di Agnese Licata

Che gli americani fossero un popolo di utilitaristi, non è mai stato un mistero per nessuno. Considerare inferiore - se non superfluo - tutto ciò che non ha un ritorno immediato è un ragionamento che oltreoceano viene applicato non solo alla politica e all’economia (dove l’obiettivo della rielezione oscura qualsiasi progetto di lungo periodo, in Usa come nel resto del mondo), ma anche al mondo della cultura che, per definizione, dovrebbe essere quanto di più lontano dall’utilità pratica. Leggere un romanzo, assistere a uno spettacolo teatrale, perdersi tra i colori e le forme di un quadro o tra le note di una canzone può divertire, emozionare, far riflettere sul momento storico testimoniato da quell’opera, può, insomma, arricchire la nostra mente, ma certo non il portafoglio. La cultura rappresenta una ricchezza particolarmente preziosa: ogni pezzetto che la compone ci restituisce qualcosa, in un suo modo tutto particolare e unico. Da qui, la necessità di preservarla dal tempo che passa, deteriora e modifica gusti, interessi.

di Cinzia Frassi

L’esecuzione giocata d’anticipo di Saddam Hussein ha pesato senza dubbio come la pedina di prima fila del domino, causando una serie di cadute prevedibili ed imprevedibili. E’ il tema da cavalcare per dire tutto e pure il suo contrario, valicando il limiti della coerenza e del buon senso. Se non molti si erano interrogati circa la legittimità del tribunale che lo ha condannato, parecchi hanno gridato alla pratica medievale e cruenta della pena inflitta al rais dichiarando, anche digiuni, la loro irremovibilità circa la barbarie della pena di morte. Saranno stati gli effetti del clima natalizio, ma Romano Prodi non ha esitato a farsi promotore della moratoria universale della pena di morte al Palazzo di Vetro. Sarà, ma il fatto è che in silenzio si consumano esecuzioni alla pena capitale ogni giorno ad est e ad ovest della linea della civiltà.La corda che ha impiccato Saddam Hussein ha portato l’Unione Europea intera a farsi paladina dei diritti umani. E’ decisamente inaccettabile che si parli di difesa dei diritti umani solo oggi, dopo la spettacolarizzazione dell’esecuzione. Nessuna indignazione per altre esecuzioni? Nessun moto di reazione per i diritti umani che sistematicamente vengono violati, magari da chi è sanzionato, ad esempio, per voler essere come tante una potenza nucleare?

di Carlo Benedetti

MOSCA. Ieri, primo gennaio, Harold Adrian Russel Philby avrebbe compiuto i 95 anni. Era nato nel 1912 ed è morto a Mosca nel 1988. Diplomatico e giornalista era stato uno dei maggiori agenti dell’Intelligence (SIS) di Londra e, contemporaneamente, una spia dei sovietici. Una storia, la sua, densa di avventure e di missioni al limite dell’incredibile sino a quel gennaio 1963, quando “scomparve” per riapparire a Mosca in qualità di colonnello del Kgb. Oggi la stampa russa lo ricorda con brevi, ma significative note biografiche. E lo ricordano i suoi vicini di casa, in quel vicolo Triochprudny che si trova nel cuore della vecchia Mosca, nei pressi del laghetto Patriarscij descritto da Bulgakov nelle prime pagine del Maestro e Margherita. E appunto Philby - ormai russificato - amava passeggiare in questa zona per poi mettersi a sedere nella panchina immortalata dal Voland bulgakoviano. Un Philby in pantofole, ma pur sempre carico di storie ed intrighi degli anni della guerra fredda.

di Bianca Cerri

Solo la morte poteva fermare la dirompente fisicità di James Brown, che se n’è andato il giorno di Natale per i postumi di una polmonite. Il suo genio puro e il suo orgoglio nero ci mancheranno. Qualcuno ha detto che non era un’icona come Elvis Presley o Ray Charles ma la sua fine è stata una gran brutta notizia. Il regista Spike Lee ha già annunciato che farà un film sulla vita di James Brown e, del resto, lo stesso leggendario padrino del soul aveva detto che gli sarebbe piaciuto dimostrare in un film che anche un perdente come lui poteva farcela nella vita. Qualcuno magari dirà che il termine “perdente” non si addice molto ad un interprete esplosivo del suo calibro ma è proprio così che lui stesso si definiva. Il suo funerale verrà celebrato oggi ed i suoi resti, dopo la veglia di giovedì nel Teatro Apollo ad Harlem, verranno portati per una nuova veglia nella sala dei concerti che porta il suo nome ad Augusta, in Georgia, la città dove nacque.

di Alessandro Iacuelli

La rete Internet italiana ha iniziato a rallentare progressivamente ai primi di dicembre. Ogni giorno è più lenta. A partire dal 10 dicembre è divenuto generalmente più lento sia l'accesso ai siti sia la trasmissione della posta elettronica. Iniziano i reclami degli utenti presso i maggiori provider nazionali, alcuni dei quali non riescono a fornire spiegazioni. Una spiegazione l'ha data Telecom Italia, la quale sostiene che basta cambiare i “Dns” impostati sul computer per tornare a navigare veloce. Ipotesi, questa, che sinceramente fa sorridere chi tecnicamente conosce il funzionamento della rete delle reti. I “Dns”, acronimo di Domain Name Servers, altro non sono che dei grandi elenchi, che ai nomi dei siti associano i reali indirizzi internet (numerici) delle macchine che li ospitano: gli indirizzi IP. Se fosse vera la spiegazione di Telecom, allora basterebbe navigare usando gli indirizzi IP e non i nomi dei siti, per risolvere il problema.


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