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di Sara Michelucci
Una favola dal sapore ambientalista, quella che Roger Spottiswoode e Brando Quilici mettono in scena nel film Il mio amico Nanuk. Ancora una volta l’uomo si confronta con la natura circostante e ancora una volta si prova a rendere sulla pellicola il rapporto uomo-animale. Un connubio che fa parte di tanta letteratura, come il famoso Il libro della giungla, e che riporta l’essere umano di fronte a se stesso e alle sue origini. E il regista fa un chiaro cenno al famoso Nanuk l'eschimese, documentario muto del 1922 di Robert J. Flaherty, che voleva descrivere una società alternativa a quella occidentale.
Un’avventura che si svolge nelle terre dell’Artico Canadese. Luke è ragazzo di 13 anni, che vive con sua zia Rita quando la madre è fuori per lavoro e che ha perso suo padre in un incidente. Nanuk, invece, è un cucciolo di orso di 4 mesi. Il giovane Luke sfida la natura per riportare il cucciolo di orso polare, altrimenti destinato a finire in uno zoo, alla madre orso catturata dai rangers della cittadina di Devon, dove il ragazzo vive, e trasportata in elicottero nel grande Nord.
Nella difficile impresa lo aiuterà Muktuk, guida di origini Inuit che conosce bene la regione degli orsi polari. Ma nel rischioso viaggio fino all’estremo nord, una tempesta e il crollo di giganteschi ammassi di ghiaccio separano Muktuk da Luke e il cucciolo. Abbandonati a se stessi, i due devono sopravvivere e si troveranno a confrontarsi con branchi di orsi polari, iceberg giganti, orche e lo scioglimento primaverile della banchisa polare. Il racconto è piuttosto semplice e lineare, alla portata dei più piccoli, ma con numerosi momenti di suspense che lo rendono interessante anche al pubblico più adulto.
È la natura la vera protagonista, con paesaggi e luoghi mozzafiato che fanno vivere allo spettatore uno spettacolo avvincente e ricco dal punto di vista fotografico. Il film è stato interamente girato tra il Canada, nella regione di Manitoba e nella baia di Hudson per le scene di azione con gli attori, e le Isole Svalbard, per cogliere riprese della vita degli orsi nel loro ambiente naturale.
Il mio amico Nanuk (Usa 2014)
REGIA: Roger Spottiswoode, Brando Quilici
SCENEGGIATURA: Bart Gavigan, Hugh Hudson
ATTORI: Dakota Goyo, Goran Visnjic, Bridget Moynahan, Peter MacNeill, Linda Kash, Kendra Timmins, Michelle Thrush, Imajyn Cardinal, Nanuk
FOTOGRAFIA: Peter Wunstorf
MONTAGGIO: Pia Di Ciaula
MUSICHE: Lawrence Shragge
PRODUZIONE: Hyde Park Entertainment, Imagenation Abu Dhabi FZ, Media Max Productions
DISTRIBUZIONE: Medusa Film
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di Sara Michelucci
C’è tutta la speranza per la fine della guerra e il ritorno dalle proprie famiglie nel titolo scelto da Ermanno Olmi per il suo nuovo film, Torneranno i prati. Una primavera, quella attesa e bramata dai soldati italiani che si trovano in una trincea d’alta quota, sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Un rifugio coperto da quattro metri di neve, dove la sopravvivenza è quasi un miracolo. E dove la voglia di farcela si fa sempre più flebile e labile.
Olmi torna a raccontare la guerra, dopo il meraviglioso Il mestiere delle armi. È la prima Guerra mondiale questa volta ad avere la scena, quella vissuta attraverso i racconti di suo padre, che Olmi concentra in una sola notte. Gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili. I soldati sono provati dal freddo e dalla febbre, ma anche dalla paura che la prossima vita ad essere sacrificata sarà la propria. Gli attimi sembrano infiniti, così che la montagna diventa luogo di morte.
Il parallelismo tra la vita di questi uomini e quello delle bestie è messo in luce in maniera inequivocabile. Carne da macello per chi impartisce gli ordini. E l’accusa ai vertici, la stessa che Stanley Kubrick realizzò attraverso Orizzonti di gloria, è decisamente diretta. Un film breve, di appena 80 minuti, ma intenso. E il succo del pensiero di Olmi è affidato alle struggenti parole che il giovane tenente scrive alla madre lontana.
Tutto ciò che si narra in questo film è realmente accaduto. Ed è la memoria a custodire i sentimenti più forti e veri e a rilasciarli attraverso il racconto. Perché “la guerra è una brutta bestia che gira il mondo e non si ferma mai”.
Torneranno i prati (Italia 2014)
REGIA: Ermanno Olmi
SCENEGGIATURA: Ermanno Olmi
ATTORI: Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti, Andrea Di Maria, Camillo Grassi, Niccolò Senni, Domenico Benetti
FOTOGRAFIA: Fabio Olmi
MONTAGGIO: Paolo Cottignola
PRODUZIONE: Ciname Undici e Ipotesi Cinem con Rai Cinema
DISTRIBUZIONE: 01 Distribution
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di Sara Michelucci
Due Robert, rispettivamente Duvall e Downey Jr., sono gli straordinari interpreti del nuovo The Judge, film diretto da David Dobkin. La pellicola, che ha aperto il Toronto International Film Festival, scava nella vita di due persone, padre e figlio, che si troveranno uniti dalla lotta contro un’accusa infamante. L’avvocato di successo Henry Palmer torna nella città d’origine, in Indiana, per assistere al funerale della madre.
Ma è destino che in quella città non debba tornare più. Mentre si accinge a partire, infatti, viene fermato dalla notizia secondo cui il padre, Joseph Palmer, giudice della stessa città, è sospettato dell'omicidio di un uomo. Si tratta della stessa persona che il giudice aveva condannato anni prima e che era da poco uscito di galera.
L’avvocato si troverà così a difendere il padre in un'aula di tribunale contro un altro avvocato, Dwight Dickham, deciso a far finire in galera il giudice. Allo stesso tempo, però, dovrà ricongiungersi con un genitore con cui non ha mai avuto grandi rapporti, come con il resto della famiglia.
Un film duro e deciso, quello di Dobkin, che scava nella vita di due persone, mettendo a nudo la difficoltà di rapporto padre-figlio, e portandole su un piano extrafamiliare. La sceneggiatura non manca, comunque, di sbavature e sicuramente quello che emerge maggiormente è la bravura attoriale, che nasconde qualche difficoltà di storia e regia.
The Judge (Usa 2014)
regia: David Dobkin
sceneggiatura: Nick Schenk, David Seidler, Bill Dubuque
attori: Robert Downey Jr., Robert Duvall, Leighton Meester, Billy Bob Thornton, David Krumholtz, Vera Farmiga, Melissa Leo, Vincent D'Onofrio, Sarah Lancaster, Dax Shepard, Balthazar Getty, Emma Tremblay, Jeremy Strong, Grace Zabriskie, Ian Nelson, Ken Howard
fotografia: Janusz Kaminski
montaggio: Mark Livolsi
musiche: Thomas Newman
produzione: Big Kid Pictures, Team Downey, Warner Bros.
distribuzione: Warner Bros. Italia
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di Sara Michelucci
L’umanità di un giovanissimo Giacomo Leopardi è messa a nudo nel film di Mario Martone, Il giovane Favoloso. Una Recanati chiusa all’esterno e vissuta solo all’interno delle mura domestiche, nella immensa libreria paterna, è la “prigione” da cui il talentuoso poeta fuggirà. Così scoprirà il mondo esterno e si confronterà con la sua malattia e con i piaceri e le brutture della vita e della società dell’epoca.
Elio Germano, attore che ha dimostrato in diversi occasioni una grande capacità di interpretazione e un’intensità nel mettere in scena i personaggi più disparati, ancora una volta coglie nel segno, vestendo i panni del famoso scrittore con sapiente maturità interpretativa. Leopardi è un bambino prodigio che cresce sotto lo sguardo implacabile del padre e con una madre incapace di emozioni, chiusa in un’ottusa fede religiosa.
La mente di Giacomo, però, non vuole essere prigioniera né di quel luogo né tanto meno dei preconcetti paterni e spazia, sognando di raggiungere quell’infinito da cui è tanto affascinato. Legge di tutto, ma l'universo è fuori da quelle quattro mura.
In Europa il mondo cambia, scoppiano le rivoluzioni e Giacomo cerca disperatamente contatti con l'esterno. A 24 anni lascia finalmente Recanati e va a vivere con l’amico Antonio Ranieri, che non lo abbandonerà mai.
L'alta società italiana gli apre le porte, ma Leopardi non si piega ai conformismi. La sua è una figura ribelle, che segnerà la letteratura del periodo in maniera inequivocabile. Martone, anche se allarga un po’ troppo i tempi del racconto, riesce comunque a regalare uno spaccato della vita del poeta interessante, togliendo quella coltre di pessimismo fine a se stesso che in troppi hanno attribuito a Leopardi.
La sua voglia di vivere, di conoscere il mondo, di relazionarsi con gli altri lo ha condotto ad andare oltre valori condivisi e una morale retrograda che lo avrebbe voluto nei panni di un cardinale o come studioso chiuso dentro le mura domestiche a tradurre dal greco o dal latino. Ma Leopardi è un ragazzo e nella sua giovinezza si racchiudono quella ribellione e quella forza che, seppure incrinate dalla malattia, lo porteranno verso l’esperienza diretta con la vita reale.
Il giovane favoloso (Italia 2014)
Regia: Mario Martone
Sceneggiatura: Mario Martone
Attori: Elio Germano, Isabella Ragonese, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Edoardo Natoli, Anna Mouglalis, Valerio Binasco, Paolo Graziosi
Fotografia: Renato Berta
Montaggio: Jacopo Quadri
Musiche: Sascha Ring, Gioacchino Rossini
Produzione: Palomar, Rai Cinema, Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC)
Distribuzione: 01 Distibution
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di Sara Michelucci
Abel Ferrara, questa volta, lascia i torbidi scenari di film come Il Cattivo tenente o The Addiction e decide di cimentarsi con una pellicola biografica sul grande poeta, scrittore e regista Pierpaolo Pasolini, concentrandosi sugli ultimi giorni di vita di uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del ventesimo secolo.
È un Willem Dafoe scarno e intenso a interpretare Pasolini, mentre il ruolo di Ninetto Davoli, suo amico e attore feticcio, è affidato a Riccardo Scamarcio. Ma Davoli è presente nel cast, interpretando il ruolo di Eduardo De Filippo. Pasolini è un artista completo e poliedrico.
Poeta, scrittore, sceneggiatore, regista, drammaturgo, intellettuale e pensatore. Il suo intelletto e la sua capacità di essere un innovativo e grande osservatore della società del secondo dopoguerra italiano è il punto da cui parte Ferrara per raccontare le ultime fasi della sua esistenza.
Il regista fa un mix sapiente delle immagini di vita reale, con le sue ultime interviste, i colloqui con gli amici di sempre, da Davoli a Laura Betti fino a Furio Colombo, insieme a delle sequenze surreali e oniriche, dove vengono narrati brani del suo romanzo incompiuto, Petrolio, con il soggetto di un film fantastico e allegorico che avrebbe dovuto essere interpretato da De Filippo. Sullo sfondo viene a delinearsi un personaggio al centro di polemiche e scandali a causa delle sue idee radicali e della sua omosessualità.
La figura della madre, che apre il film con un sorriso verso suo figlio, e lo chiude con il dolore per la perdita che le contrae il volto, è il chiaro esempio della scelta fatta dal regista di dare una struttura circolare al racconto. La morte, al tempo stesso, si dimostra un atto estremo e rivoluzionario, dove non si cede alla volontà di una società conservatrice e perbenista, ma altamente corrotta e misera.
Nonostante la perdita della propria vita e il vuota lasciato a chi in Pasolini credeva, il poeta riesce comunque a lanciare un messaggio forte in chi resta, dove il ricordo si tramuta in azione attraverso lo scritto e la parola. Nonostante il tragico epilogo all'Idroscalo di Ostia rimanga, ancora oggi, un mistero.
Pasolini (Belgio, Francia, Italia 2014)
REGIA: Abel Ferrara
SCENEGGIATURA: Abel Ferrara, Maurizio Braucci
ATTORI: Willem Dafoe, Maria de Medeiros, Riccardo Scamarcio, Ninetto Davoli, Giada Colagrande, Adriana Asti, Valerio Mastandrea, Tatiana Luter, Roberto Zibetti, Salvatore Ruocco, Diego Pagotto
FOTOGRAFIA: Stefano Falivene
PRODUZIONE: Una co-produzione Capricci, Urania Pictures, Tarantula, Dublin Films con Arte France Cinema
DISTRIBUZIONE: Europictures, in associazione con Akai Italia Srl