di Roberta Folatti

La ricerca di sè portata fino alle estreme conseguenze

Il suo ultimo film è inattuale e coraggioso. Credo sia principalmente per il suo coraggio che Sean Penn conquista la simpatia del pubblico - quello italiano, al recente Festival di Roma, gli ha tributato un'accoglienza calorosissima.
Con Into the wild il regista-attore ci trasporta per due ore e mezza negli spazi più remoti, selvaggi, inconsueti degli Stati Uniti. Un'America popolata di hippies, nudisti, agricoltori, gente che cerca un contatto diretto con la natura e che vive lontana dai desideri consumistici del resto del mondo. Persone che si tengono ai margini della Storia, eleggendo a linee guida della propria vita valori "sorpassati" come la libertà e l'amore universale.

di Roberta Folatti

Un cinema fatto di colori e sapori

Dopo “Caramel”, un altro film di un regista arabo, arabo-francese per la precisione, che descrive dall’interno uno spaccato familiare di grande autenticità. Siamo a Marsiglia, nella zona del porto, dove la gente vive di pesca e di lavori legati ai cantieri navali. Ma la precarietà aumenta, e anche chi credeva di avere un posto sicuro finisce per dover sottostare alle nuove regole di flessibilià. In poche parole o accetta di essere sfruttato o se ne deve andare. Slimane è in questa situazione, ha lavorato duramente tutta una vita e a sessant’anni si ritrova a decidere se accettare turni e stipendio decurtato o, come gli consigliano i figli, tornare al paese d’origine a fare il “pensionato”. Un specie di esilio al contrario, che lo obbligherebbe di nuovo a lasciare gli affetti e una terra in cui ha messo radici.

di Roberta Folatti

Un Donne in versione libanese


Il film dell’attrice-regista libanese Nadine Labaki è molto casto rispetto a ciò che siamo abituati a vedere nelle pellicole “occidentali”, non c’è una sola scena di sesso e forse nemmeno un vero bacio, e malgrado (o grazie a) questo è attraversato da una sensualità prorompente. Siamo a Beirut, tutti i personaggi principali lavorano o gravitano attorno a un centro estetico/salone di parrucchiere, ognuna di loro ha un volto e una bellezza particolari ed emana una grande energia vitale.

di Roberta Folatti

La mafia russa nel cuore di Londra

Compatto, dalla trama quasi lineare, un solo personaggio veramente crudele, mellifluo, traditore. La promessa dell’assassino non gioca sulla complessità della storia, ma sulla densità delle atmosfere, sull’emergere dei caratteri, sull’agitarsi interiore di emozioni e desideri contrastanti. Emozioni compresse che esplodono in improvvisi accessi di violenza o che seguono sentieri sotterranei, inquietanti, pericolosi. Tutto in una Londra fotografata benissimo, con luci livide, a tratti argentee, che trasmettono l’idea di una città corrosa dal crimine ma anche foriera di opportunità e di nuovi inizi.

di Roberta Folatti

Donne che si perdono, donne che si ritrovano

Il mare di Tel Aviv fa da testimone a impercettibili cambiamenti, calmo e fluessuoso sembra suggerire la giusta direzione. E’ un film molto visivo Meduse, alcune inquadrature sono veri e propri quadri, fotografie piene di simboli. La regia è di due esordienti Etgar Keret e Shira Geffen, marito e moglie che solitamente gravitano attorno al mondo della letteratura. Lui ha pubblicato dei racconti brevi, malinconici e vagamente surreali, che hanno avuto molto successo in Israele e rispecchiano la struttura di questo film particolare. Lei è l’autrice della sceneggiatura.


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