di Roberta Folatti

Sulle strade sofferenti del Libano

Sotto le bombe tutti sono uguali, tutti sono inermi.
Si annulla la distinzione tra buoni e cattivi ed è soprattutto la popolazione civile a pagare prezzi altissimi. In qualunque guerra, a qualunque latitudine.
Ma ci sono zone del mondo in cui i bambini di dodici anni hanno già assistito a tre guerre e sanno bene cos'è un bombardamento. Sanno che rovine lascia, fuori - tra le abitazioni, nei villaggi e nelle città - e dentro la testa delle persone.
Philippe Aractingi ha girato il film Sotto le bombe quasi in contemporanea con l'ultimo attacco israeliano in Libano, quando, nell'estate del 2006, fu dichiarata una flebile tregua. Il film è costruito in modo da incastonare fiction e immagini reali, gli attori si muovono circondati da comparse che recitano se stesse, che hanno vissuto davvero i drammi e le angosce di cui si parla. Si respira forte quest'autenticità e luoghi e volti ripresi dal regista trasmettono una muta protesta.

di Roberta Folatti

Se l’amore diventa controllo e sopraffazione

Racconti da Stoccolma, o più propriamente “Quando cala la notte” – perchè è nel chiuso delle case, lontano dagli sguardi estranei che succedono fatti inaspettati e inquietanti – è un film, forte, coinvolgente, che scuote e fa riflettere. La paura, l’insicurezza, il dubbio hanno in quest’epoca un volto familiare. Più che serial killer efferati o clandestini assetati delle nostre ricchezze, la violenza sembra provenire dalle persone che ci sono più vicine, di cui ci fidiamo. Mariti, genitori, figli. Questa è la tesi da cui parte il regista Anders Nilsson, conosciuto in Svezia soprattutto per alcuni thriller di grande successo. E la componente della tensione la ritroviamo anche nella sua ultima pellicola, in alcune scene decisamente palpabile.

di Roberta Folatti

Un ponte di musica

Un regista israeliano Eran Kolirin cresciuto nell’incondizionata ammirazione per il cinema egiziano dei tempi d’oro, quello degli struggenti melodrammi con Omar Sharif e Fatem Hamama. Un piccolo film, premiato a Cannes come miglior opera prima, che, senza clamori, entra nei cuori del pubblico di tutta Europa. Questo è successo a La banda, esordio nel lungometraggio di Kolirin, ma la cosa più rilevante è il tema su cui è incentrata la pellicola. Un incontro molto particolare, che mette in contatto persone da tempo disabituate a comunicare. Perchè fra loro sono sorti muri di incomprensione e di odio, incancreniti da decenni di guerre, vendette, sotto gli occhi indifferenti di chi avrebbe dovuto trovare delle soluzioni.

di Roberta Folatti

Galeotta fu la torta al mirtillo

Il titolo italiano del nuovo film di Wong Kar-wai (ma chi sceglie di titoli dei film in Italia? E non sarebbe meglio lasciarli il più possibile “confinanti” con l’originale?) mette completamente fuori strada e – diciamolo – fa un grosso torto all’opera. Questa volta l’autore del mitico “In the mood for love” ambienta la storia di Elisabeth e Jeremie in America, in un bar di New York e sulle strade di quel paese, da Memphis al Nevada. Ma l’occhio con cui riprende i suoi personaggi è quello di sempre e la sua capacità di svelare le emozioni più intime senza bisogno di tante parole, di creare atmosfere dense, nervose, pronte ad amplificare sentimenti compressi, a denudare interiorità rimane la stessa. Come la sua spiccata sensibilità verso le immagini raffinate, esteticamente significative, dotate di una loro autonomia a livello visivo.

di Roberta Folatti

La forza del rock

Premessa indispensabile: non sono mai stata una fan sfegatata dei Rolling Stones. Trovavo affascinanti i componenti della band, più per le loro storie di eccessi e trasgressioni – sempre filtrate da una dose potente di autoironia – che per il loro rock dal suono pieno, quasi “massiccio”. Una vita vissuta a 200 all’ora che ha lasciato sui volti di quegli eccentrici personaggi segni profondi, ma anche uno sguardo fanciullesco, da eterni Peter Pan. Quindi molta simpatia nei loro confronti ma anche un filo di diffidenza verso l’ostinazione a perseguire nella vita da rocker anche dopo i sessanta. Sessanta anni!


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