace duratura può essere costruita solo a partire dalla lotta alle disuguaglianze. Un approccio molto diverso da quello assunto dalle potenze occidentali attraverso la NATO, nonché in linea con l’approccio incentrato sulle persone come elaborato in sede ONU: fa infatti espresso riferimento al principio di sovranità e non interferenza e richiama espressamente la centralità del ruolo delle Nazioni Unite, oltre al rispetto dell’ordine internazionale, sostenuto dal diritto internazionale, del principio di uguaglianza, nonché del principio di conciliazione attraverso il dialogo e soprattutto la priorità della cooperazione rispettosa e pacifica di tutti gli attori.

La crisi dell’ordine internazionale che viviamo non può essere risolta dalle armi, né dalle ingerenze politiche guidate da una ideologia destinata alla sconfitta della Storia. Richiede un lungo processo di sviluppo sostenibile. Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che non solo genera crescita economica, ma distribuisce i suoi benefici in modo equo; che rigenera l'ambiente anziché distruggerlo; che dà potere alle persone anziché emarginarle... L'agenda della pace e l'agenda dello sviluppo devono essere finalmente integrate. Senza pace, non ci può essere sviluppo. Ma senza sviluppo, la pace è minacciata.

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