di Fabrizio Casari

Sono le sei del mattino a Tegucigalpa, quando duecento soldati golpisti circondano la casa del Presidente della Repubblica in carica, Manuel Zelaya. I golpisti entrano sparando, afferrano il presidente, lo colpiscono ripetutamente e lo trascinano a bordo di un camion militare. Lo portano in una base dell’aereonautica militare alla periferia della città e quindi a bordo di un aereo di Stato che decolla; destinazione San José de Costa Rica. Chiusa con la forza anche l’emittente vicina al governo, Canale 8. Sequestrati gli ambasciatori di Cuba, Venezuela e Nicaragua e la Ministra degli esteri honduregna Patricia Rodas. Dal Costa Rica Zelaya ha rilasciato un’intervista a Tele Sur dove si é detto “vittima di un sequestro, un colpo di Stato, un complotto di un settore dell’esercito”. Ha poi chiesto a Obama “di chiarire se ci sono gli Usa dietro il golpe. Se gli Usa negano l’appoggio ai golpisti, questo insulto al nostro popolo e alla democrazia può essere evitato”. Concetti ripetuti poche ore dopo in una conferenza stampa da San Josè. Da parte sua, Obama si è detto “profondamente preoccupato per l’arresto del Presidente” ed ha chiesto “a tutte le parti di rispettare le norme democratiche”. Parole blande e rituali. Non certo una condanna, almeno nei termini che sarebbe stato lecito attendersi.

di Giuseppe Zaccagni

Grande rispetto per quello che ha fatto il popolo coreano in lotta contro l’imperialismo. E grande attenzione e sostegno a quella costruzione nazionale portata avanti da Kim Il Sung negli anni ruggenti della guerra contro gli invasori imperialisti giapponesi fino alla vittoria e alla liberazione del Paese il 15 agosto 1945. Da allora, attraverso alterne vicende – spesso caratterizzate dalla violenza del potere americano – la Corea del Nord è riuscita ad andare avanti sostenuta solo dalla Cina e dall’Urss. Ma nel frattempo Kim Il Sung ha cominciato a perdere colpi. E così è iniziata una sorta di storia monarchica. Con il Kim che si è autodefinito “Grande leader del popolo coreano” e facendo sommergere il suo paese di opere da lui scritte e via dicendo. La Corea del Nord, in pratica, si è collocata sulla soglia del ridicolo nonostante la sua grande tradizione rivoluzionaria. Poi la deriva monarchica ha preso il sopravvento.

di Carlo Benedetti

Cento in tutta Italia. Sono gli scampoli degli oligarchi dell’Est che si son fatti commessi viaggiatori del riciclaggio. Ora puntano all’insediamento. Entrano in contatto con agenzie immobiliari e con singoli speculatori e si diffondono a macchia di leopardo. Portano “contanti” e pagano senza fatture. Al ministero degli Interni li hanno già mappati e ne conoscono nomi, cognomi, indirizzi e luoghi di provenienza. Indicazioni in merito sono state “diramate” alle questure provinciali. Ma, per ora, nessuno parla di tutto questo. E così si hanno solo generiche accuse rivolte a “mafiosi” che arrivano dal cuore orientale dell’Europa. E tutti noi – purtroppo – continuiamo a demonizzare solo gli extracomunitari che “fanno casino e stuprano”. Ma ci sono anche extracomunitari che vengono dal freddo e che si presentano col volto “pulito” vantando origini borghesi. E, soprattutto, mostrando collezioni di carte di credito. C’è - sotto sotto - una penetrazione di capitali sporchi che partono da lontano e vengono ripuliti in casa nostra.

di Michele Paris

Agli occhi della destra americana ed europea, la Colombia continua ad apparire come un esempio di democrazia in un continente – quello sudamericano – sempre più spostato a sinistra. La realtà dei fatti suggerisce tuttavia un’immagine ben diversa del paese guidato dal discusso presidente Alvaro Uribe. Oltre a far segnare, ad esempio, il numero più alto di omicidi nel mondo ai danni di sindacalisti, da qualche mese a questa parte si è avuta anche la conferma ufficiale di una trama “sistematica” di esecuzioni extragiudiziali condotte da militari e gruppi paramilitari contro cittadini comuni. A metterla in evidenza è stato un recente rapporto dell’inviato delle Nazioni Unite, Philip Alston, il quale, pur non potendo confermare l’esistenza di un piano messo in atto dal governo nell’uccisione di civili ingiustamente identificati come guerriglieri, ha ugualmente definito insostenibile l’ipotesi di un fenomeno limitato a qualche mela marcia all’interno di un sistema sostanzialmente irreprensibile.

di Piero Morandini

La Repubblica Democratica del Congo, l’ex Zaire del dittatore Mobutu e, ancor prima, l’ex Congo belga di re Leopoldo II, è attualmente uno dei paesi meno sviluppati dell’Africa e quindi del mondo. Il territorio è pero ricco d’acqua e di minerali preziosi: oro, diamanti, rame, stagno, coltan, bauxite, ferro, manganese, carbone, petrolio, coblato. Perché gli abitanti di uno dei paesi potenzialmente più ricchi del pianeta vivono in un tale sottosviluppo cronico? Quali fattori naturali, storici, politici, economici hanno provocato questa situazione? La RDC è un territorio enorme, attraversato da innumerevoli corsi d’acqua (il più importante è il fiume Congo e i suoi affluenti), coperto per gran parte da una fittissima foresta pluviale, praticamente senza accesso al mare ma con cinque grandi laghi. La conformazione geografica del paese ha influito sulla sua storia passata e recente. Ragioni naturali hanno condizionato dal principio, dalla nascita dell’agricoltura con la conseguente sedentarizzazione dell’essere umano 13.000 anni orsono, il destino dei nativi.


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