di Roberta Folatti

E se il potere logorasse anche Andreotti?

Mi sono piaciuti i dettagli più che il film nella sua complessità. Quegli spiragli d'umanità nella freddezza raggelante del personaggio, quei lampi di diabolico cinismo che lo inchiodano in eterno alle sue responsabilità. E poi i particolari a metà tra il grottesco e il tenero. Come quando incrocia lo sguardo del gatto bianco immacolato e batte stiticamente le mani per farlo scappare via. O quando confessa all'amico/nemico Francesco Cossiga il suo amore adolescenziale per la sorella di Vittorio Gasmann, sua compagna di scuola.
Per la prima volta nella sua lunga vita Giulio Andreotti si ritrova protagonista di un film e il trattamento che gli riserva il regista Paolo Sorrentino non è esattamente di favore. Non a caso sembra che la sua patina di impermeabile ironia si sia un poco alterata dopo aver assistito alla pellicola...

di Roberta Folatti

La violenza dei “buoni”

Non essendoci grandi film in giro, “Gomorra” a parte, ho scelto un piccolo film messicano, già in sala da un po’, una pellicola che non può lasciare indifferenti. In tempi di ronde e intolleranza, La zona è un accorato grido d’allarme e dimostra che il problema della convivenza fra ricchi e poveri, fra residenti e gente venuta da fuori è comune a tutto il mondo. Il film di Rodrigo Plà si sviluppa come un thriller, accumulando motivi di tensione sino alle drammatiche sequenze finali.

di Roberta Folatti

Sulle strade sofferenti del Libano

Sotto le bombe tutti sono uguali, tutti sono inermi.
Si annulla la distinzione tra buoni e cattivi ed è soprattutto la popolazione civile a pagare prezzi altissimi. In qualunque guerra, a qualunque latitudine.
Ma ci sono zone del mondo in cui i bambini di dodici anni hanno già assistito a tre guerre e sanno bene cos'è un bombardamento. Sanno che rovine lascia, fuori - tra le abitazioni, nei villaggi e nelle città - e dentro la testa delle persone.
Philippe Aractingi ha girato il film Sotto le bombe quasi in contemporanea con l'ultimo attacco israeliano in Libano, quando, nell'estate del 2006, fu dichiarata una flebile tregua. Il film è costruito in modo da incastonare fiction e immagini reali, gli attori si muovono circondati da comparse che recitano se stesse, che hanno vissuto davvero i drammi e le angosce di cui si parla. Si respira forte quest'autenticità e luoghi e volti ripresi dal regista trasmettono una muta protesta.

di Roberta Folatti

Se l’amore diventa controllo e sopraffazione

Racconti da Stoccolma, o più propriamente “Quando cala la notte” – perchè è nel chiuso delle case, lontano dagli sguardi estranei che succedono fatti inaspettati e inquietanti – è un film, forte, coinvolgente, che scuote e fa riflettere. La paura, l’insicurezza, il dubbio hanno in quest’epoca un volto familiare. Più che serial killer efferati o clandestini assetati delle nostre ricchezze, la violenza sembra provenire dalle persone che ci sono più vicine, di cui ci fidiamo. Mariti, genitori, figli. Questa è la tesi da cui parte il regista Anders Nilsson, conosciuto in Svezia soprattutto per alcuni thriller di grande successo. E la componente della tensione la ritroviamo anche nella sua ultima pellicola, in alcune scene decisamente palpabile.

di Roberta Folatti

Un ponte di musica

Un regista israeliano Eran Kolirin cresciuto nell’incondizionata ammirazione per il cinema egiziano dei tempi d’oro, quello degli struggenti melodrammi con Omar Sharif e Fatem Hamama. Un piccolo film, premiato a Cannes come miglior opera prima, che, senza clamori, entra nei cuori del pubblico di tutta Europa. Questo è successo a La banda, esordio nel lungometraggio di Kolirin, ma la cosa più rilevante è il tema su cui è incentrata la pellicola. Un incontro molto particolare, che mette in contatto persone da tempo disabituate a comunicare. Perchè fra loro sono sorti muri di incomprensione e di odio, incancreniti da decenni di guerre, vendette, sotto gli occhi indifferenti di chi avrebbe dovuto trovare delle soluzioni.


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